Golpe militare in Myanmar, arrestata Aung San Suu Kyi: «Non accettatelo: protestate contro il colpo di Stato»

A poche ore dall’arresto da parte dei militari che hanno ripreso il potere del Paese, la leader della Lega nazionale per la democrazia ha esortato la popolazione a reagire e protestare

I generali dell’esercito del Myanmar hanno preso il controllo del Paese dopo aver fatto arrestare il capo del governo di fatto Aung San Suu Kyi, Nobel per la Pace nel 1991. Dopo alcune ore di interruzioni delle comunicazioni interne, i vertici dell’esercito hanno annunciato alla tv nazionale lo stato di emergenza per un anno. A uno dei due vicepresidenti in carica, il generale Myint Swe, è stata affidata la presidenza ad interim, mentre tutti i poteri sono nella mani del capo delle forza armate, il generale Min Aung Hlaing.


Immediata la condanna da parte degli Stati Uniti, con il segretario di Stato, Antony Blinken, che ha chiesto l’immediato rilascio di Aung San Suu Kyi e degli altri esponenti della Lega nazionale per la democrazia. Poche ore dopo gli arresti è stato diffuso un appello della leader della Lega nazionale per la democrazia, che ha esortato la popolazione a «non accettare il golpe». In un messaggio diffuso dalla Nld e ripreso dalla Bbc, Aung San Suu Kyi ha detto: «Rispondete e protestate con tutto il cuore contro il colpo di Stato dei militari»,


L’ombra dei brogli elettorali

Il colpo di Stato avviene dopo settimane di tensioni, con i militari che denunciavano brogli alle ultime elezioni di novembre, stravinte dal partito dell’ormai ex capo del governo. Gli arresti sono avvenuti proprio a poche ore dall’insediamento del nuovo Parlamento, eletto secondo i generali con elezioni falsate usando il pretesto delle restrizioni per la pandemia di Coronavirus, come aveva già detto la scorsa settimana il portavoce dell’esercito, il generale Zaw Min Tun. In quell’occasione erano stati denunciati milioni di casi di frode, compresi migliaia di minorenni e centenari che sarebbero risultati tra i votanti.

Accusata da tempo di non aver impedito la repressione violenta della minoranza musulmana Rohingya, Aung San Suu Kyi godeva di una larghissima popolarità nel Paese, che l’aveva portata a ottenere una schiacciante vittoria alle ultime elezioni. Si trattava della seconda affermazione elettorale, dopo quella storica del 2011, che aveva sciolto la giunta militare in carica per quasi 50 anni.

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