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L’Ema dà l’ok a Johnson & Johnson. Come funzionerà (e quando arriverà) il primo vaccino monodose

11 Marzo 2021 - 14:31 Giada Giorgi
Caratteristiche, efficacia e importanza per il piano italiano del quarto vaccino approvato in Europa

L’Agenzia europea per i medicinali ha dato il via libera al quarto vaccino anti Covid in Ue che, dalle prossime settimane, potrà essere distribuito e utilizzato. Si tratta dello Janssen, il vaccino monodose sperimentato e prodotto dall’azienda statunitense Johnson&Johnson che lo scorso 17 febbraio aveva presentato a Ema i dati necessari alla valutazione del farmaco candidato. Il Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) oggi ha espresso parere positivo sull’efficacia e la sicurezza del vaccino americano, il primo monodose di cui l’Europa potrà servirsi per tentare di accelerare la campagna di vaccinazione. La fornitura che la Commissione europea si aspetta per i Paesi membri è pari a 200 milioni di dosi entro il 2021. Di queste, 27 milioni saranno destinate all’Italia. Già nel secondo trimestre dell’anno, Johnson&Johnson dovrebbe consegnare 55 milioni di dosi per l’Europa, 7 milioni e 300 mila per l’Italia, ma tempistiche e dosi potrebbero non essere rispettate.

Quanto è efficace?

Il vaccino di J&J utilizza un comune virus del raffreddore, noto come adenovirus di tipo 26, per introdurre le proteine del Coronavirus nelle cellule del corpo e innescare una risposta immunitaria. Nella fase 3 di sperimentazione è stato testato su 43.783 soggetti appartenenti a diverse fasce d’età e differenti Paesi del mondo. Il 44% dei partecipanti proveniva dagli Stati Uniti, il 41% dall’America centrale e meridionale e il 15% dal Sud Africa. L’efficacia media raccolta da questi test portati avanti in parallelo è stata del 66%. Una percentuale che invece è salita all’85% nei casi gravi di infezione, al 100% nella prevenzione dei casi di morte.

Come si somministra?

Il quarto vaccino autorizzato da Ema è un monodose. A differenza dunque degli altri tre vaccini approvati, per lo Janssen sarà sufficiente una sola iniezione, senza la necessità di un richiamo dopo un determinato arco di tempo. A 7 giorni dalla somministrazione della singola dose comincerà la produzione di anticorpi, mentre la protezione completa contro le forme gravi di Covid, pari all’85%, sarà garantita al 28esimo giorno di distanza.

Come si conserva?

Oltre alla singola somministrazione, il vaccino di Johnson&Johnson ha il vantaggio di poter essere conservato a normali temperature di frigorifero: dopo lo scongelamento, sarà sufficiente tenere le dosi in un ambiente dai 2° agli 8°C per una durata di 3 mesi. Da congelate invece le fiale potranno essere conservate a – 20 gradi per 2 anni. Niente a che vedere con i limiti di conservazione a – 70° C del farmaco Pfizer. Proprio come per il vaccino di AstraZeneca, anche lo Janssen verrà destinato all’utilizzo dei medici di base e di tutti gli ambienti non ospedalieri coinvolti nella sempre più urgente vaccinazione di massa.

È efficace contro le varianti?

Le sperimentazioni del vaccino Janssen sono state eseguite anche in Sudafrica e in Brasile nel periodo in cui le varianti del virus si erano già diffuse. I dati dell’ultimo trial hanno registrato un’efficacia media del 66% sia su casi gravi che su forme moderate di contagio provocato dalle mutazioni di Covid-19.  

Va bene per tutte le età?

Il primo vaccino monodose a ricevere il via libera in Europa è stato sperimentato su 45 mila persone dai 18 agli oltre 60 anni di età. Il 41% di questi presentavano una o più patologie croniche come diabete, malattie cardiovascolari e obesità. Alla luce di questi dati e a differenza delle difficoltà iniziali incontrate dal farmaco Astrazeneca per la fascia d’età degli over 55, Janssen potrà quindi essere somministrato senza alcuna limitazione rispetto alle categorie testate durante la sperimentazione. L’azienda ha anche annunciato di voler partire a breve con i test sugli under 18 su cui per ora non si hanno dati. Va da sé che il vaccino autorizzato non sarà al momento utilizzabile su adolescenti e bambini.

Le consegne avverranno in tempo?

Poco meno di tre giorni fa l’agenzia americana Reuters ha diffuso la notizia di possibili difficoltà di Johnson&Johnson nel garantire la fornitura di vaccino anti Covid promessa all’Ue. L’azienda americana avrebbe infatti comunicato alla Commissione di una problemi nella produzione e quindi nella consegna dei 55 milioni di dosi accordate. Mettendo così a rischio anche per l’Italia l’arrivo dei 7 milioni promessi entro giugno. Subito dopo la fuga di notizie Johnson&Johnson si è preoccupata di smentire con tanto di nota ufficiale: «In linea con il nostro accordo con la Commissione Ue, manteniamo l’impegno a fornire 200 milioni di dosi del vaccino Janssen COVID-19 nel 2021, a partire dal secondo trimestre». La casa farmaceutica ha poi ribadito la complessità della sfida garantendo però l’attivazione di nuovi siti di produzione «nei tempi più rapidi possibili».

Non sarà una rassicurazione però a sciogliere il preoccupante nodo del rischio ritardi. Con un piano vaccinale vittima di continui ritardi da parte di tutte le aziende produttrici finora autorizzate, la notizia del via libera al farmaco Johnson&Johnson viene inevitabilmente già macchiata da un’incertezza non di poco conto. L’elemento che tra tutti non rassicura è il fatto che l’azienda non abbia fornito dati precisi sui tempi di consegna dei diversi lotti, esponendosi nella garanzia dell’unico vincolo ad oggi riconosciuto e cioè quello di fornire il totale delle dosi promesse «entro il secondo trimestre 2021».

L’identico scenario, in buona sostanza, delle condizioni garantite settimane fa anche dalle stesse Pfizer, AstraZeneca e Moderna tutte e tre poi responsabili di grossi ritardi di produzione e consegna. Come se non bastasse, poche ore fa il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato di aver comprato altre 100 milioni di dosi da Johnson&Johnson, promettendo di condividere con il resto del mondo un eventuale disavanzo di dosi. Negli Usa, dove il vaccino Janssen è già stato approvato dall’Fda il 27 febbraio scorso ad uso d’emergenza, dovrebbero dunque arrivare ulteriori dosi dalla stessa azienda che avrebbe comunicato all’Europa difficoltà nella produzione.

Quanto è importante per il piano vaccinale italiano?

L’attuale obiettivo del governo Draghi è quello di vaccinare tutti gli italiani che lo vorranno entro l’estate. Uno scenario ottimistico che il ministro della Salute Roberto Speranza ha dichiarato di poter raggiungere con circa 50 milioni di dosi attese, entro giugno, da parte di tutte e quattro le aziende dei vaccini al momento autorizzati, più quello della tedesca Curevac e del russo Sputnik V, ancora in fase di approvazione. Tra le forniture su cui il Paese al momento conta di più c’è proprio quella del vaccino Janssen che, dopo l’ok dell’Ema, ora dovrà attendere il via libera anche dall’Agenzia italiana del farmaco. Nel piano vaccini che Mario Draghi ha in mente, il farmaco di Johnson & Johnson verrebbe destinato, viste le caratteristiche vantaggiose di conservazione, ai medici di base per incentivare l’urgente accelerazione nella vaccinazione di massa.

Se la bozza del nuovo piano vaccinale venisse confermata, lo Janssen sarebbe centrale per garantire il nuovo criterio di fasce d’età in ordine decrescente pensato dal governo. Escluse le poche categorie prioritarie riconosciute dalla nuova strategia (oltre agli over 80, docenti e forze armate già in atto, solo quella degli estremamente vulnerabili) la vaccinazione di massa partirà con i 79enni. Per arrivare alla copertura promessa di oltre 20 milioni di persone vaccinate entro l’estate e all’immunità di gregge da raggiungere entro l’autunno, i 27 milioni di dosi Janssen saranno una delle principali risorse a cui il Paese si affiderà, nella speranza di vedere rispettati tempi e promesse.

L’altro punto, tutt’altro che secondario, sarà quello di essere in grado di sostenere l’arrivo di una tale quantità di carico. I frigoriferi, si spera, pieni di dosi dovranno essere svuotati in tempi brevi con una capacità logistica finalmente potenziata. Hub, ritmi di somministrazione e personale dovranno concorrere a scongiurare quello che è già successo con le dosi di Astrazeneca, arrivate (in ritardo) su territorio nazionale e, nonostante tutto, rimaste inutilizzate per settimane.

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