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Recovery Fund, accordo sempre più lontano. Rutte respinge la proposta del presidente Michel e l’Austria dice “no” al piano da 500 miliardi

17 Luglio 2020 - 23:50 Redazione
Il primo giorno di vertice si conclude con un nulla di fatto. Nessun compromesso per il premier olandese che ha rigettato la proposta avanzata dal presidente del Consiglio Ue

Nessun passo indietro. Il premier olandese non cede e insiste con la richiesta di un’approvazione all’unanimità, in Consiglio, dei piani nazionali di riforma per i Paesi beneficiari del Recovery Plan. E nonostante gli sia stato ripetuto che con la base legale usata per il Recovery Plan (la stessa della politica di coesione) non sia possibile, il primo ministro dei Paesi Bassi non cede. Al termine del primo giorno di vertice – che riprenderà domani alle 11 – un ulteriore “no” è arrivato anche dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz che ha rifiutato l’attuale proposta sul Recovery Fund che prevede 500 miliardi di aiuti a fondo perduto. Vienna in particolare non vuole che si crei «un’Unione dei debiti a lungo termine». «Vogliamo mostrare solidarietà, ma abbiamo anche in mente gli interessi dei contribuenti austriaci», ha scritto il cancelliere su Twitter.

La proposta di Michel

Non è bastata la proposta messa sul tavolo dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel che prevedeva la possibilità di ricorrere a una sorta di “freno d’emergenza” per bloccare i pagamenti del Recovery Fund se non ci fosse stato “consenso” tra i governi, rimandando la questione ai leader. Il meccanismo avrebbe dovuto portare a un un compromesso sulle richieste dell’Olanda. Secondo quanto si apprende, la discussione era concentrata solo sulla parte del Recovery Fund che riguardava la governance ed i parametri di allocazione delle risorse. Perciò per il momento tutto il resto viene mantenuto come nella proposta di Michel di una settimana fa, che è stata anche utilizzata per la bozza di conclusioni del summit.

Il botta e risposta tra Conte e Rutte

Che la due giorni del Consiglio europeo sarebbe stata una battaglia era chiaro fin dalla vigilia. Sono tre gli elementi principali su cui i 27 Paesi dell’Ue stanno faticando a trovare un accordo: la governance; il volume, l’equilibrio tra sussidi e i prestiti del Recovery Fund. A far discutere è soprattutto la proposta del premier olandese Mark Rutte sulla governance del piano di aiuti: «È incompatibile con i trattati e impraticabile sul piano politico», ha dichiarato il premier Giuseppe Conte. L’impraticabilità «la beviamo», ha risposto Rutte. Questa «è una situazione eccezionale, che richiede una solidarietà eccezionale e per la quale si possono trovare soluzioni straordinarie. Occorre essere creativi», spiegano fonti diplomatiche olandesi. L’Olanda sta spingendo per un ruolo decisionale del Consiglio sugli esborsi delle risorse europee per l’attuazione dei piani di riforma nazionali, e appare inflessibile nella richiesta di un voto all’unanimità.

La maggioranza inversa

Sul tavolo sono state presentate varie opzioni per la riduzione del tetto del Bilancio e dei sussidi (190 miliardi) che compongono la parte di Recovery Fund suddiviso per programmi. Italia e Spagna puntano sulla proposta della Commissione europea, ovvero una procedura con la maggioranza inversa. Quest’ultima prevede un numero minimo di voti – contrari – per respingere la raccomandazione della Commissione pari a 255. Questo avviene quando il 55% degli Stati membri voti contro una proposta della Commissione e quando questi Paesi costituiscano insieme almeno il 65% della popolazione totale dell’Ue.

Conte a colloquio con Michel

Dopo gli incontri multilaterali ora toccherà a diversi round di discussioni approfondite tra il presidente del consiglio Charles Michel e i singoli capi di Stato. Anche il premier Conte avere un colloquio ravvicinato con Michel sul bilancio Ue e il Recovery Fund. «Siamo determinati e combattivi», ha dichiarato il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, parlando della trattativa in corso in Ue sul Recovery Fund. «Riteniamo necessario un esito tempestivo e rapido del negoziato. E quindi – dice – spingiamo per una conclusione rapida e teniamo altra la nostra ambizione: ci opponiamo a ridimensionamento della proposta della commissione».

La vigilia

Già da diverse settimane si sono scontrate, più che incontrate, due visioni sulla risposta economica da dare per uscire dall’emergenza Coronavirus. Da un lato ci sono l’Italia e i Paesi del Mediterraneo: la sponda con l’asse franco-tedesco è fondamentale per far passare la linea dei finanziamenti a cascata. Dall’altro, invece, i cosiddetti Paesi “frugali”, guidati dall’olandese Mark Rutte: Paesi Bassi, Danimarca, Svezia e Austria spingono per implementare un sistema di prestiti piuttosto che sovvenzioni.

La linea dura di Rutte: Trattative difficili

Il premier olandese, dopo aver insistito a lungo sul diritto di veto, a pochi minuti dall’inizio del primo Consiglio europeo in presenza da quando è iniziata la crisi pandemica, ha dichiarato: «Ciò che riteniamo molto importante è che i Paesi facciano delle riforme. Se vogliono che concediamo sovvenzioni invece di prestiti, cosa che in realtà noi non consideriamo così positiva, allora diciamo che devono dare garanzie molto forti – sul fatto che – queste riforme saranno attuate». Rutte non ha nascosto che sul Recovery Fund, contrariamente alle aspettative della maggior parte dei capi di Stato e di governo convocati a Bruxelles, vede «poco meno del 50% di possibilità di raggiungere un accordo entro domenica». Insomma, o riforme o niente aiuti: il rischio, da lui stesso paventato, è che il Consiglio europeo diventi «uno scambio permanente di migliaia di veti». E su Twitter il premier olandese poco dopo ribadisce che saranno «trattative difficili».

Merkel: «Differenze molto grandi. Serve scendere a compromessi»

La cancelliera tedesca ammette che sarà necessario scendere a compromessi: «Dobbiamo guardare in faccia la realtà» della crisi e tutti devono davvero essere disposti a scendere a compromessi in modo da poter ottenere qualcosa di buono per l’Europa». Angela Merkel ha anche detto che «sarebbe auspicabile giungere oggi a un risultato». La cancelliera ha anche ammesso che le differenze tra i leader sono «ancora molto, molto grandi e non possiamo prevedere se riusciremo a raggiungere un risultato».

Dello stesso parare Charles Michel che si mostra ottimista circa un accordo: «Anche se sarà difficile, sono convinto che con coraggio politico sia possibile raggiungere un accordo – ha detto il presidente del Consiglio europeo arrivando al vertice straordinario su Recovery Fund e Bilancio Ue 2021-2027 -. Abbiamo lavorato duramente per preparare questo vertice. So che sarà difficile: non si tratta solo di soldi, ma di persone, del futuro dell’Europa, della nostra unità».

È entrato nella sede del Consiglio anche Giuseppe Conte, che ieri, 16 luglio, ha incontrato il presidente francese Emmanuel Macron. «I 750 miliardi del fondo non si toccano» è stata la promessa del francese. Proprio oggi il francese, prima dell’inizio del vertice, ha incontrato il Rutte e gli altri leader dei Paesi frugali per tentare di ammorbidire le loro posizioni. «È un Consiglio europeo eccezionale interamente dedicato al piano di rilancio e al bilancio europeo è un momento di verità e ambizione per l’Europa», ha detto Macron.

«Stiamo vivendo una crisi inedita dal punto di vista sanitario ed economico – ha aggiunto – è in gioco il nostro progetto europeo, sono fiducioso ma prudente: porterò il massimo dell’ambizione e insieme alla cancelliera Merkel e al presidente Michel faremo di tutto perché si trovi un accordo», ha concluso.

Gli appelli di Ursula von der Leyen e David Sassoli

«Dobbiamo superare questa crisi ed emergere più forti da questa crisi. Tutti i pezzi necessari per un accordo sono sul tavolo. Una soluzione è possibile», ha detto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen arrivando al vertice. «Molto è in gioco, ed una soluzione è quella che si aspettano i nostri cittadini da noi. Con next generation Eu e un convincente quadro finanziario europeo abbiamo la possibilità non solo di superare la crisi ma anche di modernizzare il nostro mercato interno e la nostra unione e portare avanti il green deal e la digitalizzazione ». «Negli anni passati ci hanno detto che quello che andava bene ai ricchi sarebbe andato bene anche ai poveri. Lo sappiamo tutti che non è andata così – ha osservato il presidente del Parlamento europeo David Sassoli -. Da troppi decenni chi nasce povero, resta povero. Da troppi decenni la mobilità sociale, così importante per la mia generazione, non funziona più. È per questo che il Parlamento chiede un progetto più ambizioso. Noi rappresentiamo tutti i cittadini europei e la grande maggioranza è composta da quelli che non ce la fanno».

Foto copertina: Mark Rutte e Angela Merkel durante una conferenza a Berlino | Ansa

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