La viceministra Todde (M5S): «Contraria al nucleare green. Armi all’Ucraina? Draghi chiarisca l’obiettivo dell’Italia» – L’intervista
Tra vertici europei, decreti e nuovi accordi energetici, l’Italia prova a sopravvivere alla crisi provocata dalla guerra in Ucraina. «La situazione mi preoccupa molto», ha detto a Open la viceministra allo Sviluppo economico Alessandra Todde. A Todde, che è anche vicepresidente del Movimento 5 Stelle, spetta la delega all’energia, e in questi mesi di escalation ha monitorato le nuove sfide a cui Roma è chiamata a rispondere. I nodi da sciogliere non sono pochi. Da una parte c’è il versante nazionale, a cui il governo Draghi prova a rispondere in parte con il nuovo decreto Aiuti e il taglio delle accise sui carburanti. Il carobollette, il Pil in negativo, l’inflazione al 5,3% e la stagflazione all’orizzonte, stanno mettendo a dura prova la tenuta sociale del Paese, che già prima della crisi con Mosca era fortemente compromessa dalle diseguaglianze. I dati Istat sul 2021 parlano del 7,5% delle famiglie italiane in povertà assoluta, per un totale di circa 5,6 milioni di individui in difficoltà. Le ultime stime della direzione Studi e Ricerca di Intesa San Paolo, inoltre, parlano di un 2022 in cui il saldo tra redditi e consumi di oltre un quinto dei nuclei familiari (circa 5 milioni di famiglie) rischia di essere in negativo a causa dell’aumento dei prezzi.
Dall’altra c’è il fronte internazionale. Dopo le sanzioni alla Russia, Draghi sta lavorando a una serie di nuovi accordi per diversificare l’import di gas. Molti di questi sono Paesi poco solidi e, si teme, poco affidabili per avviare progetti a lungo termine. Ad esempio la più stabile Algeria, con cui è stata firmata un’intesa per ricevere nel 2024 9 miliardi di metri cubi di gas in più, è al centro della vecchia disputa Sahara Occidentale con il Marocco e la Spagna. Ma anche la Repubblica Democratica del Congo, dove è stato ucciso l’ambasciatore Luca Attanasio, o l’Angola e la sua problematica regione di Cabinda. O ancora l’Azerbaijan, recentemente coinvolta nel conflitto per l’enclave del Nagorno Karabakh, o l’Egitto, con cui l’Italia ha un conto in sospeso chiamato Giulio Regeni. In Europa, intanto, i Paesi membri provano a trovare una risposta comune sulla falsa riga del Recovery Fund, ma le divergenze di vedute rallentano il processo. Polonia e Bulgaria hanno già fatto i conti con il blocco delle forniture voluto da Mosca, con Vladimir Putin che ha annunciato guerra aperta ai cosiddetti «Paesi ostili» che si rifiutano di pagare il gas in rubli. L’Italia, che importa circa il 38% del gas dalla Russia, è tra quelli che più ha da perdere.
Viceministra, ieri c’è stato il vertice sull’energia a Bruxelles. L’Italia saprà imporsi per approccio condiviso che attutisca gli effetti delle misure contro Mosca?
«Riuscire a negoziare l’effetto delle sanzioni in maniera condivisa dal punto di vista energetico sarà il grande banco di prova dell’Unione europea. Dovremo reagire come abbiamo fatto durante la pandemia con il Recovery Fund, perché le economie europee sono interconnesse. Noi come Italia siamo più esposti ai rischi, perché siamo più dipendenti dall’import di gas russo rispetto ad altri Paesi. Dal 2014 al 2022 abbiamo raddoppiato le importazioni, e non per chissà quale valutazione geopolitica, ma perché il gas russo era la risorsa più a buon mercato».
L’Ue però resta divisa sul tetto comune europeo al prezzo del gas. È preoccupata?
«Sono preoccupata, ma abbiamo anche la fortuna di poter contare sull’appoggio di Francia e Germania, visto che Berlino è ancora più legata di noi al gas russo. Una buona notizia è che la Commissione europea ha permesso a Spagna e Portogallo di mettere un tetto nazionale, quindi potrebbe muoversi qualcosa in quella direzione».
Intanto Draghi si sta muovendo per stilare nuovi accordi con altri Paesi come con l’Algeria. Sono prospettive affidabili?
«Bisogna capire che noi potremmo trovarci da un momento all’altro a non avere più il gas russo. E non per forza per scelta nostra, ma anche solo per decisione unilaterale della Russia perché non vogliamo pagare il gas in rubli. Mosca potrebbe decidere di interromperci le forniture da un momento all’altro come ha fatto con Polonia e Bulgaria. Sul breve periodo è inevitabile pensare a diversificare come possibile. Certo è che noi in questo momento non stiamo più parlando di cambiamento climatico, e non è che sia scomparso».
Il governo sta trascurando i temi ambientali?
«Lo abbiamo messo come la polvere sotto il tappeto. Ma noi saremo bravi a gestire questa crisi solo se insisteremo sulle rinnovabili. Attualmente, essendo a buon mercato, usiamo il gas per tutto, anche per alimentare il comparto elettrico. Se già spostassimo la produzione di energia elettrica sulle rinnovabili, allora avremmo grandi risparmi. Investire come dei matti sul rinnovabile ci aiuterebbe a essere molto più resilienti davanti all’impennata del gas».
E lo stiamo facendo?
«Per ora abbiamo lavorato sui primi decreti energia allo scopo di accelerare i percorsi di autorizzazione degli impianti e di liberalizzare la costruzione dei pannelli. Ma l’errore che non dobbiamo fare è pensare che la transizione energetica escluda quella ecologica: sono entrambe delle priorità. Così come si sta pensando a un commissario per gli impianti di rigassificazione (che serviranno anche convertire il gas naturale liquido importato, ad esempio, dagli Usa, ndr), allo stesso modo dovremmo avere un commissario per le rinnovabili».
Dopo la tassonomia europea, nel dibattito italiano si è tornato a parlare di “nucleare green”. Eppure sappiamo che le tecnologie a fissione di IV generazione non sono ancora pronte, né lo sono quelle a fusione. Perché insistere?
«Per me è sbagliato. Intanto perché abbiamo già dimostrato di non saper gestire bene gli impianti che abbiamo: abbiamo fatto il decommissioning delle centrali solo al 30% e abbiamo un deposito che è in procedura d’infrazione da 10 anni perché non abbiamo ancora deciso dove metterlo. E poi la tecnologia di IV generazione di cui tanto si parla sarà ponta tra diversi anni: oggi, se parliamo di nucleare, parliamo di una tecnologia che è vecchia di 11 anni. Considerando che per fare un impianto ex novo ci vogliono 10 anni, e che non ci siamo dimostrati bravi a gestire i problemi delle tecnologie vecchie, credo valga la pena concentrarsi maggiormente su sole, vento e geotermico».
Lei è vicepresidente del Movimento 5 stelle. Cosa dice del caso Petrocelli?
«Noi come M5s siamo stati chiarissimi: Vito Petrocelli è fuori. Soprattutto dopo quel tweet sul 25 Aprile, in cui ha scritto «Buona LiberaZione» evidenziando la “Z” simbolo dell’invasione russa: ha superato il limite. Ma la questione della Commissione affari esteri al Senato, della quale è presidente, è più complicata: il regolamento dice che se si viene espulso dal gruppo politico, non è automatica la decadenza dalla carica di presidente di un organo parlamentare».
Allora state lavorando per ottenere le sue dimissioni?
«Stiamo cercando il modo migliore con gli altri gruppi politici per fare in modo che lui si dimetta da presidente. Non può essere la scelta di un unico partito, e soprattutto l’indipendenza di un presidente di una Commissione dal suo gruppo politico deve essere assicurata. Non vorremmo creare dei precedenti pericolosi. Va gestito con un accordo delle forze politiche: il tema ora è trovare insieme il meccanismo che porti alla decadenza della carica».
Sulle armi all’Ucraina il vostro partito sembra essere diviso. Qual è la linea ufficiale?
«Sulle armi il movimento non è diviso. La posizione è lineare: noi abbiamo detto che avremmo supportato l’Ucraina in quanto Stato offeso. Diverso è invece volerla far diventare un Paese belligerante, o, peggio, diventare noi stessi cobelligeranti».
Quindi non siete d’accordo con la linea del governo Draghi?
«Il presidente Draghi ci deve dire qual è il nostro obiettivo come Paese: è rimasto quello di difendere l’Ucraina e farle affrontare i negoziati con dignità, oppure se stiamo nascondendo altro. Vogliamo chiedere un cambio di leadership in Russia? Abbattere il regime di Putin? Vogliamo dargli armi come missili intercontinentali? Se l’obiettivo è cambiato, allora Draghi ce lo deve dire. E lì valuteremo».
Immagine di copertina: ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO
Leggi anche:
- Cingolani a Politico: «Bene pagare temporaneamente in rubli il gas russo». Poi il ministro frena
- Accise sui carburanti, taglio prorogato fino all’8 luglio. È compreso anche il metano
- Gas, Eni dopo le polemiche: «Non abbiamo aperto conti in rubli, rispetteremo le sanzioni»
- L’Ungheria si piega a Mosca. La conferma del governo: «Pagheremo il gas in rubli»
- Gas, il piano per l’emergenza del governo: i consumi da razionare e i distacchi alle aziende