Come funzionerà lo smart working per i dipendenti pubblici: chi non potrà lavorare più da casa

L’accordo sarà individuale, verranno concordate la durata, le giornate di lavoro in smart working e anche il luogo dove lavorare (che non potrà essere fuori dal nostro Paese)

Per il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta sta per arrivare un autunno caldo, caldissimo. Toccherà a lui e al suo dicastero – già alle prese con il Green pass obbligatorio al lavoro – trovare un modo per regolare il lavoro da remoto per 3,2 milioni di dipendenti pubblici. Dunque il lavoro agile continuerà a esserci, anche dopo la fine della pandemia del Coronavirus. Ma a un patto, ovvero che vengano «rispettati i criteri di regolarità, continuità ed efficienza», come specificato da Brunetta quando venne cancellato l’obbligo del 50 per cento di lavoro in smart working per i dipendenti pubblici, previsto durante l’emergenza dall’ex ministra per la Pubblica amministrazione Fabiana Dadone. La novità è che, dopo il 31 dicembre (data fissata, al momento, come fine dell’emergenza), ogni ufficio dovrà avere un suo piano organizzativo per il lavoro agile, con un massimo del 15 per cento di attività da svolgere in remoto. Brunetta ha già fatto sapere che «tra un mese, per la prima volta per il nostro Paese, ci sarà un vero e proprio contratto per il lavoro agile, ci vorrà un pacchetto organizzativo parallelo al lavoro in presenza sul lavoro da remoto».


In quali casi si potrà fare lo smart working

L’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche amministrazioni) ha già stilato una prima bozza di contratto per il lavoro agile nelle funzioni centrali, quindi in ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici, che i sindacati dovranno valutare in questi giorni. Attenzione, però, non ci sarà smart working a pioggia. Verrà usato esclusivamente per quelle attività di lavoro «individuate dalle amministrazioni» per i quali ci siano i «necessari requisiti organizzativi e tecnologici per operare in tale modalità». L’accordo sarà individuale, verrano concordate la durata, le giornate di lavoro in smart working, il luogo dove lavorare (che non potrà essere comunque fuori dall’Italia). Il lavoro – come anticipa oggi il Corriere della Sera – sarò diviso in tre fasce: operatività, contattabilità e inoperabilità. In quest’ultima il lavoratore avrà diritto alla disconnessione completa.


E i dipendenti pubblici senza Green pass?

Lo smart working sarà concesso specialmente a chi si trova in condizioni particolari come i genitori con figli con meno di 3 anni o disabili, o lavoratori con disabilità. Esclusi dallo smart working quei lavori che richiedono l’uso di strumenti non remotizzabili né i lavori in turno che vanno fatti, per forza di cose, in presenza. Si discuterà anche di questo mercoledì e giovedì prossimo nell’incontro tra Aran e sindacati. Il rischio è che non avere il Green pass possa costituire per i dipendenti pubblici una corsia preferenziale per avere lo smart working “obbligato”. Ma Brunetta mette le mani avanti: «Ci deve essere la soddisfazione dei cittadini. A queste condizioni le amministrazioni possono fare tutto lo smart working che vogliono». Altrimenti, no.

Foto in copertina: ANSA

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