In Abruzzo è emergenza varianti: «Ospedali e pronto soccorso sotto pressione. Trentenni gravi tra i pazienti»

La regione è sotto attacco per la mutazione “inglese” del virus. Parla il capo della task force anti-Covid: «Ha una maggiore capacità di aggressione su bambini e soggetti più giovani»

Eccolo, il lockdown – per combattere i contagi e la velocità di diffusione della variante scoperta in Inghilterra: le province di Chieti e Pescara sono in zona rossa per due settimane, mentre quelle di L’Aquila e Teramo in arancione. Insieme alla provincia di Perugia, l’Abruzzo, con Pescara in testa, diventa quindi tra le aree al momento di maggior diffusione della variante che qui arriva a interessare il 65% (a livello nazionale la percentuale scende al 18%), mentre l’arrivo del ceppo è appena stato annunciato ufficialmente, tra l’altro, anche nel Lazio.


Gli ospedali e i pronto soccorso sono letteralmente in tilt, ma 15 giorni di lockdown locale «potrebbero essere una prima risposta», racconta a Open il referente regionale per le emergenze e direttore del Pronto soccorso, Alberto Albani, a capo della task force regionale anti-Coronavirus. «Vediamo anche cosa si decide a livello nazionale». Già, perché una serrata in tutta Italia sarebbe «auspicabile: la situazione è davvero devastante e sull’orlo del dramma», aggiunge Albani.


La variante

Il Pronto Soccorso di Pescara è in Italia tra quelli «con i numeri più alti di accessi di tutto il Paese», aggiunge. «Abbiamo numeri impressionanti. E il Covid ha messo in crisi la struttura». A Pescara, la zona più colpita: «Abbiamo 280 persone ricoverate di cui 32 intubate», racconta. Età media 60-65 anni: un dato più basso rispetto alla prima ondata, condizionato dall’arrivo di pazienti trentenni e a volte anche più giovani. «Dobbiamo fare uno sforzo importante per trovare i posti letto. Avevamo predisposto un Covid hospital all’interno dell’area ospedaliera di 150-160 posti letto: non bastano, e siamo stati costretti a ricorrere ad altre strutture», dice ancora Albani.

Da marzo 2020 a oggi le cose sono cambiate: «Abbiamo notato un cambiamento significativo con la comparsa della variante scoperta in Inghilterra, che ha fatto aumentare il numero di contagi nell’ultimo periodo in maniera consistente», prosegue il capo della task force regionale anti-Covid. «E abbiamo notato non solo una maggiore diffusività del virus ma anche quadri patologici più gravi».

La variante, dice Albani, ha «una maggiore capacità di aggressione sull’infanzia e anche sui soggetti più giovani». E mentre nella prima ondata la fascia di persone colpite era soprattutto quella dei 70enni e degli 80enni, «ora il contagio comincia a spostarsi su persone tra i 40, 50, 60 anni, ma anche soggetti di 30-35 anni», con una lieve prevalenza di uomini. «Il quadro è cambiato, ed è certamente più grave», dice Albani.

In Abruzzo «stiamo assistendo a una progressiva sostituzione: i contagi da ceppo “classico” vengono soppiantati da quelli da variante scoperta in Inghilterra», spiega a Open Liborio Stuppia, direttore del laboratorio di Genetica molecolare dell’Università di Chieti. Da dicembre «i casi sul territorio sono pian piano aumentati. E nell’ultima settimana abbiamo visto un passaggio dal 50% al 60%. Fino a ieri, quando il dato era al 65%: giorno dopo giorno i positivi sono sempre più rappresentati dalla variante inglese rispetto al ceppo originale», racconta il professore.

I dati

Il caso Abruzzo parte da lontano: il 22 dicembre 2020, al laboratorio di Genetica molecolare dell’Università di Chieti cominciano a emergere le prime evidenze sul territorio di una nuova variante. Accade lo stesso, contemporaneamente, anche all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise Giuseppe Caporale di Teramo. «Abbiamo lavorato sul territorio in due e anche grazie a questo siamo riusciti a delineare in maniera appropriata la situazione».

Con la segnalazione all’Iss arriva poi la conferma: in Abruzzo da fine dicembre ha cominciato a circolare anche la variante che è stata scoperta in Inghilterra. Una mutazione del virus che arriva fino al 75% in più di infettività: quasi il doppio della probabilità di contagiarsi se si entra a contatto di una persona positiva rispetto al ceppo “classico”. «Il numero delle persone infette, a parità di comportamento aumenta», spiega Stuppia. «E siccome a loro volta gli infettati sono anche più infettanti, diventa una situazione logaritmica».

«Speriamo che la zona rossa locale nell’area metropolitana di Pescara e Chieti aiuti», commenta Albani. «Alla variante inglese si è sommato l’effetto del comportamento non esattamente “corretto” della popolazione di due weekend fa. Ora a dieci giorni di distanza cominciamo a vedere i risultati», spiega. «Un anno di chiusura ha fatto sì che, anche comprensibilmente, i comportamenti virtuosi vengano meno».

Appello al lockdown

Una settimana fa il presidente della Regione Marco Marsilio ha chiuso fino al 21 febbraio la didattica in presenza alle superiori. E il sindaco di Chieti, Carlo Masci, annuncia in queste ore la sospensione – insieme ai comuni di Montesilvano, Spoltore e Città Sant’Angelo – per le scuole di ogni ordine e grado fino al 28 febbraio.

«Capisco esistano ragioni socioeconomico e psicologiche, ma in questo momento, da un punto di vista socio-sanitario, vista la velocità con cui si diffonde il virus, un periodo di forte lockdown è meglio degli stop&go che stiamo facendo», commenta Liborio Stuppia. «Non sono un politico. Ma quello che non posso dire, da tecnico, è che è tutto uguale e che va tutto bene: non è così. A parità di condizioni, questa variante è più infettiva. E il sillogismo vuole allora che si provino a cambiare le condizioni di infettività, richiudendo tutti a casa per un periodo». Già in un mese la situazione si potrebbe ridimensionare. «Tanto, non è che con gli stop&go abbiamo salvato l’economia», chiosa il professore.

A un anno esatto, per il direttore, è il caso di ripensare a marzo come a un mese di lockdown e verificare poi l’andamento dei contagi. Per arrivare di nuovo, finalmente, al contact tracing. «Il ministero sta premendo sulla necessità dei test rapidi sulla popolazione. E sono d’accordo: il test rapido non è influenzato dalla variante e quindi vede la positività. L’antigienico è meno preciso, ma fungerebbe da strumento di screening su persone che non farebbero comunque il molecolare, perché sintomatiche. Questa è per esempio la strategia che sta seguendo la asl a Chieti».

In copertina ANSA / Federica Roselli | Lanciano, Chieti, 13 febbraio 2021

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