Gaza-Israele, l’Ungheria blocca la dichiarazione congiunta dell’Ue ostacolando l’intesa per il cessate il fuoco e il rilancio dei negoziati

Tutti sono consapevoli che senza un processo di pace la tregua sarà solo una pausa tra questa e la prossima escalation, ma nessuno sembra in grado di fare niente

Nonostante la conversazione tra il segretario di stato Usa Antony Blinken e l’Alto rappresentante della politica estera europea Josep Borrell, le aspettative per la videoconferenza tra i ministri degli esteri dell’Unione europea erano basse. Quando si trattano le questioni di politica estera che non riguardano i rapporti commerciali, le istituzioni di Bruxelles non arrivano mai a grandi risultati, e non poteva essere un dossier complicato come il conflitto israelo-palestinese a segnare un cambio di passo. L’obiettivo del vertice era approvare una dichiarazione congiunta delle 27 Capitali e dare seguito alle dichiarazioni di Borrell che, senza l’appoggio degli Stati membri, è come se parlasse a titolo personale. Il testo non diceva niente di particolare: c’era la condanna al lancio di razzi di Hamas, il riconoscimento del diritto a difendersi di Israele, la preoccupazione per le vittime civili e l’invito a cessare le ostilità per sedersi al tavolo dei negoziati. A bloccare la dichiarazione è bastato un solo paese, l’Ungheria di Viktor Orbán, che non avrebbe condiviso la linea comune sul diritto all’autodifesa di Israele. Ma il veto del governo magiaro viene accolto con un sorriso anche da altri governi dell’Europa orientale. «Non capisco come si possa non essere d’accordo su queste priorità», ha commentato sconsolato Borrell. 


La dichiarazione congiunta non avrebbe fornito un contributo significativo per fermare le violenze, ma avrebbe mostrato che gli Stati membri hanno una posizione comune sui termini della quarta escalation Gaza-Israele, e quindi su come approcciarsi attraverso l’Ue nei prossimi negoziati tra Israele e Palestina. Quello che è successo martedì è una replica di quanto accaduto domenica alle Nazioni Unite, quando l’ambasciatore dell’Ue al palazzo di vetro, Olof Skoog, aveva rilasciato e poi ritirato una dichiarazione al Consiglio di sicurezza. Anche in questo caso, il blocco è arrivato da Budapest.


Israele non tollera sfumature dagli alleati

Lunedì il viceambasciatore di Israele presso l’Ue, Walid Abu Haya, ha dichiarato in un’intervista che Bruxelles deve rafforzare il suo sostegno a un alleato democratico sotto attacco terroristico. «Quello che vogliamo dall’Europa è un sostegno forte e inequivocabile», ha detto Abu Haya. «L’Ue non può limitarsi a cercare di trovare un equilibrio. La situazione non è equilibrata. Tutti gli Stati membri hanno dichiarato Hamas come organizzazione terroristica» ha detto, aggiungendo che Israele avrebbe seguito la riunione dei ministri degli esteri, ma continuando a difendersi per tutto il tempo necessario, con o senza il sostegno di Bruxelles. Sebbene a Gerusalemme abbiano fiducia nell’appoggio della maggior parte delle Capitali, c’è diffidenza nei confronti dell’Ue. Inoltre, da parte israeliana c’è una sfiducia personale nei confronti di Borrell, che ha criticato apertamente Israele, sia in passato che in tempi molto recenti. In una dichiarazione di fine di aprile, Borell aveva detto che gli israeliani stavano ostacolando lo svolgimento delle elezioni nei territori palestinesi.

Ogni paese persegue il suo interesse

Belgio, Irlanda, Svezia e Lussemburgo sono tra i paesi più critici nei confronti di Israele. Francia, Germania e Italia cercano di mantenere un equilibrio. I paesi dell’Europa orientale, in particolare Ungheria, Romania e Bulgaria, sostengono maggiormente Israele. Anche Grecia e Cipro si sono avvicinate a Israele negli ultimi anni, ma con lo scopo di contrastare le mire della Turchia nel Mediterraneo orientale. Interessi economici, diplomatici e geopolitici si incrociano con la questione palestinese, un argomento che quando si tratta di rapporti con i paesi europei Israele mette sempre sulla bilancia delle relazioni bilaterali. Nel vertice in presenza del 27 maggio in Portogallo i ministri degli esteri torneranno sulla questione con un incontro con la controparte giordana, Ayman Safadi, sperando che per quel giorno la quarta guerra Gaza-Israele sarà finita grazie alla mediazione di Stati Uniti, Francia, Egitto e Qatar. Tuttavia, senza una seria ripresa del processo di pace, la tregua sarà solo la pausa tra questa e la prossima escalation. Tutti ne sono consapevoli, ma nessuno sembra in grado di fare niente.

Nel mentre, le violenze proseguono e la conta delle vittime civili sale in maniera sproporzionata tra i palestinesi di Gaza, causando sdegno e proteste nelle opinioni pubbliche europee, fino a casi più estremi con preoccupanti azioni antisemite. L’Ue si trova attaccata da tutte le parti: Israele chiede un sostegno più forte e inequivocabile; i palestinesi accusano i paesi europei di chiudere gli occhi davanti alle violazioni del diritto internazionale; le opinioni pubbliche si dividono tra loro e portano la tensione del conflitto in Europa.

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