Mauro da Mantova, parla Parenzo: «Vittima di sé stesso. Il complottismo? Non si può eliminare dalla società»

Il giornalista David Parenzo commenta la scomparsa del carrozziere No vax di Mantova, morto a 61 anni per cause legate al Covid, diventato noto per la sua partecipazione alla trasmissione «La Zanzara»

«Mauro è una vittima di sé stesso». Con queste parole il giornalista David Parenzo commenta la morte di Mauro Buratti, il carrozziere No vax di Mantova, morto a 61 anni per cause legate al Covid dopo un lungo ricovero in terapia intensiva. Spesso ospite del programma di Radio 24 La Zanzara, Mauro da Mantova aveva raggiunto una certa notorietà con i suoi frequenti interventi ricchi di tesi complottiste sui vaccini anti-Covid e sulle misure di contenimento del Coronavirus.


Chi era Mauro da Mantova per chi non ascolta La Zanzara?


«Un carrozziere di Mantova che un po’ ricordava un personaggio di Guzzanti, quella straordinaria caricatura dello smanettone di internet che vedeva complotti dappertutto. Ecco, uno di questi qua che telefonava a tutte le televisioni locali e aveva un’opinione su tutto, aveva un parere il più delle volte delirante su cose che aveva letto in rete e che aveva messo insieme. Quindi era diventato a suo modo un personaggio. Mauro da Mantova era uno che credeva nel complotto all’ennesima potenza. Era diventato famoso prima con La Zanzara, e poi aveva cominciato a telefonare a tutte queste trasmissioni tv».

Quali parole per commentare la sua fine?

«Ovviamente mi dispiace. Anche se era un personaggio che io avevo querelato per tutta una serie di affermazioni deliranti e diffamatorie che aveva fatto nel corso delle sue partecipazioni a La Zanzara da ascoltatore. Era diventato uno di quei personaggi che poi intervengono con una certa frequenza. Dal punto di vista umano, mi dispiace naturalmente. Ho ritirato la querela a suo carico un minuto dopo che ho saputo del suo ricovero in terapia intensiva».

Quali riflessioni è doveroso fare a proposito della sua scomparsa?

«Secondo me, la riflessione da fare è che tra i 6 milioni di non vaccinati non ci sono 6 milioni di Mauro da Mantova. Quello che mi preme di più è di riuscire a parlare a queste persone. Se c’è una cosa che la tristezza dell’epilogo di questa storia ci insegna è che può servire da esempio a tutti coloro che ancora sono indecisi sui vaccini. Tutti quelli che sono convinti che il vaccino sia una cosa di Big Pharma, che ci mettono il microchip e tutti gli altri complotti. Io penso che in ogni società moderna una piccola quota di folli idioti ci sia. Non è che puoi pensare di eliminare il complotto dalla società. Il fenomeno QAnon negli Stati Uniti ce lo insegna e ce lo racconta. Ci sarà sempre qualcuno con le corna sulla testa. Ed è impossibile eliminarlo. E se vuoi è anche il bello della democrazia fino a quando questo non tocca la salute pubblica, fino a quando questo non produce un assalto a Capitol Hill».

Cosa intendi?

«Quando il matto fa male a sé stesso ed è dunque nocivo per sé stesso, poverino, ci dispiace. Ma quando il matto è un problema per gli altri allora diventa un problema per tutta la collettività. Quindi se questa storia può essere utile a qualcosa è sicuramente per simboleggiare un campanello di allarme per i 6 milioni di non vaccinati che magari vedendo questo caso dicono: “Vuoi vedere che forse abbiamo sbagliato qualcosa ed è meglio vaccinarsi?!”».

Quali erano le tesi preferite di Mauro Buratti?

«Ovviamente era solito sostenere il complotto di Big Pharma e poi la cosa interessante era che lui aggiungeva sempre un pezzetto in più nella sua lettura degli eventi. Dietro ogni cosa lui vedeva De Benedetti (l’ingegnere Carlo De Benedetti, ndr). Non so perché, ma ogni volta lui citava sempre De Benedetti. “È stato l’ingegner De Benedetti”, urlava. La cosa più divertente e delirante era che siccome De Benedetti aveva dichiarato di avere la tessera numero uno del Partito Democratico allora, come tutti i complottisti, lui prendeva un pezzo di questa informazione per dire: “Allora vedete che il Pd comanda il mondo? E dietro c’è De Benedetti?”. Ogni cosa lui la riconduceva a De Benedetti (ride). Era il suo Soros italiano».

Altro?

«Non voleva farsi ricoverare all’ospedale di Mantova perché diceva che lì c’erano i comunisti e lo volevano uccidere. Solo grazie all’intervento di Cruciani (Giuseppe, conduttore de La Zanzara, ndr) – questo bisogna dirlo, Cruciani ha provato a salvare una vita – Mauro ha accettato di farsi curare. Cruciani chiedeva: “Quanto hai di saturazione?”. E Mauro diceva: “Non me ne frega un cazzo, non ho niente, è solo un’influenza”. Alla fine Cruciani lo ha fatto chiamare da un medico piuttosto importante e lo ha convinto a ricoverarsi. Così Mauro ha preso la macchina da Mantova per andare fino a Verona in ospedale. Poi ha creato un casino quando è andato al supermercato dicendo che era andato a infettare tutti. Cioè: tu capisci che siamo oltre ogni limite. Questo è vittima di sé stesso. Però pensare di eliminare l’idiozia dalla società non è possibile.

Che differenza c’è tra questo e i casi di Vanna Marchi che vendeva il sale? Quelle erano delle persone disperate, malati di tumore, malati terminali, che si appigliavano all’ultima speranza, che si mettevano nelle mani di questi stregoni. Poi per fortuna Vanna Marchi è stata condannata, giustizia è stata fatta, alcune di quelle persone sono state risarcite. Questo però è per dire che una piccola quota di idiozia nella società c’è sempre, non è possibile eliminarla. Il caso di Mauro da Mantova è emblematico, ci fa paura. Ci fa impressione perché a differenza del sale di Vanna Marchi, che ha colpito una fetta piccola della società, questo coinvolge milioni di persone e diventa subito virale. Pensa ai danni che si possono fare coi complotti. Mauro da Mantova ha fatto male a sé stesso prima di tutto».

Mauro Buratti interveniva spesso a La Zanzara. Hai rimorsi per il meccanismo che lo ha portato alla notorietà?

«Lui era consapevolissimo di quello che faceva. Non è che eravamo noi a cercarlo, era lui che telefonava. E non solo noi, chiamava tutte le televisioni, specie le reti locali. Ti riferisci alla colpa di averlo fatto parlare? Avrebbe telefonato da un’altra parte. Avrebbe scritto un post in rete che poi sarebbe stato ricondiviso. Voi gli avete dato parola? Sì, ma chiamava lui: noi lo abbiamo accolto nel nostro show ma le regole di ingaggio de La Zanzara si conoscono molto bene. E lui le conosceva. Era diventato un personaggio, era anche felice di esserlo diventato. Ma qui che colpe ci sono se non quella di dirgli che sei un matto, e devi andare a farti curare?».

Sarà “strumentalizzato” anche da morto?

«Nella società dell’informazione le cose corrono velocissime, la sua storia è già un caso senza che nessuno abbia fatto nulla. Quello che è accaduto parla da sé. L’unica cosa che io spero è che questa storia convinca quei 5-6 milioni di No vax che non sono tutti Mauro da Mantova, non hanno tutti le corna sulla testa. Il Covid ha messo in evidenza delle differenze enormi nella società. Fino a quando i casi giornalistici riguardano 10-15 persone ce ne accorgiamo e spesso ci fanno orrore. Ma quando poi si tratta di fenomeni globali come il Covid, che riguardano tutti noi, allora diventano immediatamente virali. Il No vax che finisce in terapia intensiva fa subito notizia».

La conclusione è che alla scienza non si sfugge.

«Alla scienza non si sfugge, ma neanche all’idiozia si sfugge. È piuttosto definitiva. In alcuni casi l’idiozia ti porta alla morte. Io lo dico con affetto, poverino, perché mai avrei voluto che ci fosse questo triste epilogo, figuriamoci… Anzi mi avrebbe molto divertito risentirlo in onda e sbeffeggiarlo nelle sue credenze folli. Ma non si può pensare di poter sconfiggere l’idiozia».

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