Il racconto di Chiara, la studentessa vittima dell’imprenditore Di Fazio: «Sentivo il suo braccio su di me, non avevo la forza di reagire»

Nello smartphone dell’uomo, che si spacciava per agente segreto, sono state trovate le foto di altre ragazze, almeno quattro. Il sospetto è che abbia usato con lo stesso metodo anche con loro

Chiara si è risvegliata nel suo letto, vestita esattamente come la sera precedente. Il suo fidanzato, preoccupatissimo, si era attaccato al citofono perché non riusciva a parlare con lei. Quando aveva provato a chiamarla la sera prima, a mandarle un audio su WhatsApp, aveva ricevuto una strana risposta: «Sono da amici», e una foto di lei con gli occhi semi-chiusi, già sotto l’effetto delle benzodiazepine. A rispondere a quel messaggio era stato Antonio Di Fazio, l’imprenditore farmaceutico arrestato ieri con l’accusa di averla drogata e violentata dopo averla attirata con un’offerta di stage. Alla pm di Milano Alessia Menegazzo, Chiara ha raccontato che l’incubo è iniziato dopo aver bevuto un caffè: «Mi si è offuscata la vista, sentivo suoni lontani. Non riuscivo a muovere le gambe e le braccia. Ricordo il braccio di quell’uomo su di me, aveva un Rolex d’oro al polso. Non avevo la forza di reagire».


Nello smartphone le foto degli abusi sessuali

Mentre lei era incosciente, lui l’ha spogliata e le ha scattato delle fotografie con il cellulare. Nel suo smartphone sono state trovate le foto di altre ragazze, almeno quattro. Il sospetto è che Di Fazio abbia usato lo stesso metodo anche con loro. Nel sangue di Chiara, due giorni dopo la violenza, i medici della clinica Mangiagalli hanno trovato un quantitativo abnorme di benzodiazepine: 900 milligrammi per litro, quattro volte il dosaggio giornaliero. Una quantità da «avvelenamento» secondo gli inquirenti. La sera stessa, prima ancora delle dimissioni di Chiara dall’ospedale, il fidanzato è andato dai carabinieri di Porta Monforte a fare denuncia. Le sue parole sono state confermate da Chiara alle tre e mezzo di notte.


La vittima conosciuta durante una vacanza in Sicilia

L’imprenditore l’aveva conosciuta l’estate precedente, quando con la sorella e il cognato era andato in vacanza nell’albergo che la famiglia della vittima gestisce in Sicilia. Chiara aveva detto che sarebbe andata a Milano a studiare alla Bocconi e Di Fazio le aveva proposto uno stage nella sua azienda farmaceutica, la Global Farma. «Non mi aspettavo che mi avrebbe cercato davvero». Invece lui ha provato a contattarla più volte. Pochi giorni prima della violenza, la ragazza ha detto ai pm di aver ricevuto un messaggio dalla sorella di Di Fazio: «Ciao, come stai? Chiama Anto che ti fa vedere l’azienda com’eravamo d’accordo, no?».

L’autista e la casa di lusso in zona Sempione

Chiara si è fidata. «È passato a prendermi da casa con l’autista alle 17». In programma c’era una visita in azienda e l’incontro alle 18 con importanti manager che avrebbero potuto offrire alla ragazza possibilità di lavoro. Ma l’azienda era deserta. «Mi ha detto che avremmo incontrato i manager a casa sua», un appartamento di oltre 200 metri quadrati in zona Sempione che Di Fazio condivide con l’anziana madre e il figlio. Il 50enne ha congedato l’autista e insieme sono andati in macchina verso casa. Passando davanti al parco Sempione, Di Fazio le avrebbe proposto un giro in mountain bike o una corsetta nel verde. «Ho rifiutato infastidita».

Le benzodiazepine nel caffè e nel succo d’arancia

Anche prima, in azienda, Chiara si era sentita a disagio per l’eccessiva «confidenza e vicinanza» che l’uomo manifestava. Mai però si sarebbe aspettata quel che poi è successo. Appena arrivati in casa «mi ha offerto un caffè» nell’attesa degli altri ospiti. «L’ho accettato». Subito Chiara ha iniziato a star male: «Mi sentivo confusa e molto debole». Ha chiesto a Di Fazio qualcosa di zuccherato pensando a un calo di pressione. E lui le ha portato un succo d’arancia, pizzette e pasticcini. Entrambe le bevande erano, per l’accusa, cariche di benzodiazepine. Da quel momento in poi, Chiara ricorda poco: «Ero senza forze, non mi era mai successo prima. Credo mi abbia fatto mangiare sushi. Era di fianco a me. Mi sono ripresa un attimo, ho sentito l’elastico dei pantaloni che scivolava sulle gambe. La sua mano mi toccava una coscia. Gli ho detto di riportarmi a casa».

La doppia vita di Di Fazio

Per gli inquirenti, Di Fazio è un violentatore seriale e un millantatore dalla doppia vita. Da una parte c’è «Antonello» (come si faceva chiamare), che sul suo profilo Facebook posa in abito scuro insieme all’anziana madre che vive con lui nel lussuoso appartamento milanese a due passi da parco Sempione. Poi c’è Antonio Di Fazio, con un altro profilo: cappellino di paglia, occhiali da sole, t-shirt, Maserati: «Sono un amante delle auto di lusso, degli yacht e del buon cibo». Un imprenditore rampante che racconta di fare affari a Singapore e sfoggia una fidanzata straniera e giovanissima. Quando i carabinieri a inizio aprile hanno perquisito la sua auto, sotto al sedile passeggero hanno trovato un lampeggiante blu come quelli delle auto di scorta. Nel baule un borsone con soldi in contanti e una pistola a pallini senza tappo rosso: «Roba di mio figlio, solo giocattoli».

Il falso tesserino dei servizi segreti

Ma Di Fazio si spaccia spesso per quello che non è. Nel 2015 la Guardia di finanza lo aveva denunciato dopo avergli trovato un falso attestato di congedo dalle Fiamme gialle e un tesserino del ministero dell’Interno: «Sisde – Grado di comandante». Lo stesso che i carabinieri di Milano gli avevano sequestrato un anno prima dopo averlo fermato ubriaco per strada. Di Fazio aveva tirato fuori il tesserino con foto e numero di matricola per sfuggire al controllo. Davanti agli amici e alla sua vittima, dice di lavorare per «l’Alto commissariato Covid-19».

Le minacce al fidanzato della vittima

I magistrati che lo interrogheranno domani gli chiederanno anche di spiegare una misteriosa telefonata di minacce ricevuta dal fidanzato della vittima. Dopo che la 21enne ha raccontato di essere stata violentata, il suo ragazzo furibondo ha telefonato all’imprenditore per capire cosa fosse accaduto la sera precedente. Di Fazio risponde: «È uno scambio di persona». Due giorni dopo, però, il ragazzo ha detto agli inquirenti che «un uomo con accento calabrese che diceva di parlare per conto di Di Fazio» lo ha contattato e minacciato: «Ti squarcio in due».

Il tentativo di crearsi un alibi

Infine, quando Di Fazio si è reso conto che la ragazza lo aveva denunciato, inizia a raccontare di essere al centro di un tentativo di estorsione da parte della famiglia della vittima: «Gente che sta al 41 bis», millanta al telefono con una sua amica cartomante, «volevano 500 mila euro in contanti. Sta t… ha dichiarato che l’ho stuprata. Io giustamente rido perché i segni dello stupro non ci sono. Io non l’ho neanche toccata, neanche baciata». Al momento della violenza, in un’altra ala della casa, c’erano anche l’anziana madre e il figlio. Di Fazio ha detto di aver cenato serenamente con i famigliari e la 21enne mangiando sushi. Ma quando il ragazzo viene sentito dai carabinieri, il falso alibi crolla: «Il sushi non piace né a me, né alla nonna».

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