La vitamina D è davvero efficace contro la Covid19?

Una ricerca pubblicata sulla rivista Respiratory Research svolta dall’Istituto superiore di sanità e l’ospedale Sant’Andrea di Roma su 52 pazienti ha creato un po’ di confusione. Facciamo chiarezza

«Vitamina D contro il Covid: la svolta da un nuovo studio italiano» titola Yahoo Notizie riguardo una ricerca pubblicata sulla rivista Respiratory Research svolta dall’Istituto superiore di sanità e l’ospedale Sant’Andrea di Roma su 52 pazienti. Il titolo, tuttavia, risulta a rischio interpretazione visto quanto alcuni ambienti avevano affermato in passato su presunte qualità nel contrasto al Sars-Cov-2. Gli stessi autori della ricerca non confermano affatto la tesi antivirale.

Bisogna leggere il primo paragrafo dell’articolo per comprendere di che cosa stiamo parlando: «Avere una carenza di questa sostanza, secondo i ricercatori, sembra predisporre a una malattia più grave coloro che hanno contratto il Covid». Il problema sollevato riguarda chi soffre di una carenza di vitamina D che non risulta essere un problema estremamente diffuso a meno che non siamo una popolazione di vampiri.

Per chi ha fretta

  • La ricerca italiana non dimostra che la vitamina D sia efficace contro la Covid19.
  • La ricerca considera il problema relativo alla carenza di vitamina D e dunque di chi realmente ne avrebbe comunque bisogno indipendentemente dalla malattia.
  • L’assunzione della vitamina D in una situazione di non carenza potrebbe risultare dannoso.

Analisi

La vitamina D, così come per la vitamina C, è stata pubblicizzata come la soluzione contro la Covid19. Non ci sono prove, così come studi seri, che queste vitamine possano contrastare il virus, mentre il tema riguarda le carenze che creano problemi di altro genere che non aiutano affatto un paziente già malato. Ecco quanto correttamente riportato nell’articolo di Yahoo Notizie:

I ricercatori. ad ogni modo, hanno evidenziato che “è difficile sostenere se l’integrazione di vitamina D possa svolgere un ruolo nel combattere la gravità della malattia e ridurre la sua mortalità, ma può essere una raccomandazione utile e sicura per quasi tutti i pazienti”.

Francesco Facchiano, ricercatore dell’Iss e coautore dello studio, ha affermato: “Nella nostra indagine abbiamo correlato, per la prima volta, i livelli plasmatici di Vitamina D a quelli di diversi marcatori (di infiammazione, di danno cellulare e coagulazione) e ai risultati radiologici tramite Tac durante il ricovero per Covid-19 e abbiamo osservato che i pazienti con bassi livelli plasmatici di Vitamina D, indipendentemente dall’età, mostravano una significativa compromissione di tali valori, vale a dire risposte infiammatorie alterate e un maggiore coinvolgimento polmonare”.

I risultati della ricerca, pubblicata il 3 marzo su Respiratory Research, sembrano confermare quanto gli autori si aspettavano anche per l’infezione associata al nuovo Coronavirus. Una delle questioni più dibattute attorno alle forme gravi di Covid19 è riuscire a capire in che modo si scatena quella catena di eventi che porta alla tempesta di citochine, tipica delle infiammazioni polmonari associate alla malattia. Recenti studi suggeriscono che possa giocare un ruolo una azione scoordinata delle principali linee di difesa del nostro Organismo.

Il Prof. Silvio Garattini, Presidente dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, rispondendo alle domande degli utenti durante una diretta Facebook organizzata da Patto Trasversale per la Scienza (PTS) risponde così in merito alla questione vitamina D e Covid19:

Pensate che spendiamo qualcosa come 200 milioni all’anno, 200 milioni di euro all’anno, per comperare a carico del servizio sanitario nazionale vitamina D senza che vi sia alcuna prova della sua efficacia, se non in soggetto che mancano della vitamina D, ma basta stare un po’ al Sole perché si abbia la vitamina D necessaria, basta avere una dieta equilibrata per avere tutta la vitamina D che ci serve.

[…] Teniamo presente che il Covid è un’occasione per smerciare tutto quello che c’è in farmacia che si cerca di far prendere alle persone che spendono inutilmente soldi per cose che in realtà non hanno significato.

In merito al sistema immunitario? Ecco la risposta:

Non ci sono prove. Dire sistema immunitario vuol dire una cosa che è fatta di decine e decine di processi, di molecole, di cellule, per cui è un’addizione senza senso. Non ha veramente senso parlare di immunologia, bisogna specificare quali aspetti dell’immunologia e qui non abbiamo assolutamente dei dati perché attivare le difese immunitarie qualche volta può essere anche dannoso. Non sempre è efficace come si pensi.

Nel suo intervento, il Prof. Garattini spiega quanto sia possibile ottenere anche effetti negativi dall’assunzione di vitamina D nonostante non ce ne sia bisogno, pertanto bisogna stare veramente attenti a non assumerne senza esserne certi.

Nel sito dell’AIRC, la Fondazione per la ricerca sul cancro, leggiamo una nota in merito alla vitamina D e la Covid19:

La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente rafforzato l’interesse dei medici e dei ricercatori nei confronti della vitamina D. In un commento pubblicato nel mese di agosto 2020 su Lancet Diabetes and Endocrinology si sottolinea infatti come le categorie di persone maggiormente a rischio di sviluppare forme gravi di Covid-19 (quelle obese o in età avanzata) siano in molti casi le stesse in cui di solito si registra una carenza di vitamina D. Si tratta però, come in tutti i casi di correlazione, di ipotesi il cui possibile nesso di causa ed effetto è ancora da verificare. L’osservazione ha però spinto alcuni ricercatori a pensare che proprio la vitamina D possa avere un ruolo nella prevenzione e nel trattamento della malattia causata dal nuovo coronavirus.

In effetti, le conoscenze attuali sui meccanismi d’azione della vitamina D potrebbero sostenere l’ipotesi: la molecola è coinvolta nelle reazioni immunitarie contro i virus e inoltre regola le risposte antinfiammatorie in caso di malattie respiratorie. “È possibile che aumentare i livelli di vitamina D possa ridurre l’impatto del Covid-19, soprattutto nelle popolazioni dove i livelli sono in genere scarsi” concludono gli autori, sottolineando che la raccomandazione varrebbe per chi ha un livello di vitamina D particolarmente basso.

Il problema, ancora una volta, è la mancanza di prove che dimostrino – a distanza di ormai un anno dall’inizio dell’emergenza sanitaria a livello mondiale – un’efficacia della vitamina D nei malati Covid19, tranne nel caso più che ovvio delle persone che ne soffrono la carenza. Nulla di nuovo e anche la ricerca italiana svolta e citata in questi giorni parla di questa condizione:

Vitamin D deficiency is associated with compromised inflammatory responses and higher pulmonary involvement in COVID-19 affected patients. Vitamin D assessment, during COVID-19 infection, could be a useful analysis for possible therapeutic interventions.

Ecco quanto riportato nelle conclusioni del documento:

Although an inverse correlation between plasma VitD and all causes of mortality in healthy or general medical clinic cohorts has been described in particular in the lowest quantile (0–9 ng/ml), the effect of VitD deficiency in COVID-19 progression or disease severity is far to be assessed. Our data underline a relationship between VitD plasma levels and different serum markers of disease. At the moment it is difficult to argue if VitD supplementation can play a role in fighting the severity of the disease as well as reducing its mortality, but it may be a useful as well as a safe recommendation for almost all patients.

Insomma, anche in questo caso l’effetto della carenza (ripetiamo, carenza) della vitamina D nella progressione della Covid19 o nella gravità della malattia deve essere ancora valutato.

Conclusioni

Stiamo parlando di un lavoro pubblicato a inizio marzo che fornisce un ulteriore tassello a tematiche già trattate in merito ai pazienti che presentano una carenza di vitamina D, una situazione clinica che può portare a diversi problemi. La ricerca svolta, come spiegato nelle conclusioni della stessa, non permette in alcun modo di sostenere se la somministrazione di vitamina D possa svolgere un ruolo nel combattere la Covid19 o ridurne la mortalità.

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