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L’industria green delle emissioni dei bovini, insolita alleata nella lotta ai cambiamenti climatici

05 Maggio 2020 - 06:54 Giulia Delogu
Emissioni gas serra bovini
Emissioni gas serra bovini
Sempre più aziende investono nella ricerca di additivi alimentari in grado di ridurre l'emissione di gas serra da parte dei bovini. Ma il Coronavirus rischia di rallentare tutto

Se le mucche fossero una nazione, le loro emissioni supererebbero quelle di tutta l’Unione Europea e sarebbero inferiori solo a quelle di Cina e Stati Uniti, sostiene Steven Chu, ex ministro dell’Energia statunitense attivo nella lotta al cambiamento climatico. Si fa fatica a crederci, eppure la metafora si avvicina molto alla realtà: circa il 40% delle emissioni derivanti dall’allevamento, infatti, sono causate dalla digestione dei bovini che, attraverso le flatulenze e sopratutto i rutti, mettono in circolo gas metano, un gas serra molto più dannoso dell’anidride carbonica.

Vista la portata del problema, non è un caso che sempre più imprenditori si siano lanciati nel settore alla ricerca di una possibile soluzione. Come messo in luce da un articolo del New York Times, negli ultimi cinque anni diverse aziende hanno studiato quella che rappresenterebbe una svolta sia ecologica sia finanziaria: un prodotto commestibile in grado di cambiare la digestione delle mucche, riducendone le emissioni. Tra queste c’è anche la società olandese DSM, che sta testando un integratore chimico con risultati promettenti, e la start-up svizzera Mootral, che punta su una miscela di aglio, agrumi e altri additivi con cui integrare la regolare dieta dei bovini.

I test condotti nelle fattorie in Inghilterra, Stati Uniti e Unione Europea sembrano per il momento essere coerenti con i risultati dei numerosi studi portati avanti da società come la Mootral, e il fatto che anche imprenditori noti per il proprio fiuto per gli affari come Chris Sacca – diventato miliardario dopo aver scommesso sul successo di Uber e Twitter – stiano investendo nel settore, fa ben sperare. Eppure sono ancora molte le domande sulla fattibilità dell’operazione. Che il prodotto della Mootral funzioni su diverse razze di bovini, oltre che in diverse condizioni climatiche, ad esempio, è ancora tutto da provare: per ora si è rivelato efficace in zone dal clima mediamente mite come il Nord Europa, ma bisogna condurre ulteriori esperimenti in luoghi più caldi.

Mucche al pascolo – Foto Shutterstock

Un’urgenza ancora più grande per queste aziende deriva dai radicali cambiamenti imposti dalla pandemia globale di Coronavirus. Un primo round di investimenti programmato per marzo, infatti, è finito nel nulla a causa della crisi economica. Bisogna poi tenere conto del fatto che il modello di business di start-up come la Mootral è strettamente legato alle scelte tipicamente conservatrici degli allevatori e delle aziende lattiero-casearie, che riceveranno crediti da vendere nel mercato imprevedibile e ampiamente deregolamentato della compensazione del carbonio. Ma se Mootral o uno dei suoi concorrenti saranno in grado di resistere alle sfide dell’era del Coronavirus e a imporsi su larga scala, il risultato potrebbe portare ad una rapida riduzione delle emissioni di gas serra.

Il sistema digestivo delle mucche e il suo impatto ambientale

La digestione dei bovini è un piccolo miracolo della natura. L’ambiente all’interno del loro stomaco, privo di ossigeno e con una temperatura costante, è molto simile ai serbatoi utilizzati per fare la birra: i microbi si decompongono e possono portare a fermentazione materiali come la cellulosa, l’amido e gli zuccheri, per questo le mucche possono mangiare praticamente qualsiasi cosa e trasformarla in energia. «Potrebbero vivere solo di legno», ha dichiarato al New York Times Oliver Riede, direttore scientifico della Mootral e biologo molecolare che ha iniziato la sua carriera studiando vaccini e gestione delle infezioni.

Ma proprio come mangiare una pizza a mezzanotte può avere un “costo gassoso” abbastanza elevato per noi, il sistema digestivo delle mucche ha parecchi effetti collaterali: il metano, uno dei principali sottoprodotti degli enzimi che aiutano a scomporre il cibo, è tra questi. Il gas non può essere trasformato in energia e quindi, man mano che si accumula, l’animale è costretto a liberarsene rilasciandolo nell’ambiente circostante. E se si considera che ci sono circa 1,4 miliardi di bovini al mondo, ciascuno dei quali emette l’equivalente di 1,5/2,5 tonnellate di anidride carbonica all’anno, l’impatto ambientale degli allevamenti non è di poco conto.

La sensibilità sul tema è notevolmente cresciuta negli ultimi anni grazie alle campagne mediatiche dei movimenti ambientalisti, a documentari diffusi anche da Netflix e ad inchieste giornalistiche – e ovviamente l’industria della carne e dei latticini ne ha risentito. Le vendite di bevande vegetali alternative al latte e dei sostituti della carne sono aumentate vertiginosamente, e scelte di vita come il vegetarismo e il veganismo sono sempre più diffuse. Ed è in questo scenario che sperano di inserirsi aziende come la Mootral.

Il “business della digestione”

Il principale laboratorio di ricerca di Mootral si trova alla base di una lussureggiante valle nel Galles. Il focus dell’azienda sui bovini affonda le sue radici nel 2010, quando un gruppo di ricercatori ha preso parte ad un tavolo di studio dell’Unione europea per esplorare nuove modalità di riduzione del metano dai bovini. Il team lavorava per un’azienda chiamata Neem Biotech, venduta nel 2012 a Zaluvida, società che fino a quel momento produceva integratori dietetici e antiallergici da banco e il cui fondatore, Thomas Hafner, diventato ricco manipolando il tratto digestivo umano, aveva intravisto l’opportunità di fare la stessa cosa con le mucche. 

Dopo aver acquistato la Neem e aver venduto il business degli integratori per circa 150 milioni di dollari, entro il 2016 Hafner aveva messo insieme un team di scienziati per testare diverse combinazioni di estratti di aglio. La sfida era trovare la dose massima di allicina – il principio attivo più importante e rappresentativo dell’aglio – somministrabile prima di innescare effetti indesiderati. La sostanza chimica prende di mira proprio quegli enzimi che creano il metano, ma un dosaggio eccessivo può danneggiare la capacità della mucca di elaborare il cibo e addirittura dare al latte e alla carne un retrogusto di aglio.

Gli scienziati hanno modificato diverse volte la formula migliorandone i risultati grazie all’aggiunta di agrumi e a nuovi additivi come le alghe, mentre altre tipologie di aglio sono tuttora in fase di sperimentazione. Oltre ad una riduzione delle emissioni media del 30%, i test condotti fino ad ora hanno portato anche a risultati inaspettati: i ricercatori hanno registrato un aumento nella produzione del latte, probabilmente legato al fatto che le mucche, consumando meno energia per espellere il metano, ne hanno di più a disposizione per le altre funzioni biologiche. Ma non è tutto. Diversi allevatori hanno segnalato che le mosche hanno smesso di infastidire gli animali, forse per via del forte odore di aglio emanato durante la respirazione. 

Come trovare finanziamenti durante una pandemia

Nonostante la crisi economica causata dalla pandemia, Hafner è abbastanza ottimista sulle prospettive della Mootral. «Se la crisi ci ha messo all’angolo? Certo che sì», ha detto al telefono al giornalista del New York Times dalla sua casa in Austria, dove ha trascorso marzo e aprile in convalescenza proprio per il Coronavirus. Avendo già investito oltre 20 milioni di dollari nel proprio business, Hafner ha «un piano per resistere alla tempesta e uscire dalla porta sul retro», ovvero vendere il suo additivo alimentare a circa 50€ all’anno per mucca. Secondo l’imprenditore, il cui primo lavoro dopo aver lasciato il college è stato – ironia della sorte – in un Burger King, si tratta di un costo che aggiungerebbe solo pochi centesimi al prezzo finale della carne o dei latticini. 

La sua visione del futuro si basa soprattutto sul fatto che i negozi di alimentari, le catene di ristoranti e le grandi aziende lattiero-casearie saranno disposte a sostenere i costi aggiuntivi per far fronte alle crescenti pressioni dei clienti, degli investitori e dei governi sul tema della sostenibilità ambientale. Un importante incentivo finanziario all’utilizzo dell’additivo della Mootral sarebbero poi i crediti di carbonio che genererebbe, che potrebbero compensare i livelli di emissioni delle società stesse o essere venduti ad altre imprese. In altre parole, una catena alimentare o un fast food potrebbero chiedere ai propri produttori di carne di rivolgersi alla Mootral e utilizzare i crediti di carbonio risultanti per raggiungere i propri obiettivi di sostenibilità aziendale, oppure venderli a società come Microsoft.

Nonostante i mercati del carbonio siano ancora volontari nella maggior parte dei settori – e che la credibilità del sistema sia ostacolata dalla preoccupazione che molte compensazioni siano legate a progetti che non hanno un effetto misurabile sui cambiamenti climatici -, Hafner è convinto che la domanda crescerà man mano che i governi imporranno riduzioni, in particolare per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi. Una scommessa rischiosa, dato che se il consumo di carne continua a crescere globalmente è soprattutto per via della classe media emergente in paesi come la Cina, i cui leader nazionali sono riluttanti a imporre regole severe all’agricoltura. E il timore è che, una volta rientrata l’emergenza sanitaria, il cambiamento climatico passi in secondo piano per riportare l’economia globale ai livelli pre-Coronavirus.

Foto copertina da Shutterstock

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