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Turchia, la poltrona mancante per von der Leyen. Il Sofagate è già lo specchio della debolezza europea

08 Aprile 2021 - 10:26 Federico Bosco
Tra protocolli da rispettare, divisioni interne, e valori da compromettere, l'episodio avvenuto ad Ankara è diventato un caso diplomatico. Che dice molto del futuro dell'Europa

A volte la potenza di un’immagine può segnare la direzione delle relazioni internazionali. Qualcosa di simile è successo ieri nella missione dell’Unione europea ad Ankara per riallacciare i rapporti con la Turchia.  Il vertice è andato bene, anche se non c’erano obiettivi particolarmente ambiziosi da raggiungere, i termini per ricostruire i rapporti dopo un anno difficile sono stati definiti con successo. La giornata è iniziata con il presidente del Consiglio e della Commissione europea, Charles Michel e Ursula von der Leyen, ricevuti in una sala per fare le foto con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ma la decisione si è poi rivelata una pessima idea. Il video e le foto dell’incontro sono diventati virali, oscurando il contenuto del vertice. Nel video Michel arriva e prende posto accanto a Erdogan, non curandosi dell’assenza di una poltrona per von der Leyen, che è stata costretta a sedersi su un divano immenso e distante, di fronte a un altro divano dove sedeva il ministro degli esteri turco. Lo stesso vale per le altre foto ufficiali, in cui i due leader europei sorridono mentre Erdogan ha l’espressione di chi non vede l’ora di liberarsi di quella seccatura e andarsene. Erdogan è riuscito a ridicolizzare gli ospiti in un modo che probabilmente è andato oltre le aspettative, compromettendo ulteriormente la sua già pessima reputazione di fronte ai governi e alle opinioni pubbliche europee (Erdogan è tra i pochi che non piace né alle destre, né alle sinistre).

La trappola delle poltrone ha mostrato una spaccatura tra il Consiglio europeo e la Commissione

Charles Michel, Recep Tayyip Erdogan e Ursula von der Leyen
Ansa | Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

Il problema però non sta nello scoprire che Erdogan ha tendenze maschiliste (lo sospettavamo), ma nell’assistere all’incapacità degli staff europei che non hanno saputo organizzare il protocollo e, ancora più grave, nel modo in cui Michel si è consegnato alla raffigurazione costruita dai turchi. La trappola delle poltrone ha mostrato una spaccatura tra il Consiglio europeo e la Commissione, e il predominio del leader maschile sul leader femminile. L’immagine di Michel che si mette a sedere di fronte a von der Leyen che dice “ehm…” mostrando imbarazzo, perplessità e disappunto non sarà dimenticato facilmente. Forse, non sarà dimenticato affatto. E a Bruxelles è in corso da ieri un feroce dibattito sul protocollo diplomatico. Secondo lo staff di Michel il protocollo è stato corretto, formalmente è lui il più in alto nella gerarchia. Ma alla conferenza stampa di ieri, il portavoce della Commissione, Eric Mamer, ha detto che von der Leyen «avrebbe dovuto sedersi allo stesso livello del presidente del Consiglio europeo e del presidente turco, ma la presidente ha preferito dare la priorità alla sostanza rispetto alla forma». Mamer ha concluso dicendo che von der Leyen ha chiesto allo staff di fare in modo che un incidente simile non si verifichi più. 

Oltre allo smacco subito c’è l’occasione persa: affermare i valori europei

Ma al di là della polemica tra staff rivali, oltre allo smacco subito c’è l’occasione persa. Quella che avrebbe dovuto essere una possibilità per affermare i valori europei è diventato uno di quei momenti in cui l’Ue viene sconfitta dalla conflittualità interna, dalla mancanza di identità e dall’assenza di coraggio dei leader. Michel aveva tante opzioni: poteva sorridere e chiedere con sarcasmo un’altra sedia, poteva cedere la sedia a von der Leyen, poteva andare sul divano, o poteva fare un passo indietro e restare fermo insieme a von der Leyen rovesciando l’imbarazzo su Erdogan. Ieri sera Michel ha commentato l’accaduto, dicendo che ha preferito non aggravare la situazione «spiacevole» per salvaguardare «la sostanza» degli argomenti discussi nel vertice. Tuttavia, mandare all’aria il disegno di Erdogan sarebbe stato un modo per schierarsi dalla parte delle donne turche dopo che Ankara è uscita dalla Convenzione di Istanbul, un gesto dall’alto valore simbolico legato al vertice, un modo per esercitare almeno in parte quel ruolo «più assertivo» promesso da von der Leyen nel discorso sullo Stato dell’Unione. A volte la forma equivale alla sostanza, una scelta che dipende da cosa vuole essere l’Ue: una potenza che si dedica al commercio e alla sua difesa in nome della realpolitik, o una potenza umanitaria che si fa interprete dei suoi valori per diffonderli nel mondo? 

Le sfumature tra l’una e l’altra cosa sono infinite, con tante contraddizioni, spesso causa di disastrose esperienze. Difficile che un’entità non-statuale come l’Ue possa perseguire una strategia di questo tipo. Quest’anno è prevista la Conferenza sul Futuro dell’Europa, un altro momento in cui i vertici europei si fanno carico di più ambizione di quanta ne possano sostenere. Vista gli eventi causati dal Covid-19 e dal ritorno prepotente dei vincoli della geopolitica, forse è arrivato il momento per l’Ue di riconoscere i limiti dell’attuale concezione di europeismo e integrazione comunitaria, e pensare a come far funzionare davvero l’Europa che abbiamo, senza inseguire realtà evanescenti e falsi miti. 

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