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Cosa chiederà Biden a Draghi per la guerra in Ucraina: armi e nuovi soldati da schierare a Est

draghi biden guerra ucraina
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Nell'incontro a Washington non si parlerà di soldi per il sostegno a Kiev. Sul tavolo le sanzioni e il price cap per il gas. E un maggiore impegno in Bulgaria e Ungheria

L’appuntamento è per stasera alle 20 e l’argomento sarà la guerra in Ucraina. L’incontro tra Joe Biden e Mario Draghi a Washington non sarà però il preludio a una richiesta di sostegno economico, ovvero quei tre miliardi di euro che potevano portare il sostegno a Kiev dagli altri alleati. Ma più armi in primo luogo. E nuovi soldati da schierare a est poi. Mentre il premier italiano chiederà al presidente degli Stati Uniti la fornitura di gas liquido da parte delle aziende americane che servirà ad affrancarsi dalla dipendenza da Mosca. Mentre Mykhailo Podoliak, consigliere dell’ufficio di presidenza di Zelensky e capo della delegazione diplomatica ucraina al tavolo delle trattative, annuncia che presto Mosca tornerà al tavolo dei negoziati di pace. Perché non ha alternative.

Le sanzioni e il price cap per il gas

Sul tavolo c’è anche il problema del price cap europeo per il metano. Una proposta che fatica a trovare strada a Bruxelles perché va a toccare equilibri profondi costruiti dai paesi del Vecchio Continente negli anni con Putin. Mentre è chiaro che l’Italia non si tirerà indietro di fronte a inasprimenti delle sanzioni, nemmeno se si dovesse arrivare allo stop al gas, e prosegue il piano per l’indipendenza dalle forniture russe. L’Italia, ha sottolineato anche l’ambasciatrice a Washington Mariangela Zappia, da quando è scoppiato il conflitto in Ucraina è stata in prima linea su tutti i fronti, riscuotendo grande apprezzamento sull’altra sponda dell’Atlantico. Compreso l’impegno eccezionale per incrementare l’approvvigionamento di petrolio e gas da fonti alternative alla Russia, che ha già raggiunto risultati di rilievo.

La richiesta di 3 miliardi di dollari per sostenere l’Ucraina, spiega invece oggi il Corriere della Sera, è nel frattempo rientrata. Il governo Usa si è accorto che si sarebbe trattato di una cifra irrealistica, soprattutto perché Palazzo Chigi avrebbe dovuto trovare in una maggioranza sempre più ostile il sostegno necessario. Draghi in ogni caso oggi annuncerà che il sostegno economico ai profughi ucraini in Italia aumenterà da 500 a 800 milioni. Ma il punto è il fronte. E qui soprattutto arriveranno le richieste di Washington. Biden, spiega il quotidiano, sonderà la disponibilità italiana a consegnare ancora più mezzi militari a Zelensky. Soprattutto quell’artiglieria pesante che rischia di finire nelle polemiche politiche. Draghi illustrerà all’interlocutore i contenuti del terzo decreto sulle armi. Il punto più scottante però è l’ulteriore contributo in mezzi e soldati per rafforzare il fianco Est della Nato.

Le prospettive della pace

È la prospettiva più praticabile per il governo che sta già studiando l’invio di due battaglioni (tra i 500 e mille militari) in Bulgaria e Ungheria. Nuove missioni che si affiancherebbero a quelle in corso in Romania e in Lettonia. Ma è anche un segnale forte nei confronti della Russia. E di quel Vladimir Putin che ieri, nonostante le premesse, alla fine non ha dichiarato una mobilitazione generale per l’Ucraina. Né ha pensato di urlare alla vittoria nel Donbass. Due circostanze che fanno comprendere ai politologi come lo Zar si stia preparando a una guerra lunga. Anche se, come dicono i giornalisti che lo conoscono bene, non ha intenzione di attaccare un paese Nato. Perché rischierebbe un’escalation che nemmeno lui vuole. Il negoziatore Podoliak spiega oggi in un’intervista a Repubblica che sono cambiate le prospettive: «Putin aveva pianificato di conquistarci in cinque giorni. È chiaro che la campagna non sta andando come sperava».

E per questo «In termini di uomini in campo ed equipaggiamento militare non sono in vantaggio, né a Sud né a Est. Le sanzioni economiche dell’Occidente stanno funzionando, diventano sempre più pesanti. E stiamo aspettando, soprattutto, l’embargo sul petrolio». Sul piano militare c’è chi, come Ian Bremmer, spiega che la situazione rimane fluida: «I russi hanno un vantaggio di due uomini a uno nel Donbas, e ciò consente loro di prendere più territori rispetto al vantaggio di 0,8 a 1 che avevano a Kiev. Il nuovo obiettivo militare ridotto è più fattibile e guadagnano tra uno e due chilometri di terra al giorno».

La guerra e i negoziati

E quindi «senza mobilitazione generale, però, le truppe continueranno a subire gravi perdite, il loro morale si deteriora, e la capacità degli ucraini di lanciare la controffensiva per fine giugno sarà significativa. Forse i russi possono prendere tutto il Donbass, cosa che ancora non hanno ottenuto, ma vanno molto lentamente e gli ucraini avranno la possibilità di ricacciarli indietro». Ma proprio per questo, sostiene ancora Podoliak, la Russia non è ancora pronta a sedersi sul tavolo del negoziato. Per questo «l’Ucraina non ha altra possibilità se non respingere indietro la Russia. Qualsiasi accordo tipo Minsk 3 porterebbe a una nuova guerra, per noi dunque è essenziale che si finisca presto alle nostre condizioni». Mentre per quanto riguarda la Russia «i diplomatici intendono negoziare, ma si basano su una valutazione errata della situazione militare. Pretendono cose che non sono in linea con quanto sta avvenendo sul campo di battaglia».

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