Iran, almeno 1500 morti dopo le proteste di novembre represse dal regime di Teheran

di OPEN

Le manifestazioni anti-governative iniziate a metà novembre per il rincaro dei prezzi del carburante sono finite in un bagno di sangue

Il bilancio è molto più grave di quanto si immaginasse. Soltanto a inizio dicembre la stampa internazionale ipotizzava che i morti in Iran fossero centinaia. Secondo i dati forniti dallo stesso ministero dell’Interno iraniano, ripresi dall’agenzia di stampa Reuters, invece sarebbero circa 1.500 le persone morte in Iran durante le settimane di proteste iniziate a novembre, represse con brutalità dal regime di Tehran.


L’origine delle proteste

Le proteste sono scoppiate a metà novembre dopo la decisione improvvisa delle autorità iraniane, sotto pressione per le sanzioni introdotte dagli Stati Uniti dopo lo strappo sull’accordo nucleare, di razionare il petrolio e di ridurre i sussidi all’industria petrolifera, provocando un rapido aumento nel prezzo del petrolio. Come i Gilet gialli in Francia, circa 200 mila cittadini iraniani, arrabbiati per il costo sociale delle politiche del regime degli Ayatollah, in particolare per l’aumento del carburante, sono scesi in piazza per manifestare il loro dissenso. Dopo pochi giorni le proteste si sono diffuse in tutto il Paese, arrivando a interessare almeno 100 città, ma è stato difficile inizialmente ottenere informazioni precise: dopo pochi giorni il governo iraniano ha oscurato internet, bloccando la circolazione di notizie, per ripristinarlo soltanto dopo circa una settimana.


ANSA / La contro-protesta dei cittadini iraniani in difesa della Repubblica Islamica a Tehran il 25 novembre 2019

La brutale repressione

A quel punto hanno cominciato a circolare sui social network diversi video che mostravano il lato nascosto delle proteste. Scene strazianti di persone che tentavano di soccorrere i manifestanti feriti o anche immagini che sembrano mostrare le forze dell’ordine iraniane mentre aprono il fuoco sui manifestanti. Le stime iniziali – alcune Ong parlavano di centinaia di persone arrestate – si sono rivelate illusorie: sono circa 1.500 i manifestanti morti, migliaia le persone arrestate, più di cento le banche, i negozi e gli edifici governativi che sono stati dati al fuoco o vandalizzati. Tra le vittime, circa un quarto sono donne e almeno 17 sono adolescenti.

Ci sarebbero anche morti tra le forze dell’ordine, i cui funerali hanno segnato un momento di raccoglimento ma anche di protesta tra chi invece si schiera a favore del governo. Come i cittadini islamici che sono scesi in piazza a Tehran il 25 novembre e hanno dato fuoco alle bandiere americane. Come a Hong Kong, il governo infatti ha attribuito le proteste e i disordini a “elementi criminali” assoldati da potenze nemiche. A fine novembre il ministero dell’intelligence iraniana ha fatto trapelare la notizia dell’arresto di 8 presunti agenti della Cia tra i manifestanti. Secondo il leader supremo, l’Ayatollah Ali Khamenei, gli Usa avrebbero usato le loro forze per manipolare le proteste e causare danni, morti e caos, ma sono stati «schiaffeggiati e costretti a fare un passo indietro». Parole che, al netto di almeno 1.500 morti, non hanno ancora ricevuto una dura condanna da parte dell’Unione europea e delle Nazioni Unite se non la risoluzione – passata il 18 dicembre – che chiedeva all’Iran di porre fine alle violazioni di diritti umani.

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