Monopattini tra libertà e rischi. C’è chi non li vende più: «Come dare armi ai bambini» – L’inchiesta

L’istituto Pini di Milano, in sei mesi, ha registrato 280 persone arrivate in pronto soccorso dopo una caduta da monopattino. Dati anomali, come spiegano dall’ospedale: «È un’epidemia di traumi»

Oggetto esotico, usato dai giovani appassionati di tecnologia. Ma anche protagonista di uno dei bonus più contestati del secondo Governo Conte. Ospite fisso delle rubriche di cronaca nera per incidenti di ogni ordine e grado. Negli ultimi due anni il monopattino elettrico ha affrontato un lungo numero di trasformazioni, passando dall’essere un mezzo di nicchia alieno a qualsiasi norma del codice della strada a invadere le grandi città con i servizi sharing. Una presenza ormai fissa, almeno abbastanza per cominciare a capire se si tratta davvero di un mezzo pericoloso o di uno strumento che può inserirsi senza problemi nelle nostre strade. Noi di Open abbiamo chiesto a medici, rivenditori e utilizzatori un bilancio dei primi anni di monopattino in Italia. E i dati che abbiamo trovato sono tutt’altro che scontati.


I dati sugli incidenti: «Epidemia di traumi»

L’istituto Gaetano Pini di Milano ha condotto una delle prime ricerche in Italia sui traumi provocati da monopattino. Il pronto soccorso di questo ospedale è stato monitorato per sei mesi. In questo periodo di tempo, infatti, sono arrivate ben 280 persone che hanno riportato traumi di varia natura dovuti alla caduta da monopattino. A spiegare i risultati è Pietro Randelli, direttore del comitato scientifico dell’azienda ospedaliera: «È un’epidemia di traumi. E dobbiamo considerare che sono tutti traumi maggiori. Chi si procura una botta o qualche escoriazione non viene di certo da noi». E non è finita qui: «Uno su tre è in stato di ebrezza secondo le statistiche internazionali».


Le ragioni che hanno spinto questi pazienti in ospedale sono parecchie. C’è chi ha acquistato un mezzo potenziato, in grado di arrivare a 70 km/h (cosa che la legge non consente), chi guida in stato di ebrezza e chi sale in due sul monopattino persino sul marciapiede. La maggior parte degli incidenti ha, però, una causa più semplice: l’inesperienza. «Secondo una serie di studi fatti negli Stati Uniti – spiega Randelli a Open – un terzo degli infortunati si traumatizza la prima volta che usa il monopattino. Sono persone che non guardano tutorial e magari decidono di provare ad utilizzare il mezzo direttamente su strada».

All’istituto Pini hanno identificato anche un profilo per il trauma da monopattino: «Si tratta di un tipo particolare di frattura che nasce da una caduta detta “a catapulta”. In pratica la ruota anteriore si inchioda nel terreno e tutto il corpo viene sbalzato in avanti. La persona coinvolta quindi si schianta appoggiando a terra entrambe le mani. L’effetto è la rottura di entrambi i polsi». Il percorso di guarigione per questo trauma è complesso: gesso a entrambe le braccia e due mesi di fermo. Anche il percorso di recupero dopo non è sicuramente una passeggiata.

Le norme e quella sicurezza ancora lontana

All’inizio era il Far West. Il codice della strada neanche li citava, non c’erano limiti di velocità, non era chiaro se si potesse andare sui marciapiedi o in strada e non c’era nessun obbligo sulle luci di posizioni. Ora è il contrario. La vendita e lo sharing dei monopattini in Italia è vincolata a una lunga serie di norme: tra le più recenti ci sono l’obbligo di casco per i minori e il limite di velocità fissato a 20 km/h. Norme che sono servite a dare una forma allo sciame di monopattini che ha invaso le grandi città. Solo a Milano ci sono sette servizi di noleggio: anche se secondo i dati di Assosharing a inizio gennaio 2022 è stata registrata una contrazione del 20 per cento rispetto a ottobre 2021 (un trend considerato fisiologico ma che è imputabile alla stagionalità del servizio ma anche all’evoluzione della pandemia del Coronavirus e alle misure di prevenzione come quarantene e smart working che limitano di fatto la mobilità dei cittadini, ndr). Per Mattia Coniglio, vicepresidente di un club dedicato al monopattino, queste misure sono però eccessive:

«Visto che dobbiamo muoverci in strada, a volte andare a 20 km/h può essere pericoloso. Così siamo troppo lenti. Siamo già a rischio perché questo è un mezzo leggero. Andando in giro, tra l’altro, mi sono accorto che c’è proprio un odio viscerale per il monopattino elettrico da parte degli automobilisti. È un mezzo nuovo e molti lo utilizzano in mondo sbagliato».

Dal 2024 diventerà obbligatorio l’uso delle frecce, segnali luminosi che andranno montati sia sul manubrio che sulla parte posteriore, come anticipato da Open nella prima parte della nostra inchiesta. Nei prossimi anni, probabilmente, arriveranno sempre più modelli sul mercato con questa tecnologia incorporata. Per ora esistono solo dei kit di adattamento che, però, non funzionano con tutte le marche. A spiegarlo è ancora Coniglio: «Per la marca del mio monopattino, ad esempio, non esiste nessun kit per mettere le frecce. Per adesso non mi adeguo, c’è ancora tempo. Quando dovrò farlo probabilmente sarà il momento di cambiare monopattino».

«Non vendo più monopattini, era come dare un’arma a un bambino»

Roberto Barbieri è lo store manager di Roar, un negozio di Milano che si occupa di mobilità elettrica. Esposti nelle vetrine ci sono bici elettriche e scooter ma nessun monopattino: «Da luglio dello scorso anno abbiamo deciso di non vendere monopattini. Troppi incidenti. Quando abbiamo smesso di venderli rappresentavano circa il 30 per cento del mercato della mobilità elettrica». Certo, gli effetti sul bilancio ci sono stati: «Abbiamo perso una parte degli introiti. Senza contare che non sappiamo come si sia evoluto il mercato. I rischi però erano troppi, era diventato come dare un’arma a un bambino. Insomma, meglio rinunciare al profitto economico che essere complici di stragi sulle strade».

Video di Fabio Giuffrida e Valerio Berra per OPEN | Foto in copertina di Ciro Fusco per ANSA

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