Coronavirus, l’Iss apre alle mascherine fatte in casa: quali sono i rischi? E quali i vantaggi?

Più strati di tessuto si traducono in una maggiore efficacia della mascherina che potrà essere lavata e riusata. Restano fondamentali il distanziamento fisico e l’igiene costante delle mani

La novità viene dall’ultima conferenza dell’Istituto superiore di sanità nel corso della quale il presidente Silvio Brusaferro ha aperto all’uso delle mascherine fabbricate in casa per proteggersi dal Coronavirus. «Per l’uso destinato alla popolazione generale si possono usare anche mascherine confezionate in proprio – ha detto Brusaferro – come indicano i video diffusi dai Centers for diseases control», precisando che i modelli «più sofisticati – Ffp2 e Ffp3 – nascono per un uso diverso» e per il professore sarebbero quindi da limitare a un contesto specifico.


L’annuncio potrebbe aver destato nell’immediato qualche perplessità in chi ascoltava o leggeva la notizia. Cosa intendeva esattamente Brusaferro? E perché tanta attenzione sui dispositivi di protezione certificati se poi è possibile proteggersi con quelli fabbricati in casa? A quali mascherine si riferisce il presidente dell’Iss?


Precisare in questo caso appare fondamentale. Brusaferro si riferisce alle cosiddette “mascherine di comunità”, che è possibile realizzare da soli, sdoganate anche dall’ultimo Dpcm, entrato in vigore il 4 maggio. Stando all’articolo 3 comma 3 del decreto del 26 aprile, nella fase 2 possono essere usate mascherine monouso o mascherine lavabili, anche auto-prodotte, in materiali multistrato idonei a fornire una adeguata barriera e che allo stesso tempo garantiscano comfort e respirabilità, forma e aderenza adeguate che permettano di coprire dal mento al di sopra del naso.

Sono mascherine che «non hanno standard specifici – chiarisce Brusaferro – ma servono semplicemente a contenere le nostre goccioline. Quindi mettendole proteggiamo le altre persone con cui entriamo in contatto». Indossare queste mascherine artigianali chiaramente non esclude il rischio di contagio, ma sicuramente riduce le possibilità. Ecco perché è fondamentale osservare anche le altre misure di protezione dal virus, come come il distanziamento fisico e l’igiene costante e accurata delle mani.

Un estratto dell’articolo 3 del Dpcm del 26 aprile

Come fare la propria mascherina: il video citato da Brusaferro

«Credo abbiano colpito tutti i video preparati dai Centers for diseases control con le magliette tagliate», dice a un tratto il professore per spiegarsi meglio in conferenza. Ecco di seguito una delle clip tutorial che mostrano quanto sia semplice realizzare una copertura facciale in grado di ridurre il rischio di contagiare il prossimo. «Pochi semplici passi», promette il dottor Adams davanti alla camera.

Dunque per una “mascherina di comunità” è sufficiente prendere in casa una vecchia sciarpa, una bandana, un asciugamano o, ancora, una maglietta che non si usa più; ripiegare la stoffa dal basso verso il centro e dall’alto verso il centro per due volte; inserire due elastici in gomma alle estremità del tessuto e richiudere queste ultime verso il centro. Ed eccola pronta per essere indossata.

Più strati di tessuto si traducono in una maggiore efficacia del dispositivo di protezione auto-prodotto che potrà essere lavato e rilavato, escludendo così il problema dell’usa e getta, e dunque di enormi quantità di rifiuti che stanno già impattando sull’ambiente.

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