Identikit del governo Draghi: ai tecnici ministeri fondamentali per il Recovery. Poche donne e Renzi paga pegno

Solo il 35% dell’esecutivo è composto da ministre, il Pd non ne ha espressa nessuna

Otto tecnici, e tutti di peso, più il sottosegretario di Stato, considerato tecnico anche lui, benché questo sia il settimo governo in cui ricopre un incarico: Roberto Garofoli, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, di politica ne sa. Almeno quanto Mario Draghi, il presidente del Consiglio che ha orchestrato una difficile squadra di governo in cui il bilanciamento tra tecnici e politici non sembra scontentare nessuno. Quindici, dunque, i ministri politici nominati dal premier, per un totale di 23 membri del governo.


Nel governo Conte II, invece, il totale dei dicasteri ammontava a 22. Il calcolo è presto fatto: nascono due nuovi dicasteri, il ministero per le Disabilità e quello del Turismo, precedentemente accorpato alla Cultura, mentre Draghi sceglie di tenere per sé la delega agli Affari europei, prima del ministro Enzo Amendola. I ministri più giovani del Draghi uno sono Luigi Di Maio, 34 anni, e Fabiana Dadone, che proprio il giorno della riconferma compie il 37esimo anno di età.


I tecnici, quindi, costituiscono il 35% dell’esecutivo. Tuttavia, il loro peso si sostanzia non nel numero, ma nella tipologia di dicastero assegnatigli: il Recovery Plan sarà gestito quasi in toto da personalità slegate dai partiti. Economia, Transizione ecologica, Infrastrutture, Innovazione avranno voce determinante nella gestione dei fondi europei. Inoltre, Draghi ha scelto di assegnare la tecnica Marta Cartabia al delicato dicastero della Giustizia e di riconfermare a Luciana Lamorgese gli Interni.

Con una voce di spesa complessivamente inferiore, va detto che anche Agricoltura, Turismo e Lavoro, assegnati ai politici, giocheranno un ruolo nella gestione del Recovery Plan. L’equilibrio, però, Draghi l’ha costruito non solo tra tecnici e politici, ma anche nel bilanciamento dei dicasteri assegnati ai partiti. Il Movimento 5 stelle, forza parlamentare più ampia, esprime quattro ministri. Il Partito democratico, la Lega e Forza Italia ne ottengono tre.

Matteo Renzi, che ha innescato la crisi di governo e si è intestato il merito di aver portato Draghi a palazzo Chigi, incassa una batosta: Italia Viva perde una casella rispetto al precedente governo. È probabile che ci sarà una compensazione nella partita dei viceministri e dei sottosegretari. Leu conserva, con Roberto Speranza, l’importante ministero della Salute. Azione e +Europa, infine, non hanno avuto nessun dicastero.

L’unico equilibrio che, ancora una volta, non è stato raggiunto con sufficiente fermezza è quello tra donne e uomini al governo. Le ministre, otto, costituiscono soltanto il 35% della compagine del governo Draghi. Dei partiti che hanno avuto tre ministeri, solo Forza Italia ha portato al governo due donne, Mariastella Gelmini e Mara Carfagna. Sorprende, invece, che il Partito democratico abbia contribuito con tre nomi maschili. La discontinuità, se non si evidenzia alla Salute come chiedevano più partiti della maggioranza, almeno numericamente c’è: solo nove ministri sul totale di 23 hanno fatto parte del governo Conte due.

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