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I numeri in chiaro, Taliani: «I posti a tavola? Contano i dati, non le opinioni. Il limite di 4 persone era immotivato» – Il video

03 Giugno 2021 - 20:40 Luca Covino
La professoressa di Malattie infettive della Sapienza sul vaccino della Statale: «Speriamo di avere un farmaco italiano»

Ricoveri, contagi e decessi da Coronavirus sono in costante diminuzione in Italia. Gli ultimi dati mostrano un calo delle vittime (59) rispetto a quelle registrate nella giornata di ieri (62). Nonostante un aumento dello 0,7% dei contagi, i nuovi ingressi nelle terapie intensive del Paese scendono ancora a 24, contro i 33 di ieri, 2 giugno. A fronte dei numeri incoraggianti, le Regioni stanno chiedendo al governo maggiore flessibilità sulle misure di contenimento: «Per gestire le misure, come quelle dei posti a tavola, bisognerebbe incentrare le decisioni su questi dati e su quelli raccolti nel corso degli ultimi mesi e non sulle opinioni personali», spiega a Open la professoressa di malattie infettive all’Università La Sapienza di Roma, Gloria Taliani.

L’importanza dei dati

«In tutta la pandemia non ci sono mai stati dati così bassi», afferma Taliani commentando le cifre dell’andamento pandemico e le polemiche sul numero di commensali che stanno animando la politica in questi ultimi giorni. «Le opinioni valgono per quello che sono, ciò che conta è l’andamento dei numeri. Che non mentono» continua la professoressa. «La situazione attuale è di caduta costante e persistente sia dei nuovi casi che di tutti gli altri parametri. È interessante notare come i casi giornalieri in tutte le regioni siano al di sotto dei 50 casi ogni 100 mila abitanti, eccezione fatta per la Puglia che è sui 60. Se andiamo a vedere il rapporto tra positivi e testati», prosegue la professoressa, «si nota che la situazione nel nostro Paese non è da relegare al numero di contagiati, perché può darsi anche che con 6 o 8 persone non ci siano contagiati».

La diffidenza verso i vaccini

Su un eventuale coinvolgimento delle farmacie per gestire il flusso delle vaccinazioni (ora totalmente a carico degli hub), Taliani non ha dubbi: «Non si può fare la vaccinazione dovunque ed è ragionevole che la gestione della pandemia non vada banalizzata, anche al netto della possibilità di usare un intervento medico di soccorso alle somministrazioni». Sulle fake news che circondano i vaccini, invece, come quella su Chiara Ferragni, la scienziata ritiene che sia «un problema culturale che affonda le radici nella diffidenza». «Bisogna continuare a formare e informare senza nascondere ciò che gravita intorno alla vaccinazione e mostrando i numeri», dice Taliani, «I dati sono la documentazione oggettiva della situazione. Oggi il numero di ricoverati con sintomi è di 2,8 per cento. Un mese fa lo stesso numero era almeno del doppio. I decessi non sono così bassi dal 19 di ottobre con una percentuale di 4 persone in terapie intensiva ogni 1.000 persone: dato più basso da settembre. È chiaro», prosegue, «che tra i fattori che hanno migliorato la situazione c’è la copertura vaccinale, barriera fondamentale per la circolazione del virus nonché scelta vincente per affrontare la pandemia e “limitare i danni”».

Le chance di un vaccino italiano

Ed è notizia di pochi giorni fa l’annuncio dell’avanzamento delle fasi di sviluppo di un nuovo vaccino tutto italiano. Dopo il fallimento del progetto ReiThera, l’Università Statale di Milano sta lavorando a un siero, il LeCoVax2, sul quale la stessa Taliani auspica per il successo della sperimentazione. «Sia a livello interno che globale, un vaccino è anche questione di costi e bisognerà accertare quali sono quelli di produzione e fornitura. Tutti», afferma, «ci auguriamo il successo di un vicino italiano da sviluppare, tenere e di cui vantarci. Su ReiThera è difficile dire che cosa è successo. Ho seguito lo sviluppo fin dal primo momento», racconta, «all’epoca era a Piacenza con la Protezione Civile ed ero stata selezionata con altre persone per la fase numero uno. Secondo la timeline di sviluppo, doveva succedere tutto in tempi molto abbreviati e già alla fine di luglio dell’anno scorso sarebbe dovuta partire la sperimentazione con la fase due. Che però è iniziata a febbraio». «È difficile – conclude la professoressa -, capire i motivi dei ritardi, non imputabili all’azienda ma ai finanziamenti: non avendo a disposizione i passaggi della vicenda è difficile esprimere un giudizio. Ciò che rimane è il rammarico».

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