Le chat del cognato e la moglie che inguaiano Fontana, il messaggio a un fornitore 10 giorni prima del contratto sui camici: «È stato lui a dirmi di contattarti»

La Procura di Milano ha acquisito i contenuti degli smartphone di 11 persone, tra cui la moglie del presidente della Regione Lombardia, Roberta Dini, socia di minoranza della Dama spa, di suo fratello Andrea. I pm cercano ulteriori scambi di messaggi avvenuti durante il periodo di emergenza sanitaria, quando la società ha sottoscritto un contratto senza gara per la fornitura di camici con la Regione Lombardia

Si fa sempre più traballante la difesa del governatore della Lombardia Attilio Fontana, che avrebbe saputo dell’affidamento senza gara per la fornitura di camici per la Dama spa, di suo cognato e sua moglie, solo l’11 maggio per caso dal suo staff e poi a giugno dalle interviste di Report. Come emerge dalle carte della procura di Milano, che sta esaminando i contenuti dei cellulari di 11 persone, tra cui quello di sua moglie Roberta Dini, dal cellulare di suo fratello Andrea è partito un messaggio il 16 aprile alle 15:22, giorno dell’affidamento da parte di Aria spa, diretto a sua sorella che le comunicava l’«ordine arrivato», aggiungendo che: «ho preferito non scriverlo ad Atti». A quell’sms, la moglie del presidente della Lombardia rispondeva: «Giusto, bene così». Secondo i pm ci sarebbe un diffuso coinvolgimento nella vicenda di Fontana, che ha tentato di «evitare di lasciare traccia del suo coinvolgimento mediamente messaggi scritti». Messaggi come quello del 16 aprile tra sua moglie e suo cognato, scrivono gli inquirenti, dubbiosi sul fatto che durante tutto quel giorno Fontana non abbia mai parlato della vicenda con sua moglie.


Il messaggio al fornitore

Un altro messaggio complica la posizione del presidente della Regione e risale al 6 aprile, dieci giorni prima della sottoscrizione del contratto sui camici, che farebbe pensare a un aiuto concreto da parte di Fontana per suo cognato. Quel giorno alle 9:50, un fornitore di tessuti si scusa con Andrea Dini perché non ha modo di fornirgli il materiale di cui ha bisogno. Il fornitore, secondo i pm, sarebbe stato indicato dall’assessore regionale Raffaele Cattaneo, responsabile della task force regionale, che avrebbe avuto un «ruolo decisivo per consentire a Dama spa di riconvertirsi e poter formulare un’offerta». A quell’sms del fornitore, Dini aveva risposto: «Non capisco. È stato Cattaneo e mio cognato il governatore Fontana a dirmi di contattarla. Dirò che si sono sbagliati». Alle 13:32 il fornitore scrive a Dini di aver parlato con Cattaneo e comunica che sono disponibili 50 mila mq di tessuto.


Il conflitto di interessi e la donazione

Che Andrea Dini e sua sorella fossero consapevoli del conflitto di interessi con il contratto stipulato con la regione e la parentela con Fontana emerge da diversi messaggi. In uno del 21 aprile alle 6:47, Andrea Dini scrive a Paolo Zanetta, procuratore della società: «Dobbiamo donare molte più mascherine e averne però prova certa. Se ci rompono per le forniture di camici causa cognato noi rispondiamo così». A maggio la fornitura diventa una donazione, da lì l’intenzione di Fontana di fare il bonifico, poi fermato per i sospetti dell’Antiriciclaggio, di 250 mila euro a modo di risarcimento per il mancato introito a suo cognato.

Sono le 18:48 del 25 maggio quando Roberta Dini scrive a suo fratello: «Mi chiama Attilio (già ti dice il cervello) per chiedermi numero fattura perché ti ha fatto bonifico ma manca il numero della fattura». Andrea risponde che il bonifico tra privati non va bene: «Digli di non farlo, fa più danni». La moglie di Fontana non riesce a ottenere informazioni sul bonifico, ipotizza sia stato fatto direttamente alla società. A quel punto suo fratello si preoccupa: «Ma anche così è peggio. Mica posso fatturarglieli». E in un altro messaggio aggiunge: «Mette l’azienda nei casini. Calma e vedremo».

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