In Evidenza ENISiriaUSA
SCIENZE E INNOVAZIONECoronavirusFabrizio PregliascoIntervisteItaliaSanità

Coronavirus, il virologo Pregliasco: «Le scuole saranno uno stress test. L’aumento dei casi? Oggi vediamo anche i lievi» – L’intervista

Per il direttore sanitario dell’istituto Galeazzi di Milano, l'aumento è indicativo della maggiore abilità nello scovare i casi sospetti, soprattutto di asintomatici e di sintomatici lievi

L’aumento nei casi di Coronavirus in Italia negli ultimi giorni arriva come una nuvola nera all’orizzonte. Stando agli ultimi bollettini della Protezione Civile, i nuovi positivi sono stati 402 il 6 agosto e 384 il 5 agosto, mentre nelle prime settimane di luglio raramente varcavano la soglia dei 250. I tamponi sono aumentati negli ultimi due giorni – il 6 agosto erano 58.673, il 5 agosto 56.451 e il 4 agosto 43.788 – ma non sono numeri molto superiori a quelli di un mese fa.

PROTEZIONE CIVILE | I dati il 6 agosto

Siamo assistendo a una nuova fase nell’epidemia o si tratta semplicemente di una parentesi? Intervenendo in Senato, il ministro della salute Roberto Speranza ha dichiarato ieri che «nonostante le riaperture [la curva epidemica ndr] si è piegata e da qualche settimana siamo in fase di stabilità». Nel frattempo, nel report settimanale l’Istituto superiore di sanità ha calcolato che l’indice di trasmissione nazionale (Rt) sui casi sintomatici è pari a 1,01 (e che l’età mediana dei casi diagnosticati è di circa 40 anni). Intervistato da Open, il virologo Fabrizio Pregliasco si dice comunque «ottimista ma prudente».

I casi sono tornati ad aumentare. Siamo entrati in una nuova fase?

«Diciamo che sono ondulazioni. C’è un andamento endemico e ondulante con il quale dovremmo convivere. Vedo l’aspetto positivo: il fatto che la gran quota di questi casi sono asintomatici è una dimostrazione, a mio avviso, della capacità del territorio di individuare i casi sospetti. Una capacità che oggi c’è e che deve essere ulteriormente rafforzata nel prossimo futuro. Siamo messi un po’ meglio – al di là dei Balcani – rispetto alle altre nazioni. E forse abbiamo beneficiato di un lockdown più lungo rispetto ad altri Paesi».

Quanto incide sul numero di contagi l’aumento nei tamponi?

«Sicuramente sono stati fatti più tamponi di prima, ed è anche per questo che vediamo più pazienti asintomatici. In generale questi focolai hanno tre modalità di origine correlate: le attività lavorative a rischio – l’industria alimentare, gli spedizionieri ecc. – le situazioni sociali più o meno disgregate e poi i casi importati dall’estero, l’incognita del prossimo futuro».

Quindi non è il risultato di un minore rispetto delle regole di prevenzione?

«A parte il caso di qualche cittadino, non mi sembra che questo sia l’elemento più determinante. Per quanto riguarda i focolai, mi sembra ci sia una certa reattività da parte delle istituzioni. Sicuramente lo “stress-test” – necessario e doveroso – ci sarà con la riapertura delle scuole».

Come commenta i dati dell’Istituto superiore di sanità?

«Vediamo più casi: secondo me è proprio questa capacità di individuazione di casi più lievi, che prima non c’era, a spiegare anche il dato anagrafico».

L’indagine sierologica invece ha rivelato che meno del 2,5% della popolazione ha incontrato il Coronavirus. L’epidemiologo Lopalco l’ha definita “una breve passeggiata del virus in una porzione limitatissima di popolazione”.

«Ci sono variazioni geografiche notevoli, che dimostrano come il lockdown abbia funzionato. Il grosso dei casi – circa il 51% – è nella mia Lombardia. Credo che in generale sia un dato ragionevole, magari anche sottostimato visto che qualche malato della prima ora avrebbe potuto perdere gli anticorpi».

Davvero i “super-asintomatici” come vettori di contagio escono ridimensionati dall’indagine?

«Sicuramente sono meno contagiosi, ma io non escludo che qualche superspreader ci sia anche tra gli asintomatici. Alcuni dati lo evidenziano. Ma senz’altro è vero: chi è asintomatico diffonde meno in termini di carica virale».

Ad ogni modo, per il momento almeno, non è avvenuto quello che molti temevano, ovvero lo spostamento dell’epidemia al Sud.

«Sì, il Sud sta tenendo. La nostra capacità reattiva – le misure di prevenzione – possono aver contribuito in modo fondamentale a mantenere sotto controllo questa situazione».

Leggi anche:

Articoli di SCIENZE E INNOVAZIONE più letti