Aborto farmacologico, la regione Piemonte verso obbligo di ricovero con la Ru486

«Sul corpo della donna viene condotta una vergognosa campagna propagandistica senza basi scientifiche e mediche», attacca dal Pd Monica Cirinnà

Continua la battaglia parallela del Piemonte leghista su aborto farmacologico e RU486: sta, di fatto, andando avanti l’iniziativa portata avanti dall’assessore regionale Maurizio Marrone, in contrasto con le direttive del ministero della Salute con a capo Roberto Speranza, per linee guida regionali specifiche che fermino la somministrazione della Ru486 nei consultori e la sua distribuzione in Day Hospital al termine dell’emergenza Covid. Tornando all’obbligo di ricovero di fatto superato dal ministero su scala nazionale pochi mesi fa.


Quella sull’aborto farmacologico «è una proposta dell’assessore» Marrone, «che verrà portata prima in maggioranza per una valutazione da parte di tutti, essendo un tema che tocca le sensibilità individuali», spiega oggi il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, sulla delibera dell’esponente FdI che, in contrasto con le linee guida nazionali, obbliga appunto al ricovero per la somministrazione della Ru486.


In mattinata il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia, dopo aver letto dell’iniziativa di Marrone, ha telefonato a Cirio esprimendo la propria preoccupazione e per capire se tale proposta fosse all’ordine del giorno della Giunta. Cirio, secondo quanto riporta l’Ansa, dal canto suo avrebbe spiegato che l’iniziativa non sarebbe ora in programma, rassicurando quindi Boccia.

Le polemiche

Sulla RU486 «la Regione Piemonte sta giocando una partita che non ha nulla a che vedere con la tutela della salute delle donne», dice in una nota il segretario piemontese del Pd, Paolo Furia. «Sta invece perseguendo una propria battaglia ideologica volta a colpevolizzare le donne che si trovano in condizione di abortire. Come se l’aborto fosse una specie di capriccio, che un Assessore regionale avrebbe il compito di correggere».

«Il mix costituito dalla nostalgia dello sport del ventennio fascista del Presidente Cirio, la campagna dell’assessore Caucino ‘allontanamento zero’ contro i servizi sociali e le scelte in materia di pillola abortiva dell’assessore Marrone offre la vera immagine della destra nera che governa questa Regione», aggiunge. Destra che, affonda l’esponente dem, «agisce nel nome di un proprio ideale astratto di famiglia ed è lontana dalle famiglie; una destra che vuole dire alle donne cosa devono fare; una destra poco credibile sul piano amministrativo, che però pretende di spiegare alle famiglie e alle donne come devono vivere e cosa devono fare».

«La notizia che la Regione Piemonte si starebbe preparando a emanare linee guida in tema di aborto farmacologico in contrasto con le direttive ministeriali e, soprattutto, in contrasto con quanto conquistato dai Radicali e da Silvio Viale in decenni di lotte, è il segno dei tempi», dicono in una nota Massimiliano Iervolino, Giulia Crivellini e Igor Boni, ovvero segretario, tesoriera e presidente di Radicali Italiani.

«Tempi nei quali l’ipocrisia e l’opportunismo più becero dominano la politica. Ipocrisia perché il Piemonte è la prima regione per aborti farmacologici d’Italia, aborti che vengono nella stragrande maggioranza dei casi fatti da anni in day hospital senza che l’assessore Maurizio Marrone di FdI avesse avuto nulla da dire. Oggi, con la ricerca dei cavilli richiesta all’avvocatura regionale, si prova a riportare indietro il nostro Paese, ma non lo consentiremo».

«Oscurantismi e perbenismi sulla pelle delle donne, che devono avere libertà di scelta su se abortire e su come abortire, non torneranno. Avete perso da decenni e continuerete a perdere perché la libertà di scelta viene prima delle vostre esigenze di tornaconto elettorale e perché è la legge 194 ad aprire la strada all’aborto farmacologico», concludono.

«Sul corpo della donna viene condotta una vergognosa campagna propagandistica senza basi scientifiche e mediche», dice la senatrice del Pd Monica Cirinnà, responsabile diritti per il partito. «Invece di occuparsi di migliorare il livello dei servizi e il diritto alla salute di tutti i cittadini, in particolare delle donne, la giunta leghista, ancora una volta, sceglie la strada della mistificazione».

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