Il vaccino Johnson & Johnson causa gravi danni alla pelle? Spieghiamo il rarissimo caso americano

Una reazione estremamente rara quella riscontrata da un 74enne americano, ma che riguarderebbe un fattore genetico e una lunga lista di farmaci anche contro il mal di testa

Da fine marzo 2021 circolano le immagini di un cittadino americano colpito da una grave reazione a seguito della somministrazione del vaccino Johnson & Johnson, così descritta: «la pelle dell’uomo brucia, si gonfia, quindi si stacca». Reazioni simili sono già note anche per una serie di altri prodotti farmaceutici e restano casi estremamente rari.

Il protagonista di questa storia è il 74enne Richard Terrell della Virginia, il quale sta bene e continua a consigliare il vaccino nonostante si sia visto costretto all’ospedalizzazione al fine di non mettere a rischio la sua salute e la sua stessa vita. Spieghiamo il perché e come mai il tweet in esame è un chiaro esempio di disinformazione sostenuto dal sito Thegatewaypundit.

Per chi ha fretta

  • Si tratta di una reazione estremamente rara nota nel mondo della medicina.
  • Può essere innescata da diversi farmaci, come antibiotici e il paracetamolo.
  • Insieme alla reazione al farmaco si considera anche il patrimonio genetico del paziente.

Analisi

La fonte del tweet è un articolo del sito Thegatewaypundit.com, un sito di news polarizzate che in passato aveva diffuso notizie false sulle elezioni americane del 2020.

Richard Terrell aveva ricevuto lo scorso 6 marzo 2021 il vaccino monodose di Johnson & Johnson per poi ritrovarsi, pochi giorni dopo, un’eruzione cutanea pruriginosa su tutto il corpo. Venne portato in pronto soccorso e ricoverato per trattare il suo problema che, in caso contrario, poteva metterlo in serio pericolo. Dopo qualche giorno di ospedalizzazione, è tornato a casa per poi poter raccontare la sua esperienza a 8News. Secondo quanto riscontrato dai medici, tra i quali il Dott. Nutan del Dermatology Hospitalist, la reazione ottenuta da Terrell potrebbe derivare dal suo patrimonio genetico e dal tipo di vaccino.

Quella riscontrata da Tarrell ricorda molto la Sindrome di Lyell (o necrolisi epidermica tossica e “parente” alla sindrome di Stevens Johnson), che può essere innescata da diversi farmaci, per lo più antibiotici. Ecco quanto riportato dal sito dell’Ospedale Niguarda di Milano:

Sulfamidici (una classe di antibiotici), farmaci antinfiammatori non steroidei, diclofenac, ma anche alcuni farmaci antiepilettici, gli antibiotici della classe delle cefalosporine, delle penicilline e dei chinolonici, l’allopurinolo (usato contro la gotta) e la nevirapina (per l’infezione da HIV), i dati raccolti fino ad oggi dicono che questi sono i farmaci a un più alto rischio. Non si sa ancora il perché ma la reazione sembra essere la conseguenza di un’abnorme attivazione a livello cutaneo dei messaggi di morte programmata cellulare (apoptosi). È come se un gran numero di cellule dello strato più superficiale della pelle, l’epidermide, ricevesse un comando di suicidio di massa. Ovviamente in futuro è imperativo evitare l’uso del farmaco che ha scatenato la reazione, ma è importante non farsi prendere dalla “fobia dei farmaci” nonostante la violenza della sindrome. La reazione è specifica per un determinato principio attivo: il paziente reagisce in modo abnorme solo in presenza di quella particolare molecola o di altre strettamente correlate dal punto di vista chimico. Qualsiasi altro farmaco non provoca alcuna reazione.

Come già spiegato anche dai medici del 74enne americano, la causa potrebbe essere anche genetica come riportato ancora dai medici del Niguarda:

La tendenza a sviluppare la reazione ha una probabile base genetica. Vi sono, inoltre, alcune situazioni che facilitano ulteriormente lo sviluppo delle due sindromi. Si tratta di condizioni in cui le difese immunitarie sono alterate, come nell’infezione da HIV, nei casi di radioterapia recente, in alcune malattie cosiddette autoimmuni (ad esempio il Lupus Eritematoso Sistemico, LES), in presenza di tumori.

Nel 2017 venne trattato il caso di un bambino di 9 anni che rischiò di morire a causa della sindrome di Lyell. Il principale accusato fu un vaccino, una narrativa spinta in particolar modo dai NoVax, ma la distanza temporale tra la reazione e il vaccino era molto ampia, trovando poi il colpevole in un farmaco contro l’emicrania:

L’Istituto Superiore di Sanità, dichiara che fra la data della vaccinazione (avvenuta l’11 agosto 2017) e la data di comparsa dei sintomi (avvenuti il 4 settembre 2017) è passato troppo tempo per poter parlare di una correlazione. L’Istituto attesta inoltre un mancato nesso causale, perché la sindrome di Lyell che ha portato al ricovero il piccolo, si verifica solo in casi molto rari ed eventualmente subito dopo la somministrazione del vaccino.

L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) conclude che la sindrome di Lyell che si è verificata nel bambino era dovuta ad una sostanza attiva – e precisamente all’Ibuprofene – contenuta nel medicinale. «E ricordiamo che al bambino è stato somministrato il farmaco quando si trovava tra le pareti di casa». Perchè aveva mal di testa.

Nel foglietto illustrativo del paracetamolo, ad esempio, la TEN (così viene sinteticamente chiamata la necrolisi epidermica tossica di cui parliamo in questo articolo) è tra i possibili eventi avversi:

Inoltre, chi assume il medicinale potrebbe manifestare i seguenti effetti indesiderati, per i quali non sono disponibili dati sufficienti per stabilire la frequenza.

– macchie rosse, lesioni bollose con aree di distacco della pelle, vesciche, eruzioni della pelle (eritema multiforme, sindrome di Stevens Johnson, necrolisi epidermica tossica)

Il sito Farmacovigilanza.eu è il portale del Centro Regionale di Farmacovigilanza della Regione Veneto, dove il 30 novembre 2020 riporta un case report di necrolisi epidermica tossica in una paziente Covid19, trattata con idrossiclorochina con una “terapia domiciliare”:

La donna, 78 anni, era affetta da sindrome cardiometabolica ed era in trattamento, oltre che con idrossiclorochina, con antibiotici, desametasone, paracetamolo, eparina a basso peso molecolare e potassio canrenoato. Dopo quasi 3 settimane dall’inizio della terapia, la paziente ha sviluppato un rash violaceo, che in un primo momento ha interessato le pieghe flessorie e si è poi esteso rapidamente, con formazione di vesciche e distacco cutaneo di approssimativamente il 70% della superficie corporea e coinvolgimento delle mucose. Per valutare la causalità è stato utilizzato l’algoritmo di ALDEN che ha rivelato che, tra i farmaci assunti dalla paziente nei 28 giorni precedenti l’esordio della sintomatologia, l’idrossiclorochina era il maggior indagato, a suggerire una maggior possibilità di un nesso causale.

Nulla di tutto ciò viene riportato nella fonte dell’autore del tweet citato in questo articolo. L’articolo di Thegatewaypundit.com cita come fonte WRIC, ma ha evitato di riportare molte delle informazioni utili ai lettori.

Conclusioni

Il caso in esame è singolare, estremamente raro, ma noto nel mondo della medicina. Come abbiamo potuto constatare, reazioni avverse possono accadere a seguito di una vaccinazione o della somministrazione di tanti altri farmaci, inclusi quelli che usate comunemente a casa contro il mal di testa senza neanche leggere il cosiddetto «bugiardino». Gli stessi protagonisti dell’accaduto, il 74enne americano Tarrell e il Dott. Nutan, non scoraggiano affatto la somministrazione del vaccino anti Covid19 vista la realtà dei fatti.

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