Parte il Super-Tuesday, una giornata per fermare Bernie Sanders. Bloomberg si gioca tutto in 24 ore

Si vota in quattordici Stati e un territorio non incorporato, le Samoe americane. Sono 1.537 i delegati dem in palio su un totale di 3.979, circa il 40%

E poi, improvvisamente, erano in cinque. L’addio di Pete Buttigieg ha anticipato di qualche giorno quello che sarebbe dovuto essere l’esito del “Super-Tuesday” delle primarie democratiche Usa: restringere la rosa di candidati dagli otto di qualche giorno fa a un numero che si possa contare sulle dita di una sola mano. Al suo ritiro è seguito quello di Amy Klobuchar, la terza “vittima” delle primarie in Carolina del Sud oltre a Tom Steyer e lo stesso Buttigieg. Dopo il Super-Tuesday ci si aspetta almeno un altro, forse due ritiri. Al centro per il momento c’è sempre lui, Bernie Sanders, in leggero vantaggio rispetto a Joe Biden, ma soprattutto favorito dai sondaggi nella sfida di martedì. Ma Buttigieg potrebbe aver scombinato ulteriormente le carte in tavola. Nella notte italiana infatti è arrivata la notizia del suo endorsement, e di quello di Amy Klobuchar, a Biden, scelta che potrebbe favorire notevolmente il vicepresidente di Obama.


Quando si vota

EPA/ETIENNE LAURENT – Il senatore Bernie Sanders a un comizio a Los Angeles il primo marzo

In Europa sarà già mercoledì quando si conosceranno i risultati del Super-Tuesday. In alcuni dei 14 Stati in cui si vota – più il territorio non incorporato delle Isole Samoa Americane – si comincerà presto la mattina, alle 6 o alle 7, quando in Italia sarà già pomeriggio, ma in tutti i casi si andrà avanti fino a sera. L’ultimo Stato a chiudere i seggi è anche il più popoloso e il più importante in quanto a numero di delegati in palio: la California, dove sono 415, circa un terzo del totale (1.537). Per vincere la nomination democratica ne servono 1.991.


I candidati in gara

Nel discorso in cui ha annunciato la sua decisione di ritirarsi, Buttigieg l’ha spiegata con la necessità di sconfiggere Donald Trump e unire una nazione divisa, aggiungendo che la sua battaglia per «i valori del suo movimento» non si ferma qui. È poi arrivato l’endorsement per Biden. In pratica, un tentativo di riunire gli elettori moderati attorno a un candidato comune per arginare il radicalismo di un Bernie Sanders o di una Elizabeth Warren.

Dopo l’addio di Buttigieg – che era esploso sulle scena delle primarie con la vittoria a sorpresa in Iowa e un buon secondo posto in New Hampshire – e quello di Tom Steyer, ricco finanziare diventato attivista ambientalista, è stato il turno di Amy Klobuchar. A differenza di Buttigieg la senatrice del Minnesota, che di delegati ne aveva sette, non ha perso tempo a dare il suo appoggio all’ex vicepresidente Joe Biden. Rimangono in gara oltre a Sanders, Tulsi Gabbard, la 38enne deputata delle Hawaii – l’ultima dei candidati “piccoli” è l’unica a non essersi ancora ritirata – Elizabeth Warren e Mike Bloomberg.

Nonostante Warren abbia finora vinto soltanto dibattiti e nessuno Stato, sembra intenzionata ad andare fino in fondo. Per farlo ha anche dovuto tornare sui suoi passi e accettare le donazioni dai PACs (Political Action Committees), visto che verso la fine di gennaio – e con l’entrata in scena di Mike Bloomberg – la sua campagna era pericolosamente vicina al baratro finanziario. Adesso solo Bloomberg e Sanders hanno raccolto o investito più soldi di lei. Ma si può vincere la nomination non arrivando mai primi? Nel momento in cui nessun candidato dovesse avere una maggioranza assoluta di delegati, nel Congresso di luglio Warren si potrebbe giocare il tutto per tutto, soprattutto se sarà ancora una gara a quattro o più candidati. 

Ed è qui che entra in gioco Mike Bloomberg. L’ex sindaco di New York ha puntato tutto sul Super-Tuesday, rinunciando a partecipare ai primi quattro appuntamenti elettorali – ricordiamo il caucus di Iowa seguito da New Hampshire, Nevada e infine le primarie nella Carolina del Sud – per concentrarsi sul bottino di oggi. Bloomberg è l’unico ad avere membri del suo staff e pubblicità televisive (di un valore di circa $180 milioni) in tutti i 14 Stati e ha già cominciato a spendere per la sua campagna elettorale in altre partite, come quella della Florida, in cui si voterà successivamente. 

Nazzareno Squadroni – La mappa del voto

Gli Stati da tenere d’occhio

Facendo una media dei sondaggi, Sanders dovrebbe fare molto bene in Vermont (lo stato di cui è senatore) così come anche nello Utah, nel Maine, in Massachusetts (anche se Warren è di casa) e in Colorado. Generalizzando, si potrebbe dire, che Sanders parte favorito nel maggior numero degli Stati del centro-Nord.

Biden dovrebbe primeggiare in Stati come l’Alabama dove può contare sul sostegno della comunità afro-americana, come è avvenuto nella Carolina del Sud. Il Tennessee come anche la Virginia e la Carolina del Nord invece, dove i delegati in palio sono rispettivamente 64, 99 e 110, sono in bilico tra Sanders, Biden e Bloomberg e quindi da seguire con particolare attenzione. Bloomberg potrebbe fare bene anche in Arkansas e in Oklahoma.

Nei due Stati chiave, per numero di delegati – il Texas (228) e la California (415) – partono favoriti, in Texas, Sanders, Biden e Warren. In California invece Sanders è super-favorito grazie soprattutto all’alto tasso di gradimento del senatore tra i latinos d’america (come si è visto in Nevada). È proprio la California che potrebbe proiettarlo verso le elezioni di novembre, come sfidante di Donald Trump. 

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