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Caso camici in Lombardia, a tradire il cognato di Fontana il logo dello «squalo» sulla lettera del contratto. E in Regione spunta l’ipotesi rimpasto

01 Agosto 2020 - 11:40 Redazione
Nuovi dubbi sul conto in Svizzera del governatore: dopo la morte della madre, Fontana non avrebbe dichiarato subito il conto da 5 milioni

Nell’inchiesta sui camici in Lombardia l’attenzione degli inquirenti si sposta ora sul cellulare di Andrea Dini, l’amministratore delegato della Dama Spa e cognato del Presidente della Lombardia Attilio Fontana. Entrambi sono tra gli indagati nell’inchiesta della Procura di Milano con al centro la fornitura di camici e altro materiale anti Covid ad Aria, la centrale d’acquisti regionale. Intanto dalle indagini emergono nuovi dettagli sulla vicenda, in particolare emerge un dettaglio curioso: a svelare che dietro alla vendita da mezzo milione di camici ci sarebbe stato il cognato di Fontana sarebbe stato il logo dello squalo stampato sulla carta della proposta di contratto Dama-Regione.

Il logo dello squalo: il filo rosso tra Dini e Fontana

Ad accorgersi che dietro l’azienda Dama Spa ci fosse la famiglia Fontana, nella figura del cognato e della moglie del governatore, sarebbe stata una collaboratrice di Filippo Bongiovanni, ex direttore della centrale acquisti della regione Aria spa, anche lui indagato. A insospettirla, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, la stampa sulla carta della proposta di contratto: uno squalo, cioè il logo della «Paul & Shark», il marchio di abbigliamento dei Dini. Da qui sarebbero partite una serie di verifiche che fanno arrivare direttamente a Fontana.

Scandagliato il contenuto delle chat

Sono attese per i prossimi giorni le operazioni che riguardano la copia forense del contenuto del cellulare. Da quanto è stato riferito, la copia del contenuto dello smartphone dell’imprenditore avverrà con le forme dell’accertamento tecnico irripetibile. Sarà quindi nominato un consulente da parte del difensore di Dini, l’avvocato Giuseppe Iannaccone. L’operazione avverrà a “stretto giro di posta”, in quanto gli inquirenti intendono restituire il telefono al legittimo proprietario il prima possibile: l’analisi di messaggi e chat servirà per ricostruire se l’imprenditore abbia o meno tentato di rivendere i 25mila camici non consegnati alla Regione su una partita di 75mila, quantitativo previsto dall’ordine avvenuto senza gara e che poi è stato bloccato dopo la scoperta del conflitto di interessi.

Il sequestro del cellulare, come si legge nel decreto di perquisizione firmato dai pm Luigi Furno, Paolo Filippini e Carlo Scalas, è stato disposto per accertare se vi sia «traccia delle interlocuzioni avute» da Dini con i «protagonisti della vicenda». L’intento è «verificare sotto il profilo probatorio, la circostanza riferita» durante la sua audizione in Procura da Emanuela Crivellaro, della Onlus il ponte del Sorriso, «ovvero che, solo dopo essere stato spinto a convertire l’originario contratto di fornitura in una donazione parziale, Dini ha cercato di rivendere a prezzo maggiorato quella parte dei camici non consegnati ad Aria, tentando in tal modo» di non rispettare «quello che era un suo preciso obbligo contrattuale».

I camici, in tutto circa 25mila, sono però stati tutti sequestrati dalla Gdf , cosa che ha portato la sua difesa a dichiarare che l’imprenditore «non ha mai avuto intenzione di speculare ai danni della Regione. Nonostante l’elevatissima richiesta di quel materiale, i camici per la Regione sono sempre stati nel magazzino» della Dama e non è escluso che anche questo lotto possa essere donato.

I dubbi sul conto svizzero del governatore

Intanto continua a tener banco anche la questione dell’eredità del governatore Fontana e del relativo conto svizzero. Secondo quanto riportato oggi da la Repubblica Fontana, nella prima dichiarazione di successione presentata all’Agenzia delle Entrate il 15 febbraio 2016, otto mesi dopo la scomparsa della madre, non avrebbe indicato tra i cespiti ereditari elencati il conto svizzero con i 5,3 milioni di euro. Questo apparirà invece solo alcuni mesi dopo. Perché? Il sospetto è che, visto il prolungamento dei termini della Voluntary disclosure voluto dall’allora governo Renzi, Fontana abbia atteso questa opportunità. «Esiste una integrazione – ha spiegato l’avvocato Jacopo Pensa, legale del governatore – è di alcuni mesi dopo, effettuata nello studio dell’avvocato Franca Bellorini con la quale Fontana ha denunciato anche i soldi svizzeri». Tutto regolare dunque. Ma è il tempismo a far comunque insospettire.

Rimpasto in vista?

Se il fronte giudiziario continua a muoversi quello politico ribolle. Mentre le opposizioni hanno pronta una mozione di sfiducia, alla quale però non aderirà Italia Viva, si mormora di un possibile rimpasto in Regione. L’ipotesi avanzata da Il Messaggero sarebbe quella di affiancare a Fontana un vicepresidente pienamente operativo. Una sorta di “commissariamento”. Il nome che si fa strada è quello di Davide Caparini, assessore al Bilancio, uomo di Salvini. Il leader leghista, da Milano Marittima, deve trovare al più presto piani alternativi e vie d’uscita da una situazione che, in termini di consenso, potrebbe avere serie ripercussioni anche sul piano nazionale.

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