Correlazione, nesso, causalità: cosa ha detto davvero Ema su AstraZeneca

Il linguaggio utilizzato dall’Agenzia ha dato luogo a qualche fraintendimento sul vaccino di Oxford. Proviamo a fare chiarezza

Per tre volte di fila l’Ema ha escluso che esistano prove sufficienti per bloccare i lotti di Vaxevria (AstraZeneca). Eppure non sembra così. L’ente europeo ha parlato di una correlazione e i più hanno capito che si tratta di un collegamento causale, ma sono due cose totalmente diverse. Come spiegavamo il mese scorso, i casi di trombosi segnalati a seguito della vaccinazione rientrano pienamente nella normale casistica. Con o senza vaccino, non c’è stato un incremento anomalo della patologia.


Anche ammettendo che in futuro questi rari casi vengano davvero accertati, i rischi (prevedibili informando correttamente le persone) sono di gran lunga irrisori, rispetto ai vantaggi che comporta un vaccino contro il nuovo Coronavirus, la cui efficacia e sicurezza è stata verificata già in tre fasi di sperimentazione clinica, coinvolgendo ampi gruppi di volontari.


Non confondiamo correlazione con nesso causale

Un esempio classico di dati correlativi, interpretati erroneamente come se dimostrassero un collegamento causale, è la tabella dello IARC sulle sostanze cancerogene. Se non si è abituati a tradurre i termini scientifici e in certo modo “burocratici”, di cui questo genere di documenti sono intrisi, è possibile che qualcuno si convinca della pericolosità del 5G e della cancerogenicità delle onde elettromagnetiche dei cellulari in generale. Le radiazioni elettromagnetiche sono state classificate nel gruppo 2B, e sono quindi ritenute «possibilmente cancerogene per l’uomo», assieme ad altre 284 sostanze che possono tranquillamente trovarsi in commercio, perché non sono ritenute pericolose

Tempo fa andava di moda accusare i videogiochi violenti di essere collegati con gli attentati nelle scuole americane. Effettivamente è stata trovata una correlazione, dovuta al fatto che questi prodotti sono molto diffusi tra i giovani. È emersa così una marea di studi correlativi, che trovavano conferma. Se avessero cercato un collegamento col fatto che i responsabili degli attentati nelle scuole facevano colazione, probabilmente avrebbero potuto concludere, che fare colazione porta i giovani ad armarsi e uccidere tutti in classe.

Pochi studi hanno cercato invece di osservare tutti i fattori, caratteristici delle comunità dove sono avvenute delle sparatorie scolastiche, scoprendo che spesso erano associate con un difficile accesso ai servizi sociali e psicologici, oltre al fatto che si contavano anche violenze domestiche.

Cosa sono le correlazioni spurie

Le correlazioni quando si rivelano del tutto prive di un nesso causa-effetto si definiscono «spurie», ed è possibile realizzarne di vario tipo, utilizzando statistiche vere. Così come è possibile giocare con le singole statistiche, facendo apparire fenomeni inesistenti o esagerandoli. I guru dei movimenti No vax si sono rivelati piuttosto abili nel manipolare le correlazioni, al fine di denigrare qualsiasi campagna vaccinale. Per farci un’idea di come sia piuttosto facile trovare collegamenti attraverso la correlazione statistica, possiamo dare un’occhiata al sito Spurious Correlations.

È possibile, per esempio, osservare la correlazione tra incremento dei finanziamenti alla ricerca in America e quello dei suicidi per strangolamento o soffocamento. Potremmo dire che esiste un «possibile collegamento», o che la ricerca scientifica è «possibilmente depressiva». Non lo facciamo apposta. Siamo più propensi a riconoscere cosa sia un collegamento casuale e cosa no, se riguarda esperienze della vita quotidiana.

Quando dobbiamo invece delegare ad altri le conoscenze di sistemi complessi, con potenziali ricadute sulla nostra salute, una correlazione può facilmente venire percepita come un collegamento causale. Per questo gli stessi responsabili di importanti enti come EMA, dovrebbero riflettere meglio su come comunicare questo genere di fenomeni.

Come dovremmo leggere le dichiarazioni dell’EMA

Dopo la prima smentita di una comprovata pericolosità, l’AIFA si è accodata ad altri paesi come la Germania, bloccando tutti i lotti del vaccino, in attesa di una verifica dell’EMA. Il 16 marzo l’agenzia rassicura: «nessuna indicazione che il vaccino abbia causato le trombosi», e la somministrazione riprende, almeno da noi. Infine arriva anche l’analisi del PRAC (Pharmacovigilance Risk Assessment Committee), il comitato che valuta il rischio dei medicinali per conto di EMA. La relazione parla di un «possibile collegamento con rari casi di coaguli di sangue insoliti con piastrine basse». Riportiamo alcuni passi del testo (il grassetto) è nostro:

«Finora, la maggior parte dei casi segnalati si è verificata in donne di età inferiore a 60 anni entro 2 settimane dalla vaccinazione. Sulla base delle prove attualmente disponibili, i fattori di rischio specifici non sono stati confermati».

Quindi, i casi trattati, per come sono stati riportati, non sono sufficienti a considerare il vaccino un fattore di rischio per la trombosi.

«Il PRAC ha osservato che i coaguli di sangue si sono verificati nelle vene del cervello (trombosi del seno venoso cerebrale, CVST) e dell’addome (trombosi della vena splancnica) e nelle arterie, insieme a bassi livelli di piastrine e talvolta sanguinamento».

«Una spiegazione plausibile per la combinazione di coaguli di sangue e piastrine basse è una risposta immunitaria, che porta a una condizione simile a quella osservata a volte nei pazienti trattati con eparina (trombocitopenia indotta da eparina, HIT). Il PRAC ha richiesto nuovi studi e modifiche a quelli in corso per fornire maggiori informazioni e intraprenderà tutte le ulteriori azioni necessarie».

È legittimo ipotizzare che esista effettivamente un potenziale evento avverso e che siano correttamente informate le persone che hanno già delle predisposizioni. Per tanto si formulano ipotesi, che verranno poi verificate in futuri studi più ampi. Tutto questo è sufficiente a parlare di correlazione, non di un nesso causale tra trombosi e vaccini.

I casi di trombosi senza vaccini

A marzo si contavano 22 casi di trombosi su tre milioni di persone vaccinate con AstraZeneca. In America si stima che ogni anno siano 900 mila i pazienti affetti da trombosi, l’equivalente di quasi due casi ogni mille abitanti. Uno studio pubblicato nel 2015 sull’epidemiologia della trombosi e dell’embolia polmonare in Europa, stimava che ogni anno fossero tra i 104 e i 183 i casi accertati ogni 100 mila abitanti.

Solo in Italia i casi ogni anno ammontano a circa 50 mila. Non è facile avere dei numeri precisi, perché almeno il 50% dei casi restano asintomatici e di difficile diagnosi. L’età è solo una delle condizioni che espongono al rischio.

Secondo la Fondazione Veronesi, la trombosi «è la terza malattia cardiovascolare più comune e comprende due condizioni interconnesse: l’embolia polmonare e la trombosi venosa profonda». Tra i fattori di rischio troviamo:

«Fumo di sigaretta, il consumo di alcol, la sedentarietà, alcune malattie croniche (cardiopatia, malattie polmonari, cancro, morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa), la gravidanza (fino a sei settimane dopo il parto) e l’utilizzo di farmaci a base di estrogeni (comegli anticoncezionali orali e i farmaci per ridurre i sintomi della post-menopausa)». 

Vaccini e benefici sono collegati causalmente

Secondo il professor Enrico Bucci, che da anni si occupa proprio di verificare gli studi scientifici prodotti in ambito biomedico, «ci vorranno anni per dimostrare un nesso», ma nel frattempo si rischia di morire di scetticismo, oltreché di pandemia. Sì, perché la Covid-19 e le infiammazioni gravi ai polmoni, che hanno portato alla morte di tante persone nel mondo, non sono meramente correlate, bensì collegate. Non è vero – come sostengono certi negazionisti – che si tratta di gente che sarebbe morta comunque, e che casualmente sarebbero state trovate positive. A confermare che SARS-CoV-2 è una emergenza sanitaria abbiamo una mole non indifferente di dati.

Foto di copertina: whitesession | Immagine di repertorio.

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