«Due settimane di lockdown non bastano per svuotare le terapie intensive». Il primario di malattie infettive del Policlinico di Milano: «Ora possiamo solo proteggerci»

di Redazione

La situazione, rispetto a marzo, è cambiata: «In ospedale arrivano i casi gravi, chi può vivere con la malattia resta a casa», dice il medico

Al reparto di Malattie infettive del Policlinico di Milano è un andirivieni continuo di pazienti affetti da Coronavirus che arrivano al Pronto soccorso. Accessi che continueranno a crescere fino a lunedì. «Almeno fino a lunedì». Come spiega il primario Andrea Gori, al di là del numero crescente di contagiati, la situazione è molto diversa rispetto alla prima ondata, quella di marzo. «A marzo non veniva nessuno», racconta al Corriere della Sera. «Per difficoltà d’accesso, diciamo così, oppure per paura».


Questa volta in ospedale si presentano casi molto più gravi. «Sento in giro dire che tutti, senza distinzione, al primo colpo di tosse chiamano un’ambulanza e pretendono il ricovero». Per Gori non è così, anzi. «Chi ha contratto il virus ma è in condizioni generali che gli permettono di gestire la malattia, sta a casa. Il fatto che poi in ospedale arrivino potenziali pazienti con problemi gravi è un motivo per velocizzare le cure».


«Non facciamoci illusioni»

Per quanto si debba essere responsabili e non prendere sotto gamba una situazione già delicata, è consigliabile non vivere di «facili illusioni». Il ritmo con cui l’infezione si diffonde dice che il numero dei nuovi contagi, fra due settimane, dopo questo ulteriore periodo di lockdown, «potrebbe calare. Dovrebbe farlo». Il miglioramento non varrà per le terapie intensive.

«Una parte dei pazienti adesso ricoverata, in terapia intensiva ci entrerà. Gli scenari non mutano per magia o in conseguenza del fatto, giustissimo, che siamo rimasti chiusi nei nostri appartamenti. Una situazione che rimarrà l’ultimo stadio delle misure. Ma è inutile girarci intorno. Al momento dobbiamo proteggerci il più possibile».

Migliorare la strategia

Considerando la situazione in cui versa Milano, e l’Italia intera, «abbiamo la possibilità, con questo periodo di restrizioni, di rimodulare la strategia. Intercettare i nuovi contagiati e, negli ospedali, occuparci dei pazienti Covid tenendo aperti tutti gli altri canali, che riguardano le patologie non legate al virus. Un equilibrio faticoso da raggiungere ed a gestire, però imprescindibile».

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