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Tampon tax, ecco perché tagliare l’Iva al 10% non basta: «L’assistenza sanitaria deve essere gratuita»

05 Novembre 2021 - 06:52 Angela Gennaro
La decisione prevista dalla manovra di Draghi sorprende ma non soddisfa gli attivisti e le attiviste che da anni si spendono per abbassare l'Iva sui prodotti igienici femminili. «Dobbiamo fare come il Regno Unito o la Francia»

«Felici ma non troppo». Dopo anni di battaglie, finalmente in Italia viene abbassata l’Iva sugli assorbenti. A deciderlo è l’esecutivo guidato da Mario Draghi che nella legge di Bilancio ha portato l’aliquota dell’Iva – oggi piena, al 22% – al 10% per i prodotti igienici femminili. Un successo, sì, per chi da anni lotta per dire che «il ciclo non è un lusso» e che non è possibile pagare un necessario assorbente igienico con la stessa Iva che viene applicata, per esempio, ai superalcolici. Un successo che però non basta. «Era una battaglia culturale e allo stesso tempo economica», spiega a Open Martina Gammella di Onde Rosa, associazione di giovanissime che porta avanti questa campagna da anni, e che nel tempo è riuscita a farla diventare virale on e off line. «Chiedevamo l’azzeramento dell’Iva o quantomeno l’abbassamento al 4-5%», quindi il 10% «resta un livello non sostenibile rispetto a quanto accade negli altri paesi con cui ci rapportiamo», dice Gammella.

Certo, l’abbassamento «ci ha colto piacevolmente alla sprovvista», commenta Laura Sparavigna, consigliera comunale e presidente della Commissione Istruzione Formazione Lavoro del comune di Firenze. «Registriamo una risposta diretta alla mobilitazione», afferma. 28 anni, Sparavigna è attivista dell’associazione Tocca a noi presieduta da Lucrezia Iurlaro, ed è tra le protagoniste dell’accordo che ha portato la sua città a diventare il primo capoluogo di Regione ad aver eliminato la tassa sugli assorbenti: le 21 farmacie comunali, infatti, non faranno pagare l’Iva sugli assorbenti femminili fino al 31 marzo 2022.

Onde Rosa

«Le piazze si sono riempite di associazioni e movimenti giovanili», prosegue. Lei stessa ha girato l’Italia con il Tampon Tax tour per spiegare la necessità di abolire la tampon tax, mappando le adesioni degli enti locali con oltre 80 comuni. Ora «finalmente il principio tra generazioni e generi comincia a essere un cardine tra le politiche pubbliche: è significativo che il provvedimento sia tra i principi ispiratori di un indirizzo finanziario, la manovra: si dimostra che c’è una visione e si scoperchia il vaso di Pandora a favore dell’equità. Finalmente si riconosce che fino a oggi abbiamo avuto delle iniquità sul piano generazionale e di genere». «È la prima volta che l’Italia fa su questo tema un passo in avanti decisivo e prende in considerazione – come altri paesi europei – la period poverty, ovvero il fatto che avere mestruazioni per una donna non è un lusso e come un non-lusso deve essere tassato», aggiunge a Open Greta Nicolini di WeWorld, organizzazione italiana indipendente impegnata da 50 anni per i diritti di donne e bambini in 25 Paesi, compresa l’Italia.

«È un primo passo ma crediamo che debbano esserci i margini – in tempi brevi – per passare al 5% per tutto il comparto degli assorbenti igienici femminili». Per «dare un contributo concreto al superamento di un’anacronistica disuguaglianza di genere, combattere la violenza economica contro le donne che si esercita con questa tassazione, e allineare l’Italia al benchmark dei principali Paesi occidentali».

Laura Sparavigna, Tocca a noi

Cosa accade negli altri paesi

Elaborazione Open su Dati WeWorld

Con quell’Iva al 22%, infatti, l’Italia spicca(va) per “splendida solitudine” nel quadro europeo. Dal 1 gennaio di 2021 il Regno Unito ha abolito la tampon tax, ma l’aliquota era già al 5% fino allo scorso anno. In Francia l’Iva è al 5,5%, «e in più vengono distribuiti prodotti igienici femminili nelle università e a chi è in difficoltà», nota Nicolini. La Scozia è stato il primo paese ad adottare una politica strutturale contro la tampon tax con il Period Products (free Provision) Scotland Act, una campagna di sensibilizzazione civile, e con la distribuzione gratuita di assorbenti in scuole, università e sedi amministrative. In Irlanda l’imposta è azzerata fin dal 2006, quando del tema non si parlava affatto. Nei Paesi Bassi e in Portogallo è al 6%, in Germania al 7%.

Ora le regole europee «prevedono che l’imposta possa essere equiparata a quella dei beni di prima necessità, ma non cancellata», dice ancora Nicolini. Lo ricorda un report della stessa associazione: i Paesi dell’Ue possono prevedere una o due aliquote ridotte secondo la Direttiva del Consiglio dell’Unione Europea 2006/112/CE, purché non inferiori al 5% e purché si applichino a una lista di beni o servizi allegata alla Direttiva stessa – in cui figurano anche i prodotti utilizzati per la protezione dell’igiene femminile. È possibile applicare un’aliquota “super-ridotta”, inferiore al 5%, ma solo se vigeva prima della Direttiva del 2006. Lo ha potuto fare l’Irlanda, che ha appunto azzerato l’Iv sugli assorbenti nel 2006, mentre l’intero meccanismo è la ragione per cui il Regno Unito si è “vantato” di aver potuto abbattere l’Iva sugli assorbenti “grazie” alla Brexit – non applicando più, quindi, la direttiva europea di cui sopra.

Le richieste disattese

In Italia a parlare per la prima volta di tampon tax – e a portare la battaglia allo scoperto – erano stati i deputati Beatrice Brignone e Giuseppe Civati. Proprio Civati ricorda, ancora oggi, la volta in cui, nel 2016, ne aveva parlato in aula. Accolto da risatine e imbarazzo. Cinque anni dopo, la proposta è realtà nella prima legge di Bilancio del governo di Mario Draghi. «L’opinione pubblica non conosceva la questione, né il tema sembrava rilevante dal punto di vista politico», ricorda ancora Martina Gammella. Un tabù, senza dubbio, legato alle mestruazioni. E che è ancora al di là dall’essere infranto. «Ma sono stati fatti passi in avanti».

Un sondaggio di solo pochi mesi fa realizzato da Nuvenia e Astra Ricerche raccontava che 8 persone su 10 – uomini e donne – in Italia erano a favore dell’abbassamento dell’Iva. Già nella finanziaria 2019, nel capitolo green, l’Iva delle coppette e degli assorbenti biodegradabili era stata portata al 5%: peccato che quei prodotti rappresentino meno dell’1% del totale degli assorbenti venduti in Italia (Dati Nielsen, ricorda WeWorld) e che più di 15 milioni di donne italiane in età fertile (tra i 15 e i 54 anni) preferiscano i prodotti assorbenti monouso, nota l’associazione. «Non bastava: ogni donna ha una conformazione ed esigenze diverse, e differenti stili di vita. E per usare prodotti come le coppette bisogna poter avere un facile accesso a condizioni di igiene costanti», aggiunge Laura Sparavigna. «Il punto è rendere tutti i prodotti accessibili, simbolo del sistema di welfare che abbiamo».

Martina Gammella, Onde Rosa

Quanto costa

Il risparmio nelle tasche di ogni singola donna è irrisorio, senza dubbio. Un’inchiesta sugli assorbenti femminili di Altroconsumo calcola quanto spende in Italia una donna nell’arco della propria vita per acquistare gli assorbenti igienici per il ciclo mestruale (una stima di difficile realizzazione, in verità, perché ogni donna ha cicli e modi diversi). «Calcolando 13 cicli all’anno per una media di 38 anni di vita fertile, la somma, con l’iva al 22%, supera i 3mila euro», si legge su Altroconsumo. «Con l’imposta al 10% il risparmio è di circa 300 euro», che arriva a 400 euro con l’aliquota al 5%. «Non parliamo di grandi cifre di risparmio e questo è un po’ il punto dei detrattori», commenta Greta Nicolini. «Il senso della battaglia però non è quello di risparmiare una manciata di euro», che pure per alcune possono certamente rappresentare un aiuto, «ma di prendere consapevolezza di una tassa ingiusta. È una questione di giustizia sociale».

E quanto costa l’operazione alle casse dello Stato? Su questo l’associazionismo ha dato una mano alla Ragioneria dello Stato, “raddrizzando” le cifre iniziali. Nel corso della discussione della Legge di Bilancio 2021 è stato rivisto il gettito necessario per abbassare l’aliquota Iva dal 22 al 10% in 90 milioni di euro l’anno. Secondo le stime di WeWorld ne basterebbero 47. In ogni caso la cifra è comunque «lontana dall’iniziale gettito stimato in 300 milioni di euro emerso dai precedenti approfondimenti del ministero dell’Economia e delle Finanze». Per arrivare a un’aliquota del 5% «basterebbero invece secondo i nostri calcoli 67 milioni all’anno», nota Nicolini.

Greta Nicolini, WeWorld

I prossimi passi

E ora? «Prima di tutto manca ancora l’approvazione del parlamento che potrebbe o non accettare o aumentare l’Iva», chiosa con un sorriso Martina Gammella di Onde Rosa. «Chiediamo un abbassamento fino alla tassa minima di stato o addirittura l’azzeramento dell’Iva: c’è una decisione del parlamento europeo che invita a percorrere questa strada. E chiediamo delle campagne di sensibilizzazione che considerino la period poverty come un problema reale anche di molte famiglie italiane, intervenendo con iniziative serie di distribuzione degli assorbenti nelle scuole a livello strutturale». Il 5 novembre una conferenza stampa in Senato di Onde Rosa, Coop, change.org e Tocca a noi farà il punto della situazione, e annuncerà – alla presenza della ministra Bonetti – i prossimi passi. «Vogliamo mantenere alta l’attenzione», aggiunge Greta Nicolini. «Anche perché con la pandemia sono le donne ad aver pagato il prezzo più alto». In Africa le bambine «non possono andare a scuola perché non hanno i tamponi ancora oggi. È necessaria una presa di consapevolezza. E questo è un primo passo decisivo».

«Andremo avanti», conferma anche Laura Sparavigna da Tocca a noi. «Non tanto per l’aliquota del 5% quanto perché l’abbassamento dell’Iva riguardi tutti i prodotti: abbiamo fatto un passo avanti sugli assorbenti, ma abbiamo lasciato indietro pannolini per bambini e pannoloni per anziani. È necessario ricalibrare il sistema». Questo anche per «non scadere nell’effetto ‘panda’ e quindi parlare di donne con donne, giovani con giovani: il punto è unire gli individui sulla base dei principi che vogliamo. Crediamo che la salute sia il cardine? Se non l’abbiamo capito col Covid… Vogliamo che l’assistenza sanitaria sia gratuita? Questo è quello di cui stiamo parlando». «Ci aspettiamo ancora che un’ala più conservatrice delle forze politiche avanzi la critica ‘è importante, ma…’», conclude Martina. «Ma abbiamo l’appoggio di molti partiti. E, incrociando le dita, speriamo sia impossibile tornare indietro».

In copertina: elaborazione grafica di Vincenzo Monaco

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