Doping, archiviato il caso Schwazer: «Non ha commesso il fatto. Provette manipolabili»

Secondo il magistrato Wada e Federazione mondiale di atletica avrebbero operato in maniera totalmente autoreferenziale, fino al punto di produrre dichiarazioni false

Il gip di Bolzano, Walter Pelino, ha archiviato le accuse di doping a carico di Alex Schwazer per «non aver commesso il fatto». I fatti risalgono al primo gennaio del 2016, quando all’ex marciatore azzurro – già squalificato per doping nel 2013 – venne nuovamente contestata la positività a un controllo. Nell’agosto dello stesso anno gli vennero comminati otto anni di squalifica per recidiva. A dicembre del 2020, tuttavia, la procura di Bolzano aveva chiesto l’archiviazione del procedimento penale.


Sin dall’inizio, il secondo caso Schwazer (la squalifica sportiva rimane fino al 2024) era stato poco chiaro, con il coinvolgimento dell’Agenzia mondiale antidoping (Wada), della Federazione mondiale di atletica leggera (World Athletics, ex Iaaf) e del laboratorio di analisi antidoping di Colonia, in Germania, dove le provette del controllo “incriminato” rimasero dal 2 gennaio 2016 fino al febbraio del 2018, quando finalmente vennero consegnate alle autorità italiane incaricate di prelevarle.


Le motivazioni dell’archiviazione

Non a caso, nelle motivazioni del provvedimento con cui ha disposto l’archiviazione, il gip di Bolzano scrive che «la catena di custodia dei reperti in perizia è di fatto del tutto evanescente». E stigmatizza il comportamento tenuto dalla Wada e dalla Federazione mondiale di atletica: «Hanno operato in maniera totalmente autoreferenziale, non tollerando controlli dall’esterno fino al punto di produrre dichiarazioni false».

Per il gip risulta quindi nei fatti «che la manipolazione delle provette che lo scrivente ritiene provata con altro grado di probabilità razionale, avrebbe potuto avvenire in qualsiasi momento a Stoccarda come a Colonia (nel locale degli uffici dell’agenzia incaricata del prelievo o nel laboratorio del controllo, ndr), ove si è dimostrato esservi provette non sigillate dunque agevolmente utilizzabili alla bisogna».

Il giudice conclude ritenendo con un «alto grado di credibilità razionale che i campioni d’urina prelevati a Alex Schwazer l’1-1-2016 siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi e dunque di ottenere la squalifica e il discredito dell’atleta come pure del suo allenatore, Sandro Donati». Viene infine affrontato il tema dei comportamenti di Wada e Iaaf: «Sussistono forti evidenze del fatto che nel tentativo di impedire l’accertamento del predetto reato siano stati commessi una serie di reati che di seguito si elencano: falso ideologico, frode processuale, falso ideologico finalizzato a coprire il precedente falso; falso ideologico, frode processuale e diffamazione».

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