Parte la raccolta delle firme per il referendum sulla cannabis: in 20 giorni i Radicali a caccia di 500mila firme online

La sfida per i promotori del referendum rischia di essere ardua per i pochi giorni a disposizione: tutto entro il 30 settembre

Comincia domani, 11 settembre, la campagna sul referendum per depenalizzare la coltivazione di cannabis e, dunque, aprire alla legalizzazione. Ad annunciarlo sono i Radicali italiani. Il quesito referendario, già depositato, propone di intervenire sia sul piano della rilevanza penale che su quello delle sanzioni amministrative. Legalizzare la cannabis «vuol dire togliere ossigeno alle mafie che gestiscono il traffico e lo spaccio», spiegano. A spingere i Radicali a intraprendere questa nuova battaglia è stato il grande successo del referendum sull’eutanasia che, in poche settimane, ha raggiunto cifre insperate. Ora, però, il tempo è poco, pochissimo, e bisogna fare in fretta. Il limite massimo è il 30 settembre.


La scommessa online

Il successo del referendum sull’eutanasia legale – dovuto principalmente ai giovani che hanno preso d’assalto i gazebo in tutta Italia – «ci ha fatto capire che i tempi sono maturi per proporre la strada antiproibizionista», dichiarano Massimiliano Iervolino e Giulia Crivellini, segretario e tesoriera di Radicali Italiani. L’obiettivo è quello di «raggiungere 500mila firme digitali entro la fine del mese». Come si voterà? Online, con lo Spid: domani verrà reso noto il sito in cui sarà possibile sostenere concretamente la campagna referendaria per la legalizzazione della cannabis.« Siamo sicuri che i cittadini, tra loro tantissimi giovani, che hanno decretato il successo del referendum eutanasia legale saranno con noi anche per questa nuova battaglia di civiltà», aggiungono i Radicali.


«Secondo l’ultima relazione al parlamento sulle tossicodipendenze la spesa per il consumo complessivo di sostanze proibite ammonta a 16,2 miliardi di euro che sono finiti direttamente nelle tasche della criminalità organizzata. Di questi ben 6,3 miliardi di euro (39 per cento del totale) derivano dal mercato nero dei cannabinoidi. La legalizzazione della produzione, commercio e distribuzione dei derivati della cannabis sottrarrebbe ingenti quantità di denaro cash alle narcomafie, tali da metterne in crisi la stessa esistenza […] Esortiamo tutti i cittadini che vogliono interrompere la spirale fallimentare del proibizionismo a firmare per il referendum», concludono.

Il primo sì alla Camera sulle piantine in casa

Intanto, qualche giorno fa, la commissione Giustizia alla Camera ha dato l’ok al testo base sulla cannabis, depositato dal deputato del M5s Mario Perantoni, nel quale si prevede la possibilità di coltivare (o comunque avere in casa), sempre per uso personale, non oltre quattro piante di cannabis. Previsto, inoltre, l’innalzamento delle pene per i reati connessi a traffico, spaccio e detenzione ai fini di spaccio di cannabis, che passano da 6 a 10 anni, mentre diminuiscono le sanzioni per fatti di lieve entità. A votare il testo sono stati M5s e Pd mentre FdI, Lega e Forza Italia hanno votato contro. Il forzista Elio Vito è stato l’unico, in Forza Italia, a votare a favore. E non è la prima volta: basti pensare alla sua campagna pro ddl Zan (che fa storcere il naso ai vertici di Forza Italia).

Perché legalizzare la cannabis in Italia

Legalizzare la cannabis, dunque, significherebbe non solo sottrarre alla mafia una delle sue “entrate” più sicure e cospicue ma anche evitare che i ragazzi acquistino la cannabis “avvelenata” perché tagliata con lana di vetro, lacca o piombo. Legalizzare la cannabis significherebbe anche maggiori introiti per lo Stato, meno pressioni su carceri, tribunali e procure e soprattutto meno ricorso, per chi utilizza la cannabis a fini terapeutici, al mercato nero. Proibirla, infine, non ha portato a grandi risultati: i ragazzi sanno dove trovarla con grande facilità.

Foto in copertina di repertorio: EPA/ANDY RAIN

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