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Un report di Nature denuncia il lassismo e gli errori della Svezia sulla pandemia

13 Aprile 2022 - 09:29 Redazione
Una ricerca smonta il modello svedese contro la Covid-19, analizzando le mancanze che hanno portato al fallimento del 2020

«Se la Covid-19 è un’emergenza seria, come mai nell’avanzato Paese scandinavo non ci sono problemi anche senza restrizioni significative?», chiedevano i detrattori delle misure “lacrime e sangue”. Ecco, a quanto pare i problemi non sono mancati, ma non è questa la notizia – persino il re di Svezia Carlo XVI si era pronunciato contro il fallimento del Governo nell’affrontare la pandemia. La rivista Humanities & Social Sciences Communications, di Nature, ha pubblicato il 22 marzo 2022 un report ultimato il 24 settembre 2021, che fa a pezzi il mito della Svezia che contrasta il nuovo Coronavirus con misure restrittive pressoché inesistenti. Il primo a renderlo noto è stato Franco Sarcina, per Il Sole 24Ore.

Lo studio svedese

Quando abbiamo usato la definizione «studio svedese», solitamente si trattava di paper di scarsa valenza scientifica (per es. qui e qui), usati da No vax e negazionisti per sostenere l’inadeguatezza delle misure di contenimento della pandemia, come i vaccini o l’uso di mascherine. Stavolta la situazione è ribaltata. Anche se dovranno essere pubblicati altri studi che confermino questi ultimi risultati.

L’articolo tratta il periodo pandemico 2020. Che qualcosa non andasse nel tanto osannato modello svedese noi lo spiegavamo già in un articolo del 20 novembre 2020, analizzando le statistiche della Sanità di Stoccolma assieme al fisico Enrico D’Urso. Le curve mostravano già allora che il Paese stava affrontando un’impennata delle terapie intensive occupate. La Svezia ha evitato il collasso grazie a una densità di popolazione che non può essere paragonata con quella di altri Paesi come l’Italia. Della impossibilità di esportare questo modello avevamo già trattato in un altro articolo dello stesso periodo.

La Svezia era ben attrezzata per evitare che la pandemia di COVID-19 diventasse grave – spiegano i ricercatori -. Durante il 2020, tuttavia, la Svezia ha registrato tassi di mortalità per COVID-19 dieci volte più elevati rispetto alla vicina Norvegia. […] Sosteniamo che la metodologia scientifica non sia stata seguita dalle figure principali delle autorità in carica – o dai politici responsabili – con narrazioni alternative considerate valide, con conseguenti decisioni politiche arbitrarie. Nel 2014 l’Agenzia di sanità pubblica si è fusa con l’Istituto per il controllo delle malattie infettive; la prima decisione del suo nuovo capo (Johan Carlson) è stata quella di licenziare e trasferire i sei professori dell’autorità al Karolinska Institute.

Una politica orientata a favorire l’immunità naturale

Proviamo a immaginare cosa avrebbe potuto succedere in un Paese con più alta densità di popolazione come il nostro, se non fosse esistito un Comitato Tecnico-Scientifico che guidasse il governo nelle sue decisioni. Ecco, una cosa del genere sarebbe successa proprio in Svezia.

La strategia pandemica svedese sembrava mirata all’immunità di gregge “naturale” ed evitare una chiusura della società – continuano gli autori -. L’Agenzia per la salute pubblica ha etichettato i consigli degli scienziati nazionali e delle autorità internazionali come posizioni estreme, con il risultato che i media e gli organi politici hanno invece accettato la propria politica. Il popolo svedese è stato tenuto all’oscuro di fatti di base come la trasmissione aerea di SARS-CoV-2, che gli individui asintomatici possono essere contagiosi e che le maschere per il viso proteggono sia il vettore che gli altri.

Fortunatamente da noi i discorsi che vertevano a favore dell’immunità naturale sono rimasti circoscritti a qualche controversa intervista televisiva, con pronta smentita e condanna da parte degli Istituti di ricerca. Avevamo trattato diversi esempi in merito (per es. qui e qui). Si tratta dell’idea in base alla quale lasciar circolare il virus nella popolazione sarebbe preferibile, immunizzandola. Che circolassero idee del genere nei “salotti buoni”, lo avevamo scoperto quando venne pubblicata sul British Medical Journal la Great Barrington Declaration, il 13 settembre 2021.

Tutto questo ignorando i problemi insiti in questo genere di politica. Lasciare che un virus come SARS-CoV-2 circoli significa infatti mettere a serio rischio gli anziani e altri soggetti con comorbidità, per questo i vaccini dovrebbero essere sempre considerati la soluzione per eccellenza. Ma non basta: bisogna anche informare i cittadini dell’importanza di mantenere il distanziamento sociale e di proteggersi con le mascherine.

Le tragiche conseguenze del lassismo

Le conseguenze di questo lassismo potrebbero aver costato la vita di diverse persone, soprattutto le più deboli e bisognose dello Stato: gli anziani. «A molte persone anziane è stata somministrata morfina invece dell’ossigeno nonostante le scorte disponibili, ponendo fine alla loro vita». Questo è quanto riportano gli autori; praticamente un J’accuse che non manca di fare nomi e cognomi dei potenziali responsabili.

Se la Svezia dovrà fare di meglio nelle future pandemie -continuano i ricercatori -, il metodo scientifico deve essere ristabilito, anche all’interno dell’Agenzia di sanità pubblica. Probabilmente farebbe una grande differenza se venisse ricreato un Istituto separato e indipendente per il controllo delle malattie infettive. Raccomandiamo che la Svezia avvii un processo autocritico sulla sua cultura politica e sulla mancanza di responsabilità dei decisori per evitare futuri fallimenti, come è accaduto con la pandemia di COVID-19.

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