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Caos vaccini, l’Italia e l’Ue si affidano a Pfizer: ecco a quale prezzo e con quali rischi

Il possibile passo indietro dell'Ue su AstraZeneca e J&J apre la strada alla casa farmaceutica statunitense. Sullo sfondo, alcune domande a cui non è stata ancora data risposta

I dubbi e le polemiche su AstraZeneca e Johnson & Johnson hanno portato a un terzo contratto della Commissione europea con la casa farmaceutica Pfizer. Le ultime notizie parlano di altri 50 milioni di dosi aggiuntive acquistate per questo semestre, 7 milioni delle quali destinati all’Italia. La decisione negli Usa della Food and Drug Administration di sospendere precauzionalmente il vaccino Janssen a causa dei rarissimi effetti collaterali (6 casi di trombosi su 6,8 milioni di somministrazioni) ha avuto immediate ripercussioni sull’Unione europea, che è sempre più propensa a puntare sui vaccini a vettore Rna. Secondo quanto si apprende in queste ore, se la farmacovigilanza dovesse appurare il collegamento tra reazioni avverse e farmaci, il vaccino di Oxford e quello d Johnson & Johnson potrebbero essere ritirati dal mercato. Eppure, la virata non sembra aver messo sul piatto tutti gli aspetti: se da una parte non abbiamo avuto un’analisi con pari risonanza delle possibili controindicazioni di Pfizer e Moderna, dall’altra sappiamo per certo che, almeno per la durata dell’emergenza, quelli a Rna costano molto di più.

I costi

Il quadro sui costi dei vaccini per l’Unione europea era stato dato “erroneamente” (o così pare) dalla sottosegretaria al Bilancio del Belgio, Eva de Bleeker, che aveva postato per sbaglio una tabella di prezzi su Twitter – salvo cancellare il post poco dopo. Il più economico di tutti risultava essere quello di AstraZeneca, a meno di due euro a dose. Il motivo lo si è scoperto in queste ore: stando a quanto riportato dal Guardian, la sperimentazione del vaccino è stata finanziata al 97% da fondi pubblici. Fatto che ha spinto la casa farmaceutica a decidere di tenere bassi i prezzi per tutta la durata dell’emergenza sanitaria.

I prezzi più alti sono invece, come noto, quelli dei vaccini a Rna: Moderna (18 dollari a dose), Curevac (10 euro) e Pfizer (12 euro). Grazie a una dichiarazione del primo ministro bulgaro Boyko Borissov, sappiamo che Pfizer sta trattando sulle forniture del 2022-2023 proponendo all’Ue un prezzo più alto del 60%: il prossimo anno, e cioè a emergenza – si spera – conclusa, ogni dose sarà venduta al costo 19 euro e 50 centesimi. Pur sapendo l’impegno dei fondi pubblici nella ricerca, non sappiamo con certezza quanti finanziamenti siano stati usati da Pfizer.

Non è ancora chiaro come si intenda procedere in Italia, ma già considerando che AstraZeneca sarà riservato solo agli over 60 – e ponendo che anche Johnson&Johnson avrà lo stesso destino – appare chiaro che dal punto di vista della convenienza economica l’Unione europea in generale non sta giocando una grande partita, nonostante Big Pharma abbia incassato (secondo Bloomberg) circa 20 miliardi di fondi pubblici per sviluppare i propri prodotti. Dopo aver vaccinato tutte le fasce a rischio, per coprire interamente gli under 60 bisognerà acquistare molte più dosi del previsto dei vaccini più cari.

Il ruolo della farmacovigilanza

Che all’Ue costerebbe di più affidarsi a Pfizer è indubbio. Vittorio Agnoletto, medico e professore di “Globalizzazione e politiche della salute” alla Statale di Milano – nonché ex parlamentare europeo e parte del comitato dell’Iniziativa dei cittadini europei Nessun profitto sulla pandemia – fa notare come ci sia un problema di farmacovigilanza, sia di quelle pubbliche come l’Ema alla Fda, che di quelle private relative alle singole aziende farmaceutiche. «Mi chiedo quanto questa scelta corrisponda a delle motivazioni cliniche e quanto sia frutto di una furibonda battaglia di dominio commerciale e geopolitico». Senza poter arrivare a conclusione definitive – non essendo in possesso di documenti integrali -, secondo il professore ci sono due domande importanti da farsi: «L’analisi sugli effetti collaterali realizzata da Ema su AstraZeneca è stata fatta anche su Pfizer e gli altri? E perché non girano i dati sui problemi registrati con Pfizer?».

Il nodo dei brevetti e la lettera dei premi Nobel a Biden

«Senza voler negare le problematiche sanitarie legate agli effetti collaterali, che anzi andrebbero studiate di più, mi chiedo perché l’Ue si voglia affidare a un soggetto tutt’altro che raccomandabile come Pfizer», dice Agnoletto. La posizione del professore parte da due fatti principali: il primo è quanto scoperto in Brasile in merito ai contratti con le case farmaceutiche, il secondo è la lettera dei premi Nobel al presidente degli Stati Uniti. Dal 30 di marzo, gli Usa sono diventati possessori di alcuni brevetti (quelli di Pfizer, Moderna, Curevac, Johnson&Johnson) derivanti dal finanziamento fatto a Moderna per la sperimentazione. A fronte di questo vantaggio (non guadagnato dall’Ue) – che potrebbe implicare anche pressioni sulla scelta dei vaccini in Occidente, sottolinea Agnoletto – i premi Nobel hanno chiesto a Joe Biden di mettere in discussione la logica della privatizzazione dei brevetti, chiedendo di renderli pubblici per il bene comune.

I contratti con Pfizer in Sudamerica e la clausola sugli effetti collaterali

Un altro aspetto importante è emerso dalla fuga di notizie avvenuta in Brasile i giorni scorsi: proprio mentre l’Ue si avvia ad affidare la propria campagna vaccinale alla Pfizer, il 7 aprile il giornale Folha de S. Paulo ha dato notizia del fatto che il ministero della Salute brasiliano – nonostante la clausola di riservatezza – aveva pubblicato sul suo sito web il contratto stipulato con il colosso statunitense. Il documento è stato ritirato subito dopo, ma il “danno” era ormai fatto: dall’accordo si capisce che Pfizer non sarà responsabile da contratto degli eventuali effetti negativi dei vaccini sui pazienti e che qualsiasi controversia legale dovrà essere risolta fuori dal Paese, nei tribunali di New York. I risarcimenti, inoltre, sarebbero in capo allo Stato.

In più, si legge che in caso di ritardi nelle consegne Pfizer non dovrà essere soggetta ad alcun tipo di sanzione. «I contratti con l’Europa sono secretati, quindi non abbiamo piena coscienza di cosa contengano», sottolinea Agnoletto. «Ma sappiamo che Big Pharma in generale aveva chiesto clausole simili all’Unione europea e che un tavolo sulla questione era stato aperto. Quali garanzie gli abbiamo dato non è dato sapere. Ma vista la fuga di notizie dal Brasile, sarebbe il caso che le istituzioni chiedessero notizie».

Immagine di copertina: EPA/ROB ENGELAAR

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