Draghi alle Regioni: «Ne usciamo solo se siamo sinceri». Bonaccini: «Sui vaccini non è mancata l’organizzazione, ma le dosi»

Dopo le tensioni degli ultimi giorni, il faccia a faccia tra il premier e i governatori. Ecco com’è andato il confronto

Il clima non è scoppiettante, ma nemmeno sereno: qualche dubbio sulla «leale collaborazione tra Stato e Regioni» l’aveva sollevato Mario Draghi nel suo discorso al Parlamento. «Persistono purtroppo importanti differenze, che sono molto difficili da accettare – aveva detto il presidente del Consiglio -. Mentre alcune seguono le disposizioni del Ministero della Salute, altre trascurano i loro anziani in favore di gruppi che vantano priorità probabilmente in base a qualche loro forza contrattuale». Accuse pesanti, che avevano indignato i presidenti delle Regioni, con Stefano Bonaccini che aveva chiesto un incontro urgente al presidente del Consiglio.


Draghi: «Siamo tutti impegnati nella stessa direzione»

Oggi, 29 marzo, quell’incontro c’è stato. A prendere parola è subito Draghi: «È uno straordinario piacere poterci incontrare, anche se in video», esordisce. Senza tergiversare, dichiara di voler tornare «su quella frase pronunciata in Parlamento. Sono convinto che soltanto attraverso un sincero rapporto tra Stato e Regioni riusciremo a vincere questa battaglia. Siamo tutti impegnati nella stessa direzione: assicurare la salute, ricominciare con le attività economiche e scolastiche. Siamo ben lontani da una completa riapertura, ma ciò che voglio dire oggi è che possiamo guardare al futuro con un certo ottimismo».


Poi, Draghi dice che la campagna vaccinale «sta migliorando. Alcuni obiettivi ormai non sembrano così tanto lontani: la Commissione europea ha assicurato che le forniture di vaccini saranno sufficienti per garantire in Europa l’immunità entro il mese di luglio». Il capo dell’esecutivo si rivolge ai presidenti sottolineando che «l’aspetto fondamentale di questa collaborazione è che lo Stato farà di tutto per rispondere alle vostre esigenze. Mi avete fatto presente che manca personale per le vaccinazioni, contate sullo Stato, contate sul governo, contate su di me». In chiusura, Draghi ricorda ai governatori che l’8 aprile ci sarà un nuovo incontro tra Stato e Regioni per discutere del Recovery Plan.

Bonaccini: «Che colpe hanno avuto le Regioni?»

Subito dopo il presidente del Consiglio, interviene il presidente della Conferenza e governatore dell’Emilia-Romagna, Bonaccini: «Grazie per la solerzia – afferma, in riferimento alla sua richiesta di incontro urgente fatta pervenire a Draghi -. Se ci sono state incomprensioni, noi crediamo che le Regioni abbiano avuto poca responsabilità. Può essere che qualche errore ci sia stato, magari con le prenotazioni, ma le priorità della campagna vaccinale sono state definite insieme al governo, ai ministri competenti. Il balletto su AstraZeneca, poi, ha fatto il resto: prima i vaccini agli under 55, poi agli under 65, poi si è esteso a tutti, poi non si è potuto utilizzare per cinque giorni. Tra l’altro, uno stop incomprensibile».

I toni di Bonaccini non sono polemici, ma duri sì: «Alle Regioni, presidente, servono dosi di vaccino. Quella che è mancata non è stata l’organizzazione delle Regioni. Sono mancate le dosi di vaccino». Arrivando alle questioni relative agli acquisti dei farmaci, Bonaccini rivolge una serie di domande a Draghi: «Le Regioni possono o meno acquistare i vaccini? Vogliamo una parola di certezza. Perché, se ciò fosse consentito, è chiaro che diventerebbe un tema di interesse nazionale. Presidente, può una Regione acquistare i vaccini per sé? E come la metteremmo, nel caso, con quelle Regioni che non sono in grado di acquistarli?».

Più informazioni sulla tipologia di vaccini

«Abbiamo appreso la notizia che a metà aprile arriverà in Italia il vaccino Johnson & Johnson – aggiunge poi Bonaccini -. In totale, se le vostre cifre fossero confermate, avremmo 130 milioni di dosi da qui a settembre. Stiamo parlando addirittura di un numero di vaccini superiore alla popolazione da vaccinare». In tal senso, il presidente della Conferenza cerca conferme da Draghi, ma lo sollecita anche sulla chiarezza riguardo alle forniture: «Non sarà indifferente la tipologia di vaccini che arriveranno, quando arriveranno e in quale quantità. Una programmazione seria può essere fatta solo se in possesso di queste informazioni, visto che cambia, ad esempio, numero di dosi e intervalli di tempo di somministrazione di queste ultime».

Toti: «Partiti con le primule, finiti da tutt’altra parte»

«Errori ci sono stati da tutte le parti». Inizia così il suo intervento Giovanni Toti. Il presidente della Liguria e vicepresidente della Conferenza appoggia quanto detto da Bonaccini e aggiunge: «Il piano vaccinale è partito con le primule, poi è finito da tutt’altra parte. Andando avanti si sbaglia, l’importante è correggere la rotta». La richiesta che fa Toti a Draghi a quella di «allargare la platea di persone che combattono il Covid», essendoci sempre gli stessi «medici, infermieri e operatori sanitari in prima linea, da oltre un anno». Insomma, più risorse umane per rispondere all’emergenza e dare fiato ai professionisti del settore stremati. «La programmazione dei vaccini è fondamentale. Dobbiamo programmare, tuttavia, su varie linee di prodotto: per questo sapere quali tipi di vaccini arrivano agevola il lavoro di programmazione, che è tra i più faticosi».

Fedriga: «Avevate promesso più personale per i vaccini»

A proposito dei professionisti di area medica, il governatore del Friuli-Venezia Giulia si lamenta con il governo centrale poiché «alla Regioni era stato garantito dal precedente esecutivo che non avrebbero dovuto impiegare il loro personale sanitario per la campagna vaccinale, in quanto già impegnato nella tenuta ospedaliera». A dicembre, ricorda, il governo promise che sarebbe stato arruolato dallo Stato personale aggiuntivo per i vaccini. «Quello arrivato ad oggi – aggiunge Massimiliano Fedriga -, è insufficiente e, in alcuni casi, non professionalmente adeguato – e fa l’esempio di medici troppo anziani per fare turnazione -. Le Regioni stanno facendo uno sforzo enorme per organizzare gli hub», conclude sul tema. Poi, rifacendosi alla tematica degli errori a cui ha accennato anche Toti, Fedriga tira una stoccata al governo: «Volevo assicurarvi che chi opera sul territorio, facendo i vaccini, degli errori potrà pure commetterli. Chi, invece, impiega il tempo a raccontare come si fanno i vaccini, non può fare errori. Se iniziamo, ad esempio, a buttare dei numeri in giro senza la giusta interpretazione, non facciamo altro che esporci a strumentalizzazioni».

Zaia: «Lo Stato stabilisca le categorie prioritarie»

Anche Luca Zaia rimarca la promessa mancata di personale per le vaccinazioni. Poi, solleva la questione delle priorità vaccinali: «C’è una polemica strisciante e pericolosa circa le categorie da vaccinare. Stiamo vaccinando persone appartenenti ad alcune professioni, e potevamo evitare di farlo. L’unica vera priorità ce l’avevano il personale sanitario e gli ospiti delle Rsa. Poi andava a scemare». Il presidente del Veneto cita, a mo’ di esempio, avvocati e magistrati. E aggiunge: «Lo dico da autonomista. Io voglio che si scelgano tutti insieme le categorie prioritarie. Per me va benissimo: che lo si decreti, lo si scriva, così da Roma non si fa finta di non sapere come vadano le cose, servendo poi assist alle polemiche».

Speranza su Astrazeneca: «Solo 17 persone su 30mila dello studio clinico avevano tra i 55 e i 65 anni»

Il ministro della Salute, rispondendo in merito ai tentennamenti sul vaccino Astrazeneca, riporta ai governatori un dato riguardante lo studio clinico che ha portato all’approvazione del vaccino anglo-svedese: «Con il senno di poi, certo che era meglio somministrarlo a tutti. Ma per essere trasparenti, sappiate che lo studio clinico di Astrazeneca si è basato su 30mila casi. Nessuna delle persone che vi hanno partecipato aveva un età superiore ai 65 anni e solamente 17 persone su 30mila avevano un’età compresa tra i 55 e i 65. È chiaro che le agenzie regolatorie – italiane, spagnole, francesi – abbiano avuto un atteggiamento cautelativo». Riguardo all’utilizzo degli anticorpi monoclonali, Roberto Speranza confida ai governatori: «Mi sono assunto la responsabilità di firmare l’autorizzazione senza copertura dell’Ema. E sono il secondo ministro ad averlo fatto, dopo solo quello tedesco».

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