Aborto, nuovo caso di feto sepolto al cimitero Flaminio di Roma: il nome della madre sulla croce «senza consenso»

«Un film dell’orrore. E tutto senza che ne fossi a conoscenza»: un’altra denuncia, nello stesso cimitero. «All’ingresso mi hanno stampato un foglio con i dati della salma e tanto di cartina per l’orientamento»

«Sono andata al cimitero Flaminio e ho scoperto che c’è una tomba a mio nome». Comincia così il post di denuncia di una donna venuta a conoscenza della sepoltura del suo feto abortito, con il proprio nome su una croce, senza che avesse mai dato il consenso per le esequie. La denuncia arriva a distanza di due giorni da un caso del tutto simile che ha sollevato il tema generando grosse polemiche e imponendo alla politica di attivarsi con un’interrogazione parlamentare e al garante per la protezione dei dati personali con un’istruttoria, per fare luce sulla conformità dei comportamenti sotto il profilo della privacy.


Anche il cimitero in cui risulta essere sepolto il feto abortito, all’insaputa di chi l’ha portato in grembo, è lo stesso. Siamo al cimitero Flaminio di Roma, in un’area chiamata “Il giardino degli Angeli”. È qui che decine di croci bianche portano il nome di donne che – a quanto pare – in alcuni casi sono all’oscuro di tutto.


La seconda donna a denunciare ha raccontato la sua esperienza dall’istante in cui è arrivata al cimitero, con tutti i dettagli che le sono stati svelati via via: «All’ufficio mi hanno stampato un foglio con i dati della salma e la sua ubicazione – ha spiegato – con tanto di cartina per l’orientamento. Tutto senza il mio consenso e senza che io ne fossi minimamente a conoscenza».

La donna ha pubblicato sul suo profilo Facebook l’immagine di quella croce bianca che porta il suo nome, la mappa, e il documento stampato con il logo dell’Ama e l’intestazione Cimiteri capitolini. Quanto al riferiemento temporale riportato sulla croce, la vittima dell’episodio ha detto: «Tra l’altro non so cosa sia quella data. Né il parto né la sepoltura a quanto dice l’ufficio. Film dell’orrore».

«Conosco da un po’ l’esistenza di questi luoghi – aveva scritto la donna su Facebook nel commentare il caso emerso due giorni fa -. Da tempo sospetto ci sia anche una croce con sopra il mio nome. Non ho mai avuto il coraggio di indagare perché la rabbia mi avrebbe fatto esplodere il cervello». Un presentimento che poi ha trovato riscontro nella realtà.

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