Perché è stato ritrattato lo studio che «dimostra» la pericolosità dei vaccini anti Covid

L’articolo aveva superato la revisione nonostante si basasse su segnalazioni non verificate

Uno studio che metteva in dubbio la sicurezza dei vaccini contro il nuovo Coronavirus è stato ritrattato dalla rivista scientifica Vaccines della casa editrice svizzera MDPI, che lo aveva accettato per la pubblicazione lo scorso 24 giugno; da non confondere con Vaccine della Elsevier.  Un’errata interpretazione dei dati, che evidentemente è sfuggita agli stessi revisori, ha portato a conclusioni altrettanto errate. Perché un articolo scientifico possa essere pubblicato in una rivista è necessaria la procedura della peer review, ovvero, la ricerca viene sottoposta all’esame di almeno tre esperti a titolo gratuito e in forma anonima per gli autori dello studio. Non sempre però le cose vanno come dovrebbero.


Uno studio basato su segnalazioni non verificate

I revisori sono esseri umani e possono sbagliare. Per questo dopo la pubblicazione tutti gli esperti del settore possono fare le pulci a un articolo, ripetendo esperimenti e misurazioni, rivelando errori che erano sfuggiti alla peer review; quando questo succede l’articolo viene ritrattato e la rivista lo comunica con un apposito avviso.


«Seri dubbi sono stati portati all’attenzione dell’editore per quanto riguarda l’errata interpretazione dei dati, che ha portato a conclusioni errate e distorte – spiega la casa editrice – L’articolo è stato valutato dal redattore capo con il supporto di diversi membri del comitato editoriale. Hanno scoperto che l’articolo conteneva diversi errori che influiscono fondamentalmente sull’interpretazione dei risultati».

Effettivamente i dati non erano proprio accoglibili. Lo studio si basava su segnalazioni non verificate di eventi avversi. Come spiegano gli stessi autori – fin nelle prime righe dell’abstract – hanno raccolto i dati dai database del Adverse Drug Reactions (ADR), il sistema di segnalazioni spontanee dell’EMA. Similmente al VAERS americano raccoglie qualsiasi segnalazione manifestatasi dopo la vaccinazione, in attesa di accertamento. 

Le loro conclusioni sono da panico: contrariamente a quanto è noto, gli autori sostengono che i rischi superano di gran lunga i benefici:

«Per tre decessi prevenuti dalla vaccinazione dobbiamo accettarne due inflitti dalla vaccinazione».

La ritrattazione

Lo studio è stato infine ritrattato il 2 luglio a seguito di diverse proteste, che hanno portato a delle dimissioni all’interno della casa editrice, come riportano gli autori di Retraction Watch, il portale che vigila sulle frodi e negligenze nella ricerca scientifica:

«I metodi dello studio sono stati rapidamente esaminati e almeno due membri del comitato editoriale di Vaccines, il virologo del Monte Sinai Florian Krammer e l’immunologa di Oxford Katie Ewer, hanno affermato di essersi dimessi per protestare contro la pubblicazione del documento». 

Precedenti errori nella peer review

La ritrattazione di uno studio non implica necessariamente che gli autori abbiano agito in maniera truffaldina, come nel caso dello studio truffa di Andrew Wakefield, che riuscì addirittura a farsi pubblicare l’articolo dalla prestigiosa rivista The Lancet. Nel suo paper Wakefield voleva dimostrare che i vaccini provocassero l’autismo. Una grave frode scientifica che purtroppo continua a essere creduta, ispirando i movimenti No vax di tutto il mondo. 

Tra i precedenti che non appaiono truffaldini, ma frutto di errori che hanno superato la peer review, lo studio di The Lancet che bocciava l’idrossiclorochina (definito studio-truffa dai sostenitori del farmaco): sì, perché uno studio errato non implica necessariamente che lo siano anche altri, che giungono a conclusioni analoghe, ma in maniera corretta. Risultati attesi possono infatti far abbassare la guardia, portando in errore tanto i ricercatori quanto i revisori, che si trovano di fronte a conclusioni tutto sommato in linea con quanto emerso in altre pubblicazioni.

Altre volte lo studio errato stupisce perché presenta risultati che vanno totalmente contro quel che risulta alla Comunità scientifica, specialmente se viene pubblicato in una rivista che fa parte di una casa editrice prestigiosa; ci riferiamo in particolare al clamoroso studio di Scientific Reports (facente parte del circuito di Nature) a favore dell’omeopatia.

Ci sono poi casi in cui studi di dubbia attendibilità trovano accoglimento in riviste di scarsa autorevolezza, come quello che vedeva i Coronavirus generarsi spontaneamente nelle cellule, sotto l’esposizione delle radiazioni del 5G. Ricordiamo infine il caso della rivista scientifica che si trovò con un cane tra i suoi revisori (Sic!).

Pubblica o muori

La pandemia sembra aver accentuato un problema già esistente: quello della crisi dell’integrità nella ricerca scientifica. Sono sempre di più le riviste che emergono e infiniti gli studi che vengono pubblicati ogni anno, mettendo sotto pressione gli stessi revisori chiamati a controllarne il contenuto. È il fenomeno meglio noto col termine publish or perish (pubblica o muori).

Gli stessi ricercatori sono pressati dal dover pubblicare sempre più lavori, in modo da ottenere finanziamenti per le loro ricerche o avanzamenti di carriera, questo fa sì che a volte si esageri nel comunicare i propri lavori, inquinando anche la Stampa; un esempio emblematico è lo studio dell’Istituto Tumori di Milano, che anticipava la Covid-19 al settembre 2019 in Italia. Esiste anche un dibattito sulle auto-citazioni, (un fenomeno che potrebbe interessare anche l’Italia) tra ricercatori o istituti di ricerca amici. Fino a che punto citare nel proprio studio i colleghi è legittimo? Quando diventa invece lobbismo?

Infine, c’è il problema delle riviste predatorie, difficili da distinguere da quelle semplicemente negligenti nel verificare i contenuti. Questo genere di editoria pubblica qualsiasi articolo, purché i ricercatori paghino una quota, senza alcuna peer review. Parliamo di un vero e proprio business, che ha permesso la costruzione di veri e propri imperi editoriali, come quello della casa editrice indiana Omics.

Ad ogni modo, oggi il metodo della peer review è il migliore in assoluto, ed esistono numerose riviste che hanno saputo costruire la propria autorevolezza nel tempo, pubblicando articoli di qualità. Casi come quelli menzionati in questo articolo sono piuttosto eccezionali, ma il problema esiste e non può essere messo sotto il tappeto.

Foto di copertina: spencerbdavis1 | Immagine di repertorio.

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