«Preparatevi»: l’avvertimento dei medici italiani a tutta Europa sull’impatto del coronavirus sugli ospedali

L’avvertimento ai colleghi di tutta Europa: «Personale addestrato ed equipaggiato». E poi il nodo delle terapie intensive

I medici italiani hanno avvertito i medici di tutta Europa di “prepararsi” al Coronavirus. Una lettera, citata da The Independent, che spiega le percentuali che ormai stiamo, in questi giorni, imparando a conoscere: tra le persone che si ammalano, fino al 10% arriva ad avere bisogno di cure intensive. E gli ospedali, spiega il quotidiano britannico, vengono sopraffatti. La lettera, vista da The Independent, rivela la portata dell’impatto sugli ospedali italiani, si legge. I dati aggiornati a oggi 7 marzo parlano di quasi 6mila casi totali e 233 vittime. Nella nota inviata alla Società Europea di Medicina di Terapia Intensiva e citata dal quotidiano gli esperti di terapia intensiva Maurizio Cecconi, Antonio Pesenti e Giacomo Grasselli, dell’Università di Milano, parlano delle difficoltà nella lotta al coronavirus.


«Preparatevi»

«Stiamo assistendo a un’alta percentuale di casi positivi che vengono ricoverati nelle nostre unità di terapia intensiva, nell’intervallo del 10% di tutti i pazienti positivi. Desideriamo trasmettere un messaggio forte: preparatevi!». Gli ospedali italiani stanno assistendo a «un numero molto alto» di pazienti in terapia intensiva ricoverati nella maggioranza dei casi per grave insufficienza polmonare causata dal virus e che hanno bisogno della respirazione artificiale. L’avvertimento degli accademici italiani agli ospedali di tutta Europa è quello di prepararsi a un aumento delle persone ammesse alle strutture ospedaliere, insieme alla necessità di equipaggiamenti e preparazione per il personale. «Aumentate le capacità totali in terapia intensiva. Identificate i primi ospedali in grado di gestire il picco iniziale in modo sicuro. Preparatevi ad avere aree specifiche per i pazienti di Covid-19 in terapia intensiva – in ogni ospedale, se necessario».


Nel Regno Unito

Secondo The Independent, anche nel Regno Unito non mancano le preoccupazioni sulla tenuta del servizio sanitario nazionale in caso di un focolaio di coronavirus prolungato in cui un gran numero di pazienti potrebbe richiedere cure intensive. Il professor Chris Whitty, Chief Medical Officer del Regno Unito, ha affermato che le unità di terapia intensiva potrebbero avere difficoltà. All’inizio del mese sarebbero state in funzione l’80% delle unità di terapia intensiva del servizio sanitario. «Nel complesso, il SSN ha uno dei rapporti più bassi di letti ospedalieri pro capite in Europa». Ma gli ospedali del Regno Unito si starebbero preparando all’impatto, «discutendo su come dovranno razionare le cure a coloro che hanno maggiori probabilità di sopravvivere nel caso in cui non ci siano abbastanza letti, ventilatori o personale per prendersi cura dei numeri infetti, se le previsioni dello scenario peggiore si riveleranno accurate».

EPA/ANDY RAIN | Londra, 6 marzo

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