Coronavirus, Hong Kong: «Nessuna psicosi ma le mascherine qui sono finite, arrivano dall’Italia» – Il racconto

Antonio dice che probabilmente ancora qualcosa non quadra nei dati diffusi dal governo cinese, «le percentuali sono sballate, non tornano, è chiaro che stanno ancora nascondendo molto della reale situazione»

A Hong Kong vivono più di sette milioni di abitanti. In queste settimane, per il dilagare del Coronavirus e delle cronache locali che a tutte le ore battono bollettini medici, il traffico per le strade si è dimezzato, così come nei treni della metropolitana. E poi le code alle casse nei supermercati, ogni cosa sta vedendo un progressivo diminuire dell’afflusso di gente.


Nel frattempo, è stata registrata la prima vittima e centinaia di medici e paramedici stanno scioperando e manifestando in città per chiedere al governo locale la chiusura del confine con la Cina. «Siamo a dodici casi, anche se non ho ancora letto l’ultimo bollettino medico. Diciamo che qui in città, rispetto alla Cina in generale, la situazione è più tranquilla».


Antonio vive e lavora a Hong Kong da quasi trent’anni per una società che si occupa di import-export. Quando lo raggiungiamo al telefono, in Italia sono le 8 del mattino, sette ore indietro rispetto al suo fuso orario.

«Buon pomeriggio per me e buongiorno a voi. Sono sceso da poco di casa con la mia famiglia, abbiamo preso la metropolitana. Non sembra di essere in una città abitata da zombie, nessuno scenario apocalittico ma comunque siamo dimezzati».

Ci spiega che il fenomeno, oltre a riguardare il coronavirus, è accentuato anche dal fatto che laggiù si sta festeggiando il Capodanno cinese. Molti abitanti anziché rimanere in città, preferiscono fare le valige per andare a celebrare il nuovo anno altrove.

«Abbiamo finito le mascherine. Già è la norma per noi portarle – dopo la Sars nel 2003 è diventata una regola tacita. Chiunque accusi raffreddore o tosse in automatico le indossa – ma sono già due settimane che le farmacie hanno terminato le scorte. E se ne arriva qualcuna, le centellinano. Io me le sto facendo spedire da mio fratello che vive in Italia, qui ormai è impossibile trovarne».

Le notizie sul coronavirus, lì, circolano dagli inizi di dicembre. Sono stati otto medici di Hong Kong a dare la notizia per primi. Tornati in città, dopo essere stati a Wuhan, hanno riscontrato i medesimi sintomi tra di loro.

«Lo hanno scritto su un blog. Ricordo che il pezzo titolava una cosa come: “È arrivata una nuova Sars?”. Solo che, come tutti sanno, in Cina, con la dittatura, è praticamente impossibile fare libera informazione, specie se di tipo medico-scientifico. Ogni notizia deve passare al vaglio del governo centrale. Internet è costantemente sotto controllo, con migliaia di persone assunte solo per fare da filtro al flusso di informazioni. E infatti quell’articolo è stato cancellato e i medici sono stati arrestati».

Antonio dice che probabilmente ancora qualcosa non quadra nei dati diffusi dal governo cinese, «le percentuali sono sballate, non tornano, è chiaro che stanno ancora nascondendo molto della reale situazione. Basta pensare che nel 2003, la Cina già contava i morti per la Sars e il governo si ostinava a negare ci fosse un virus in circolazione».

L’entità della cosa, ci spiega, non è affatto paragonabile alla Sars. Gli abitanti stanno prendendo precauzioni, ma la psicosi di massa è tenuta a freno. «Poi magari entri al supermercato e ti accorgi che qualcosa non va perché trovi interi scaffali vuoti e allora capisci che c’è gente un po’ più impanicata di altra, che ha fatto le scorte di cibo e si è chiusa in casa. Però la maggior parte di noi conduce una vita normale».

A Hong Kong le scuole sono chiuse, e resteranno coi cancelli sbarrati per oltre un mese. Oggi però hanno riaperto gli uffici pubblici e quelli privati: «La regola per gli uffici, non scritta, è che se sei stato in Cina nell’ultima settimana e sei rientrato a Hong Kong, te ne stai due settimane a casa, lavorando da casa. Diversamente dal virus della Sars, questo – come si sa – ha un periodo di incubazione. Io, ad esempio, sono rientrato a lavoro ma ho due dipendenti che lavoreranno stando nella loro abitazione».

Gli uffici del governo, che hanno tenuto il grande segreto sul virus fino a poco fa, riapriranno la prossima settimana.

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