«Spingere sui temi divisivi». La soluzione interna di Pd e M5s per chiudere nell’angolo la Lega – Il retroscena

In attesa delle scelte di Draghi, che dovranno essere approvate da Mattarella, grillini e Dem lavorano a una strategia che porti a escludere il Carroccio dalla maggioranza, senza fare sgarbi istituzionali

Quando si stava delineando la maggioranza Ursula a sostegno di Mario Draghi, poco dopo l’annuncio un’alleanza strutturale tra M5s, Pd e Leu, la Lega è riuscita ad assestarsi su un’inedita posizione europeista e governista. «Il ritorno alle urne» e il «dare voce al popolo italiano» sono sbiaditi: il 6 febbraio, dopo le consultazioni con l’ex presidente della Bce, Matteo Salvini ha preferito parlare di «governo della rinascita» dichiarando in tutti i modi la volontà della Lega di farne parte. La fiducia di una così ampia base parlamentare – di fatto, l’unica forza all’opposizione resterebbe Fratelli d’Italia -, dovrebbe essere accolta come un’ottima notizia, in linea con quanto chiesto da Sergio Mattarella.


Invece, dal punto di vista politico, sedersi al tavolo del Consiglio dei ministri insieme alla destra crea imbarazzi al Pd per ragioni ontologiche, al Movimento per la turbolenta fine del governo Conte uno. Entrambi gli schieramenti – tralasciando Leu per questioni di peso parlamentare – farebbero volentieri a meno di trovare una sintesi con le istanze leghiste. Ed è proprio incidendo sul lavoro di sintesi in capo a Draghi che sperano di costruire un recinto politico asfissiante per il Carroccio. Una tattica che potrebbe funzionare se il presidente incaricato non opterà per un programma di governo concentrato quasi esclusivamente sull’emergenza sanitaria ed economica.


La “soluzione interna” al nuovo asse Pd-M5s, piuttosto, sarebbe tesa a convincere Draghi ad ampliare i punti programmatici dell’iniziativa di governo a temi intrisi di incompatibilità. Fonti del Movimento affermano che se n’è discusso anche durante il vertice off-limits orchestrato ieri mattina da Beppe Grillo. Poi, nella giornata, ci sono state diverse chiamate tra i leader dei due partiti per allinearsi su questa strategia. «L’augurio è che si possa formare una maggioranza Ursula. Visto che sul piano istituzionale è scorretto chiedere a Draghi di fare scelte sui nomi, il discrimine con la Lega dobbiamo trovarlo sul piano delle intenzioni», spiega a Open un membro della direzione Pd.

«Fisco, lavoro, pensioni, Recovery plan, energie rinnovabili – elenca -, ci sono vari campi in cui far emergere delle incompatibilità. Ecco, se vogliamo sgranare la maglia della maggioranza che si prospetta dopo le prime consultazioni, dobbiamo spingere per un’impostazione del programma che possa essere indigesto dalla Lega». Che la maggioranza Ursula sia auspicabile anche per i 5 stelle, oltre alla frase di Platone postata su Facebook da Beppe Grillo, «la via per l’insuccesso è accontentare tutti», lo conferma una fonte di Montecitorio: «È normale che si lavora meglio con forze parlamentari che hanno affinità visibili e non con un partito che si è riscoperto europeista nel giro di 24 ore».

Sarà il programma a decidere il governo, non le persone. Fare leva sulle riforme, togliere ogni gancio possibile alle istanze del Carroccio e spingere Salvini in un angolo: o partecipa a un esecutivo le cui azioni non incroceranno le aspettative del proprio elettorato, oppure dovrà ritirare l’appoggio a Draghi, spiegando che la Lega non c’entra nulla con il governo dell’ex presidente della Bce. Pd e 5 stelle tirerebbero un sospiro di sollievo: «Alcuni politici è meglio averli come nemici che come finti amici», conclude il parlamentare Dem.

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