In Evidenza ENISiriaUSA
ATTUALITÀCannabisCrescita economicaIntervisteSequestri

Cannabis, il grido d’aiuto dei produttori: «Vessati dai sequestri. Ma potremmo dare lavoro a 60 mila giovani»

15 Giugno 2020 - 08:13 Fabio Giuffrida
cannabis
cannabis
«Anziché permettere di investire sulla green economy, ci indagano tutti perché la cannabis è considerata ancora un tabù. Ma si dimenticano che l'80% di chi lavora in questo settore ha meno di 32 anni» spiega Luca Fiorentino a Open

«Non ne possiamo più, controlli e sequestri continui, aumentati peraltro nelle ultime ore. Stavolta a essere presi di mira sono stati il Trentino, il Lazio e soprattutto Parma dove mi hanno riferito di cinque sequestri a cinque tabaccherie differenti. La loro colpa? Vendere la cannabis light. Però adesso basta, da una parte veniamo indagati per spaccio rischiando il carcere, dall’altra dobbiamo farci carico di processi, lunghi e costosi, che poi nel 99% dei casi si risolvono con sentenze a nostro favore. Ma quale spaccio, è tutto in regola».

A parlare a Open è Luca Fiorentino, 24 anni, fondatore di Cannabidiol Distribution, una delle principali società del settore che produce e distribuisce cannabis light soprattutto nelle tabaccherie. In tutta Italia.

«L’80% di chi lavora in questo settore ha meno di 32 anni»

«Lo sanno i politici che il nostro settore potrebbe creare 60mila posti di lavoro generando la bellezza di 2 miliardi all’anno? Lo sanno che, allo stato attuale, sono impiegate 12mila persone e che oltre l’80% ha meno di 32 anni? Lo sanno che ci sono 3.000 aziende attive e 1.000 negozi con un indotto di 150 milioni di euro l’anno?» ci spiega Luca Fiorentino.

La soluzione, secondo lui, sarebbe quella di «regolamentare la cannabis light introducendo anche un’accisa che, dunque, va nelle casse dello Stato»: «Potremmo rilanciare l’agricoltura, puntare sulla green economy. Proprio la Bce ha chiesto all’Italia di investire sull’ambiente. E, invece, sapete cosa fanno? Considerano la cannabis come un tabù e ci indagano tutti per spaccio. Dagli agricoltori ai negozianti, spesso nel mirino finiscono ragazzi di 25 anni che hanno avviato un’impresa coi soldi dei genitori. Tutti accusati di un reato gravissimo, lo spaccio che non hanno mai commesso».

Dal boom di vendite alla chiusura dei negozi

Come documentato da Open, il settore della cannabis light ha registrato un boom di vendite durante il lockdown per l’emergenza sanitaria del Coronavirus. Dati alla mano, fino al 600%. Ma, se da una parte l’e-commerce ha avuto un grande successo (quasi inaspettato), dall’altra i negozi sono rimasti chiusi.

E così, anche in questo caso, si registra una seria crisi economica con «il rischio di chiusura per le attività che vendono cannabis light»: «Ma non c’è solo questo. Molti negozianti hanno paura di dover affrontare i processi, di doverseli pagare. In questo modo, con controlli e sequestri serrati, vengono scoraggiate, ad esempio, le tabaccherie ad acquistare i nostri prodotti perché, giustamente, non vogliono rischiare così tanto».

La cannabis light per annientare il mercato nero

Senza considerare, poi, che la cannabis light può essere considerata un’ottima sostituta della cannabis classica, quella acquistata dallo spacciatore, per strada, con possibili rischi per la salute. «Molti si avvicinano alla cannabis light perché ha lo stesso gusto, lo stesso sapore della cannabis classica ma non fa “sballare”. Provoca un rilassamento dei muscoli ma non ha efficacia drogante.

Pensate che anche Eurispes (ente privato che si occupa di studi politici, economici e sociali, ndr) si è schierato dalla nostra parte nell’ultimo report pubblicato». Insomma, la cannabis light potrebbe dare del filo da torcere alla criminalità organizzata. E allora perché non viene regolamentata? Perché c’è ancora così tanta confusione?

Non c’è una legge chiara, il buco legislativo

Il problema sta alla base: non c’è una legge chiara e “coraggiosa” che regolamenti il settore della cannabis light. L’unico riferimento è la legge n. 242 del 2016 che, però, «parla di coltivazione ma non di commercializzazione» della canapa. Questo significa che, negli anni, si è venuto a creare un vero e proprio “buco legislativo” lasciato alla libera interpretazione di Procure e giudici.

Prima la sentenza di maggio, che sembrava chiudere alla vendita di derivati della cannabis, poi la decisione a novembre di consentire la commercializzazione di questi prodotti solo se «privi di efficacia drogante». «Ma esattamente cosa significa? Thc a 0 oppure a 0,5? Non si rischia che, poi, ognuno le interpreti le norme a modo proprio?» fa notare Luca Fiorentino.

La soluzione è una sola anche se, forse, nella politica di oggi manca il coraggio di affrontare un tema diviso come questo: «Aspettiamo una regolamentazione che, però, non arriva e tutti i partiti politici sono scettici, compresa la sinistra. Il M5s ha fatto solo promesse così come Italia Viva per non parlare del Pd che forse ha paura di perdere il proprio elettorato moderato che non ama la canapa. Fanno orecchie da mercanti».

Foto in copertina di Open

Leggi anche:

Articoli di ATTUALITÀ più letti