Usa 2020, cos’è il Super Tuesday e perché è così importante?

Il 3 marzo si voterà da un lato all’altro del Paese, dalla California al Virginia. Per i democratici i delegati in palio sono 1.537 su un totale di 3.979. Vincere martedì non è essenziale, ma può essere determinante

Il 3 marzo segna una data decisiva nelle primarie democratiche negli Stati Uniti e quindi anche nelle elezioni presidenziali di novembre. Noto come Super-Tuesday, letteralmente “super-martedì”, sia per i repubblicani che per i democratici è il giorno che più si avvicina a un sondaggio nazionale visto che si voterà in più stati contemporaneamente. 


La posta in palio è molto alta, soprattutto per i democratici. Per i repubblicani la gara a due tra Donald Trump e Bill Weld, ex governatore del Massachusetts, ha un esito quasi scontato: il 3 marzo dovrebbe confermare il netto vantaggio di Trump rispetto a Weld. Per i democratici invece, il Super-Tuesday dovrebbe sfoltire notevolmente la rosa di candidati democratici, trasformandola da una gara a 6-7 – che vede attualmente in testa Bernie Sanders seguito da Pete Buttigieg e Joe Biden – in una gara a due o tre.


Il 3 marzo sarà inoltre il debutto dell’ex sindaco di New York, Mike Bloomberg, che ha saltato i primi appuntamenti con gli elettori in Iowa, New Hampshire, Nevada e nella Carolina del Sud. C’è grande attesa per capire se la sua decisione di auto-finanziarsi, superando di gran lunga gli altri candidati – ha speso oltre $350 milioni in pubblicità – darà i suoi frutti. 

Finalmente capiremo inoltre chi tra i “moderati” – oltre a Bloomberg, Joe Biden e Pete Buttigieg – si porrà come alternativa al radicalismo di Sanders. Per Elizabeth Warren una rimonta sembra improbabile, anche se non è detta l’ultima parola.

Quest’anno l’appuntamento di martedì è ancora più importante perché si voterà anche in California, lo stato più popoloso del Paese (in passato i californiani hanno sempre votato a giugno, verso la fine delle campagna per le primarie). Rispetto agli stati in cui si vota prima del 3 marzo – ricordiamo: Iowa, New Hampshire, Nevada e Carolina del Sud – gli stati del Super-Tuesday sono più popolosi  (hanno una popolazione ben dieci volte superiore rispetto agli altri) ma anche più vari dal punto di vista etnico. È il caso della California in cui risiedono ben 15,5 milioni di latinos. Lo stesso vale per il Texas, altro premio ambito dai candidati.  

Per i democratici i delegati in palio – che dovranno nominare a loro volta il candidato democratico al Congresso di luglio – sono 1.537 su un totale di 3.979. Circa il quaranta per cento, dunque. Nessun candidato può vincere automaticamente la nomination democratica arrivando primo il Super-Tuesday, ma aiuta decisamente. 

Quando e dove si vota? 

Si voterà da un lato all’altro del Paese, dalla California al Virginia, passando per il Texas a Sud e il Vermont al Nord. Quattordici stati e un territorio non incorporato (Le Samoe americane). In più, avranno modo di votare anche gli americani residenti all’estero. 

I voti non avverranno tutti allo stesso orario: in Vermont dovrebbero finire verso le 19 orario locale mentre in California andranno avanti fino alle 23 quando in Europa sarà già cominciato un nuovo giorno. I risultati non dovrebbero essere noti in Italia prima della fine di mercoledì 4 marzo. 

Ecco la lista di tutti gli stati, in ordine di grandezza per numero totale di delegati, in cui si voterà e il numero di delegati per ciascuno: 

  • Vermont – 16 delegati 
  • Maine – 24 delegati 
  • Utah – 29 delegati 
  • Arkansas – 31 delegati 
  • Oklahoma – 37 delegati 
  • Alabama – 52 delegati 
  • Tennessee – 64 delegati 
  • Colorado – 67 delegati 
  • Minnesota – 75 delegati 
  • Massachusetts – 91 delegati 
  • Virginia – 99 delegati 
  • Carolina del Nord – 110 delegati 
  • Texas – 228 delegati 
  • California – 415 delegati 

La genesi

Secondo alcuni il super-Tuesday nasce negli anni ‘80 dalla volontà del partito democratico di nominare un candidato più moderato, dopo la sconfitta del liberale Walter Mondale per mano dell’allora candidato repubblicano Ronald Reagan nell’84. Gli stati del Sud decisero di anticipare le loro primarie e il caucus nella speranza di favorire il candidato più moderato. 

Secondo altri invece nasce con il tentativo da parte di Jimmy Carter di recuperare nei confronti dello sfidante Edward Kennedy nel caso di una sconfitta nel New Hampshire, verso l’inizio delle primarie dunque.

Oggi invece il fatto che si voti in più stati contemporaneamente non gioca più necessariamente a favore del candidato più moderato, come dimostra il vantaggio di Bernie Sanders. Piuttosto, si tratta di una concessione a diversi stati – anche la popolosa California – che desiderano essere determinati nella selezione del candidato democratico sin dall’inizio delle primarie.

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