Zona rossa, gialla o arancione: nel caos dei cambi continui questi colori stanno diventando categorie dello spirito – Il commento

L’incessante modifica delle regole disorienta i cittadini e rende quasi impossibile applicarle tutte con precisione

Posso andare in una seconda casa? Trovo aperto il bar di quartiere per prendere un caffè? Posso uscire dal mio Comune? Alzi la mano chi riesce a rispondere in trenta secondi a tutte queste tre domande senza sbagliarne una. Il cambiamento continuo di colore delle zone (una settimana sei giallo, un’altra sei rosso, un’altra ancora sei arancione) unito ai mutamenti incessanti delle regole che caratterizzano ciascun colore (si pensi alle alterne vicende delle seconde case o dell’asporto: l’arancione, il rosso e il giallo sono diversi secondo le stagioni) ha prodotto una situazione paradossale: nessuno sa davvero che cosa si può fare e cosa no.


Casalinghe, impiegati, professionisti, forze dell’ordine vivono nell’assoluta incertezza delle regole: anche i cittadini più esperti o attenti cadono nell’errore o comunque hanno dubbi irrisolti e incertezze da gestire. Le chat di Whatsapp brulicano di messaggi e richieste di chiarimento di tutti i tipi. Richieste che in genere ricevono tre tipi di risposte.


Ci sono quelli che ritengono di trovare la risposta nell’interpretazione dei colori; vanno a senso («se sei rosso non puoi fare nulla, se sei giallo tutto è lecito, con l’arancione dipende») e di solito prendono topiche gigantesche. Ci sono i fatalisti che sfuggono dal problema e consigliano a tutti di starsene a casa («è inutile che vi sforziate di capire, state a casa così non sbagliate»). E ci sono gli smanettoni che cercano la risposta su Google, trovano l’articolo «cosa si può fare in zona rossa (o gialla, o arancione)» e lo usano per dare indicazioni “ufficiali”, senza considerare che questi articoli spesso dicono cose imprecise, contraddittorie o addirittura sbagliate.

Chi non si fida di Whatsapp ma vuole affidarsi a interpretazioni più autorevoli, prova a trovare luce nelle Faq dei vari ministeri e delle altre istituzioni che, a vario titolo, intervengono sulla pandemia. Qui la nebbia si fa ancora più fitta: ci si può imbattere in interpretazioni di tutti i tipi, testi non aggiornati e risposte contraddittorie (in alcuni casi esilaranti, nella loro sconclusionata sintassi), che aumentano la nebbia.

I pochi che vogliono approfondire ancora di più, andando alla fonte, tentano di leggere i decreti legge e i Dpcm che regolano il sistema. Chi ha compiuto questo faticoso esercizio sa che la nebbia si trasforma in una notte fonda: la lettura di questi testi giuridici, anche per chi è esperto di commi e cavilli, è un esercizio complesso e impegnativo, che richiede attenzione, concentrazione e pazienza. Un esercizio che non offre risposte certe ma, anzi, fa emergere tanti di dubbi applicativi, maggiori di quelli che si leggono sui giornali.

Tutta questa confusione sta mettendo in crisi anche le aziende: capita sempre più spesso che imprese situate nello stesso territorio (e quindi coperte dallo stesso “colore”) diano applicazioni opposte alle medesime regole. Le norme invitano a usare lo smart working? Un’azienda considera questo invito una scelta facoltativa. Un’altra vieta ai dipendenti di recarsi sul posto di lavoro, ma anche no. Un’altra ancora inventa procedure di accesso talmente rigorose che fanno assomigliare l’ufficio al caveau di una banca.

Questa grande confusione rischia di aumentare nelle prossime settimane: quando ancora nessuno ha capito fino in fondo cosa si può fare nelle zone dei vari colori, si profila all’orizzonte una quarta zona, la bianca, che sembra più un’aspirazione che una situazione concreta. Anzi, forse il significato vero dei colori delle zone è proprio questo: vanno considerate come categorie dello spirito che ciascuno deve indossare nella propria vita quotidiana, personalizzandole come meglio crede.

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