«Tribù di studenti, lezioni online e innovative e investimenti. Così rispondiamo alla sfida delle università straniere» – L’intervista

Parla Guido Saracco, rettore del Politecnico di Torino: «Riapriamo le aule da settembre. Non ci sarà una fuga degli iscritti e le tasse non le abbassiamo»

«Il timore che ho è che le conseguenze dell’epidemia di Coronavirus scatenino una competizione internazionale con colossi come l’Imperial College di Londra e tanti altri. Bisogna vedere le università italiane come ne usciranno». Accelerazione digitale a tappe forzate, didattica tutta da svecchiare, studenti che potranno accedere ai corsi migliori di tutte le università straniere online, rette forse più basse e senza i costi della vita all’estero che oggi fanno ripiegare tanti studenti su scelte più a portata di mano e di tasca: lo scenario competitivo tra gli atenei per attrarre nuove matricole cambia.


E anche le eccellenze italiane non sanno come andrà a finire e aspettano di vedere le mosse dei competitor. Guido Saracco, 54 anni, Rettore del Politecnico di Torino, ideatore di una task force che si è occupata di elaborare approfondimenti e linee guida per la ripartenza delle imprese, del mondo della scuola e dello sport, personalità carismatica e catalizzatrice, è fiducioso. 


Le università italiane sono rimaste indietro nel modo di fare didattica in questi anni, l’emergenza pandemica è stata un acceleratore. Come hanno reagito? 

«La cosa fondamentale è che le università hanno risposto bene, offrendo la didattica in remoto. Un compito complesso nel momento in cui devi raggiungere studenti che, a seguito del lockdown, sono rimasti bloccati in tutto il mondo. Noi abbiamo 6000 studenti stranieri e oltre il 60% di studenti fuori regione, quindi era necessario avere comunque un servizio stabile che, almeno per quanto riguarda l’erogazione delle lezioni, fosse affidabile. Abbiamo scelto di basarci sui nostri server e su software che abbiamo sviluppato noi. È stata una scelta più difficile rispetto alla maggioranza delle Università italiane che si sono rivolte a sistemi commerciali. Adesso però ci restituisce un vantaggio competitivo e stiamo per investire su sei nuovi programmatori per far sì che durante quest’estate si arrivi a un servizio migliore per l’anno che verrà». 

Su quali elementi si giocherà la competizione internazionale? 

«Non sappiamo ancora bene come cambierà la domanda di formazione che viene dagli studenti stranieri. E anche di molti italiani che, non dovendosi più necessariamente spostare, potrebbero scegliere altri atenei all’estero. La competizione si giocherà sulla capacità di adattarsi e cambiare. E noi, al Politecnico di Torino, eravamo già partiti prima dell’epidemia. Le challenge le abbiamo lanciate, dai team studenteschi che sono un fiore all’occhiello, al Cottino Learning Center con aule senza gradinate ma con tavoli in cui si discute. È già in atto questa evoluzione, è la cosa giusta da fare. Le Università hanno la possibilità di usare digitale di qualità, di surrogare aule enormi che sono piene di gente, in cui si sente male e non si può interagire con il docente».

Come dovrà essere organizzata la didattica? Si potrà fare a meno della presenza, dell’interazione, dei contatti? 

«Ora, con il distanziamento, è possibile occupare soltanto un quarto delle postazioni delle aule. Questo è un limite invalicabile, per cui noi abbiamo scelto di garantire la partecipazione in aula da settembre, per chi vorrà venire, ma sempre rilanciando in rete quella didattica in presenza che è molto importante. E’ necessario sviluppare una didattica in cui si discute tra pari, nei team studenteschi, attraverso le challenge o con il professore, per risolvere problemi oppure per le tesi di laurea o gli esami di profitto o i tirocini industriali. Che senso ha che uno vada in aula per guardare una lavagna e copiare informazioni, senza interagire con una persona? Bisogna investire non solo sui software ma anche nelle aule, in modo che siano connesse con la rete, per ricevere anche stimoli dagli studenti che sono collegati da fuori».

Gli studenti fuori sede non potranno seguire i laboratori e si perderanno quella parte di weak links, i legami deboli che, come ha ricordato su Open Carlo Ratti, consentono di uscire dal proprio “giro” e incontrare il nuovo? 

«Il problema c’è. Ma la didattica on-line è prevista solo per il primo semestre, tutti gli studenti che possiamo li ospitiamo fisicamente. Magari gli altri verranno lo stesso, magari no. È una questione che non dipende da noi, ma della pandemia e dalle indicazioni differenti da stato a stato. Poi la didattica on line non dovrà svanire».

Ma cambiare anch’essa sì…

«I docenti dovranno essere dei facilitatori che sviluppano la capacità critica, discutere e risolvere problemi complessi, non dare tutto per assodato e fare attività sperimentale. Non saranno più soltanto coloro che trasferiscono informazioni, ma che risolvono i problemi. Nel nostro software, ad esempio, abbiamo creato una classe virtuale con delle sottoclassi in cui gli studenti possono guardarsi in faccia tra di loro, in gruppi ristretti di 6-8 persone, è come se fossero fisicamente intorno a un tavolo. Ma in una classe visitata dal docente dove il professore gira attraverso i gruppi. Le aule avranno la possibilità essere connesse ma anche di ricevere dalla rete sollecitazioni. Stiamo investendo 3milioni di euro…».

E per il distanziamento degli studenti che vorranno venire in classe?

«Le interazioni tra gli studenti rappresentano statisticamente una forte fonte di contagi. Dovranno indossare la mascherina, igienizzare le mani ma soprattutto, da noi, dovranno seguire camminamenti prestabiliti e molto ben identificati. Una volta entrati nella loro aula non la cambieranno più per tutto il giorno, formeremo delle piccole “tribù” che godranno di quella socialità e interazione reciproca che fanno crescere. Ma le diverse tribù delle diverse classi, dei diversi corsi di laurea non interferiranno tra di loro, cosa che invece ora accade, nei corridoi dove gli studenti si accalcano nei cambi di ora. In tal modo potremo tracciare i contatti interpersonali che hanno avuto. Se mai capitasse un contagio, potremo ricostruire quelli che sono stati gli incontri». 

Ci sarà una selezione delle università. Le più piccole e meno potenti spariranno?

«È tutto da vedere cosa capiterà e sarà importante. Penso che le università stiano andando nella direzione giusta. Non credo che spariranno, perché in Italia abbiamo pochissime università rispetto al resto del mondo. Devono rimanere, per avere almeno una funzione di presidio territoriale. Dopodiché le migliori devono giocare anche a livello internazionale».

Si abbasserà il numero di iscritti? 

«Non credo. Potenzialmente le iscrizioni potranno anche aumentare se sono stati fatti investimenti forti sul remoto: se non devi spostarti puoi di scegliere più liberamente nel senso che non ti costa la casa, il trasferimento, la vita in un’altra città».

Diminuirete le tasse universitarie?

«Abbiamo già ridotto le nostre tasse ante litteram di molto, più di  quanto stia chiedendo il Ministero adesso, sempre in base all’ ISEE, aumentando la fascia di esenzione. È una realtà a cui il nostro ateneo aveva già prestato attenzione venendo incontro alle famiglie degli studenti. Non credo che potremmo ridurre ulteriormente perché abbiamo tante spese da affrontare».

Pensate di modificare i progetti di ampliamento e di edilizia che erano in previsione? 

«Ripartiranno con più forza: costruiremo con certezza il polo di Mirafiori perché sono arrivati altri 20 milioni dal governo. Ma gli spazi devono andare nella direzione di essere luoghi di interazione non solo di lezione frontale».

Cambierà la mobilità intorno agli atenei?

«Sono le scuole e le università quelle che fanno muovere il 60% delle persone che prendono i mezzi pubblici. A settembre ci sarà un cambio importante sulla mobilità. Bisogna accelerare verso la vita sostenibile. Non vedo una rivoluzione in un anno e mezzo, ma ci saranno stati di necessità che comporteranno meno uso di mezzi pubblici e più mezzi singoli, nel bene e nel male».

Il caos degli esami spaventa gli studenti…

«Per il momento facciamo ancora tutto in remoto, anche gli scritti. Ripartiremo con la sessione di settembre con gli esami in presenza. Ora i docenti sanno come lavorare e sceglieranno la modalità migliore. Abbiamo aspettato a dare le date della sessione estiva agli studenti per avere più chiarezza sulle modalità degli esami. Gli esami on-line comunque continueranno ad esistere ancora».

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