Il coordinatore del quartier generale di Navalny a Mosca: «Così sono sfuggito all’arresto. Ma domani scenderò in piazza» – L’intervista

Oleg Stepanov, 28 anni, è a capo dello staff dell’attivista. Da un luogo sicuro parla a Open della grande manifestazione in programma sabato: «Putin ha rubato il mio futuro e quello della mia generazione. La polizia risponderà ma saremo in tanti, è questa sarà la nostra forza»

A meno di una settimana dall’arresto di Alexei Navalny, avvenuto nel giorno del suo ritorno in Russia, dopo il tentativo di avvelenamento e i mesi di convalescenza passati in Germania, non si ferma il pugno duro di Mosca contro l’attivista e il suo inner circle. Negli ultimi due giorni la polizia ha fermato e arrestato diversi collaboratori dell’oppositore di Putin. Tra loro c’è anche la sua portavoce, Kira Yarmish, per cui un tribunale di Mosca ha ordinato una detenzione di almeno nove giorni. Yarmish è accusata di organizzazione di manifestazioni non autorizzate, dopo che la fondazione creata da Navalny ha annunciato per domani – 23 gennaio – proteste in tutta la Russia per chiedere la liberazione dell’attivista. Proteste che per il Cremlino non sono legittime e che intende bloccare con la massima forza: «I tentativi di organizzare un evento pubblico non autorizzato nonché eventuali azioni provocatorie da parte di chi vi partecipa verranno considerati come una minaccia all’ordine pubblico e saranno immediatamente repressi», ha dichiarato la polizia della capitale russe, secondo l’agenzia Interfax.


Il 21 gennaio, la polizia ha fatto irruzione anche nell’appartamento di Oleg Stepanov, direttore del quartiere generale della fondazione di Navalny a Mosca. «Non mi hanno trovato, per questo sono ancora libero». E’ lo stesso Stepanov a raccontare a Open gli ultimi giorni passati in Russia. «Mi ero spostato preventivamente in un’altra location», ci racconta mentre Mosca si prepara per quella che Stepanov definisce «una delle manifestazioni più grandi» degli ultimi anni. La polizia lo sta ancora cercando, ma al momento si trova «al sicuro», dice, e «ben nascosto». Antropologo sociale, con una specializzazione in migrazioni nel sud dell’Europa, Stepanov si è unito a Navalny nel 2017. E ora, a 28 anni, coordina il suo staff nella sede di Mosca. «Domani sarà il giorno in cui passeremo all’azione. Vogliamo che Navalny e i suoi colleghi vengano liberati», dichiara.


«Il nostro più grande nemico? La povertà»

Due giorni dopo l’arresto di Navalny, la Fondazione per la lotta alla corruzione ha pubblicato una video inchiesta in cui accusa il presidente Vladimir Putin di essersi fatto costruire un palazzo sul Mar Nero grazie a tangenti. L’inchiesta ha ottenuto in pochi giorni più di 55 milioni visualizzazioni. «La seconda cosa che vogliamo ottenere dopo la liberazione di Navalny è che Putin si dimetta e lasci il suo incarico», dichiara Stepanov che non teme la repressione della polizia. «Continueremo, se non è domani, sarà il giorno dopo, tra una settimana, oppure tra anni, ma alla fine Navalny sarà liberato e Putin se ne andrà».

Navalny è stato arrestato per la prima volta nel 2011 e detenuto per 15 giorni prima di essere liberato. Nel 2017 l’attivista aveva annunciato la sua intenzione di candidarsi alle elezioni del 2018 prima di essere escluso da una decisione della commissione elettorale per presunte accuse di corruzione. «Vogliamo elezioni libere – dice Stepanov – tutti i settori sono dominati dagli oligarchi vicini a Putin e il nostro più grande nemico è la povertà». Sono circa 17.5 milioni le persone – il 12% della popolazione russa – che in Russia vivono sotto la soglia di povertà e questo «a causa di un sistema corrotto attraverso cui Putin è riuscito ad accentrare tutta la ricchezza nella sua persona», commenta Stepanov.

L’appello all’Europa

Il coordinatore del quartier generale di Navalny, poi, si rivolge all’Europa: «La repressione dell’apparato statale è sempre più violenta. L’Europa deve intervenire sanzionando gli uomini di Putin». Dalle proteste che prenderanno il via domani Stepanov sia aspetta una grande partecipazione, nonostante il dipartimento di polizia abbia provato in ogni modo, anche sui social media, a bloccare la manifestazione. «Putin ha rubato il mio futuro e quello della mia generazione. La polizia risponderà ma saremo in tanti, e questa sarà la nostra forza».

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