«Grazie alla Cina le donne uigure non sono più macchine per fare bambini», il tweet dell’ambasciata cinese negli Usa che ha fatto scattare il blocco di Twitter

L’ambasciata aveva condiviso un report nel quale si affermava che le donne uigure erano state di fatto salvate dalle politiche cinesi nello Xinjiang

Nuovo blocco politico su Twitter. La piattaforma di social network statunitense ha deciso di bloccare l’account dell’Ambasciata cinese negli Usa a seguito di un post sulle donne uigure pubblicato lo scorso 7 gennaio. Il tweet, che era stato subito oscurato, sosteneva che le donne della minoranza musulmana uigura non sono più «macchine per fare bambini» grazie all’intervento dello Stato cinese. Un messaggio che, come confermato dal portavoce di Twitter, violava le regole di Twitter contro la “disumanizzazione” (“dehumanization“).


Il profilo (@ChineseEmbinUS) è ancora visibile, ma è impossibile per i proprietari fare qualsiasi attività. Nello stesso post veniva allegato uno studio citato dal quotidiano statale China Daily, nel quale si sostiene che lo «sradicamento dell’estremismo islamico» (repressione della libertà di culto, ndr) avrebbe dato alle donne uigure «più autonomia». Nel report si nega qualsiasi riferimento alle sterilizzazioni forzate e alle accuse sollevate da diverse inchieste internazionali sulla repressione brutale della libertà di culto ordinata da Pechino.


Proprio ieri, 20 gennaio, l’ormai ex Segretario di Stato Mike Pompeo ha riconosciuto che le politiche di Pechino nello Xinjiang costituiscono un crimine contro l’umanità. «È un genocidio in corso almeno dal 2017- ha detto -. Stiamo assistendo al tentativo sistematico di distruggere gli Uiguri da parte dello Stato del partito cinese». Secondo Pompeo, i crimini commessi dalla Cina in questo senso sono gravi quanto quelli perseguiti dai processi di Norimberga – un’accusa che, per il New York Times, è la più dura mai fatta da un governo contro Pechino.

Lo Xinjiang è la provincia più a ovest della Cina, nella quale vivono circa 11 milioni di persone di religione musulmana, 8.6 milioni delle quali sono di etnia uigura. Secondo le stime dell’Onu – che negli ultimi anni ha rivelato di avere prove sufficienti sulla presenza dei campi di detenzione -, solo dal 2016 al 2018 sarebbero state internate circa 2 milioni di persone. In questi anni sono andate avanti le politiche di rieducazione, ovvero la reclusione sistematica di milioni di persone nel tentativo di imporre con la forza un’identità pan-cinese, fatta di torture, rastrellamenti, sterilizzazioni delle donne, esecuzioni e lavori forzati.

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