Crisanti: «È una baggianata negare l’aumento dei contagi con la riapertura della scuola: grave tornare in classe senza aver finito le vaccinazioni»

I numeri ancora bassi della campagna vaccinale, il dato ancora alto dei nuovi casi, le richieste di riaperture delle regioni. Per il docente di microbiologia tutto questo avrà un esito chiaro: la ripresa dei contagi

«Dove si è riaperta la scuola, immediatamente c’è stato un impatto sulla trasmissione del virus. In Inghilterra la discesa dei contagi è rallentata. Negli Stati Uniti, in particolare nel Massachusetts c’è stato un incremento dei casi, per fare solo due esempi. L’impatto esiste». Sulle pagine de Il Messaggero Andrea Crisanti è netto nel giudizio sulla riapertura delle scuole: «Affermare che la riapertura delle scuole non causi un incremento dei casi è, diciamo, una baggianata». Al centro delle critiche di Crisanti c’è lo stato della campagna vaccinale. Come ormai è chiaro, nulla è andato come previsto. Secondo le dichiarazioni del Governo Conte II entro fine marzo bisognava aver completato la Fase 1, mettendo al sicuro anziani e soggetti fragili.


Al momento gli operatori sanitari e gli ospiti delle Rsa hanno superato nelle vaccinazioni quota 75%, mentre gli over 80 sono fermi al 38,8% e le categoria 70-79 anni al 2,5%. E in tutto questo il numero di nuovi positivi registrati ogni giorno è costantemente sopra ai 15 mila casi. Secondo Crisanti questi due fattori uniti alla ripartura delle scuole e il cambiamento di fascia di diverse regioni condurranno verso un ritorno del virus: «Il nostro Paese avrà un livello di aperture e libertà di movimento molto simile a quello della Gran Bretagna. C’è una piccola differenza: l’Italia ha 16-17 mila casi e 400 morti al giorno, la Gran Bretagna 4 mila casi e 30-40 morti e in più 35 milioni di persone vaccinate. L’Inghilterra ha chiuso per 4-5 mesi ma ha vaccinato moltissime persone».


Cosa non ha funzionato nella campagna vaccinale

La responsabilità di questo scenario non è solo dell’esecutivo italiano. Parte della colpa è da cercare anche nell’Unione Europea: «Ci sono errori che vengono da lontano. L’Europa ha fatto gli ordini troppo tardi e puntando su alcuni produttori. Per mitigare i rischi bisognava comprare la stessa massiccia quantità di dosi da più case farmaceutiche. Già ad aprile del 2020 si dovevano opzionare molte più dosi per l’Italia dai tre produttori. Agire insieme all’Europa va bene, ma solo se fa la cosa giusta». La differenza di procedure nei territori ha fatto il resto. Crisanti punta il dito su come di regione in regione siano cambiati priorità e metodi di prenotazione: «Questa pandemia ha dimostrato tutti i limiti del sistema delle Regioni. Non è possibile che vi siano differenze così drammatiche tra una regione e l’altra. Ognuno usa sistemi diversi per chiamare le persone. Secondo me all’origine dei nostri guai c’è l’autonomia che hanno le regioni nel campo della salute pubblica».

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