I video «ancora più orribili» nel carcere di Santa Maria Capua Vetere: «Mi hanno urinato addosso»

Le testimonianze dei detenuti davanti al pm e i colloqui con lo psichiatra svelano altre violenze. Il Garante: «Ci sono altre immagini raccapriccianti»

Ispezioni intime, obbligo di spogliarsi nudi e flessioni, sputi in faccia e in bocca. E abusi anche peggiori: «Sono stato urinato addosso dalle guardie, ero in una pozza di sangue e mi hanno urinato addosso, sono stato sputato in bocca e in faccia più volte». E ancora: «Davanti ai miei occhi hanno preso un ragazzo e lo hanno violentato. Un altro ragazzo stava molto male, volevo farlo bere, le guardie mi diedero una bottiglietta d’acqua ma era vuota e, quando lo feci presente, loro deridendomi mi portarono in bagno e, tirato lo sciacquone del water, mi dissero di riempirla lì». Le testimonianze dei detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere davanti ai pubblici ministeri e le confessioni allo psichiatra disegnano una serie di episodi che non sono emersi nei video divulgati nell’inchiesta della Procura di Caserta. L’indagine ha portato all’arresto di 26 tra funzionari e agenti di polizia penitenziaria e a altrettante interdizioni, compresa quella del provveditore regionale del Dap Antonio Fullone. Ma, racconta oggi il Corriere della Sera, secondo il garante campano delle persone private della libertà, Samuele Ciambriello, nelle mani degli inquirenti che indagano sui pestaggi dei detenuti avvenuti il 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, ci sarebbero video «ancora più raccapriccianti» di quelli già pubblicati in rete.


Le sevizie raccontate dai detenuti sarebbero avvenute nell’ufficio matricole. Gli episodi dunque non si riferiscono soltanto a quel 6 aprile 2020. Ma riguarderebbero piuttosto un’abitudine diffusa tra le guardie carcerarie. All’interno del reparto Nilo, hanno raccontato i detenuti, c’era una “squadretta” che portava i carcerati nella cosiddetta “stanza zero”, ovvero una cella al piano terra che veniva usata per punire i reclusi. Ciambriello dice che in quel carcere «durante il 2020 si è registrata la più alta percentuale tra tutte le prigioni campane di atti di autolesionismo da parte dei detenuti. Per l’esattezza 196 episodi». Anche il Gip Sergio Enea nella sua ordinanza sostiene che con tutta probabilità la violenza nel carcere casertano di Santa Maria Capua Vetere non fu «un mero incidente di percorso», ma «una costante nel rapporto tra gli indagati e i detenuti».


Gli altri video dell’inchiesta

Enea ritiene che se si fosse trattato di un episodio del tutto isolato, «era lecito attendersi che gli agenti avrebbero mostrato quantomeno una qualche esitazione… sarebbe emerso nitidamente dai filmati. Ma ciò non traspare nel modo più assoluto», «…nei loro gesti non c’è mai quella esitazione che inevitabilmente avrebbe manifestato anche visivamente colui che non è affatto abituato al compimento di atti di estrema violenza». E che la violenza sia percepita dagli agenti «come un presidio di sicurezza essenziale» lo si deduce anche dall’analisi dei messaggi in chat trovati sui cellulari sequestrati agli indagati. In uno, inviato la notte tra il 5 e il 6 aprile, quella seguente alla protesta dei carcerati innescata dalle preoccupazioni per il caso di Covid, peraltro scoperto attraverso i media, c’è tutta la delusione degli agenti della Penitenziaria, manifestata dal comandante al provveditore: «Il personale smcv è molto deluso» e ancora: «Si sono raccolti per contestare l’operato del comandante». Insoddisfazione a cui fanno da contraltare le esclamazioni di giubilo, sempre in chat, sia immediatamente prima, sia dopo la perquisizione straordinaria giudicata come «un completo successo». «Allora apposto domani chiave e piccone in mano», «ok domate il bestiame» e «abbiamo ristabilito l’ordine e la disciplina».

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