Fiducia o dimissioni: i due discorsi di Mario Draghi oggi in Senato

Due finali alternativi per la crisi. Il premier chiederà la fiducia e attenderà le repliche dei partiti. Con l’addio pronto per Mattarella. E le urne fissate per il 2 ottobre

Fiducia o dimissioni. Ci sono due finali alternativi per la crisi del governo Draghi. E il premier ha preparato due discorsi per l’appuntamento di oggi in Senato alle 9,30. Il primo sarà quello con cui chiederà la fiducia alle forze politiche. Il secondo potrebbe servire a confermare le dimissioni se le repliche in Aula non dovessero convincerlo. Gli occhi saranno puntati su due posizioni. Quella del Movimento 5 Stelle, che in caso di no a SuperMario rischia una nuova scissione. E quella del centrodestra. Che dopo l’incidente dell’incontro del premier con Letta a Palazzo Chigi ha posto come condizioni per la fiducia la bocciatura del documento in 7 punti presentato da Giuseppe Conte. E il voto a marzo e non a maggio. Intanto il Colle osserva. E Sergio Mattarella fa trapelare che non ci sono alternative: se Draghi si dimette si va ad elezioni. A settembre o a ottobre.


Il primo e il secondo scenario

Il primo scenario è quello più ottimistico. E prevede che dopo il discorso del premier il Senato confermi la fiducia al governo. Con l’incognita M5s. «Decidiamo domattina (cioè oggi, ndr)», è la voce attribuita all’ex Avvocato del Popolo dai retroscena dei giornali. Alternativamente i 5 Stelle potrebbero uscire dalla maggioranza. Ma una ventina di parlamentari potrebbe rompere con il Movimento e scegliere di dare lo stesso la fiducia. Lega e Forza Italia sono invece orientati al sì con una condizione. Quella di portare il paese al voto a marzo e non a maggio 2023. Anche se invece alcuni retroscena dicono che Draghi non ha intenzione di accettare condizioni e ultimatum. E che intende muoversi seguendo la sua strada. Per questo, scrive il Corriere della Sera, ieri sera non aveva ancora deciso se presentarsi o no come dimissionario alle camere.


Nel discorso di stamattina il premier rivendicherà gli obiettivi raggiunti, dal Pnrr alla campagna vaccinale fino ai sostegni all’economia. Poi evidenzierà cosa va ancora fatto. Senza concessioni ad personam. Repubblica spiega oggi che durante il confronto con Mattarella i due hanno concordato che tenere in piedi un governo non è soltanto una questione numerica. E quindi la questione sarà prima di tutto politica. Draghi non vuole ricevere una fiducia tra dubbi e distinguo. Né intende rischiare di doversi dimettere di nuovo, magari quando le elezioni saranno più vicine. Si attende una risoluzione di maggioranza chiara: «Sentito il presidente del Consiglio, il Senato approva». Altrimenti è pronto all’occorrenza il secondo discorso: quello delle dimissioni.

Cosa succede oggi a Palazzo Madama

Il quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda conferma che nel colloquio con Mattarella ieri Draghi si è dimostrato meno irremovibile della scorsa settimana. L’approccio mutato è forse anche il risultato del pressing internazionale nei suoi confronti, al netto della “telefonata internazionale” che avrebbe dovuto convincerlo a restare. Ieri il premier ha avuto un colloquio con Volodymyr Zelensky. Per confermare il sostegno dell’Italia all’Ucraina alla vigilia del decreto che porterà nuove armi a Kiev. Che sarà presentato giovedì al Copasir dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Un segnale che il premier si sente ancora tale o un obbligo come il viaggio ad Algeri? Il programma della giornata prevede:

  • alle ore 9,30 il discorso di Draghi in Senato: le comunicazioni sulla crisi e la fiducia;
  • il dibattito in Aula è previsto per le 11: cinque ore per gli interventi di tutti i gruppi;
  • alle ore 16,30 arriverà la replica di Draghi, dalla quale si capirà se il premier vuole continuare o andare a dare le dimissioni;
  • alle 18,30 le dichiarazioni di voto;
  • alle 19,30 il voto.

Al Quirinale comunque sono convinti che tutto dipenda dal discorso di Draghi. Potrebbero bastare le parole sulle emergenze che l’Italia dovrebbe affrontare. Altrimenti è pronto il decreto di scioglimento delle camere. E il voto per il 2 ottobre.

Il lodo Conte

Dopo il discorso di Draghi è previsto un intero pomeriggio di dibattito. Il responso quindi arriverà solo a fine giornata dato che il voto di fiducia è previsto alle 19.30. A meno che il premier, non scelga la via delle dimissioni subito dopo aver ascoltato i partiti. Intanto, avverte l’agenzia di rating Fitch, il quadro resta compromesso anche se Draghi dovesse rimanere, perché resterà «una maggiore incertezza politica anche se venissero evitate le elezioni anticipate». Proprio quello che il premier vorrebbe invece evitare. Intanto tutti vogliono sapere cosa faranno il M5s. La posizione del capogruppo alla Camera Davide Crippa è che se Draghi aprirà ai temi grillini bisogna votargli la fiducia. Alessandro Di Battista ha già fatto sapere come la pensa. Ma i riflettori sono tutti puntati su Conte. Lui, però, come svela un retroscena de La Stampa, risponde alla domanda dei suoi interlocutori con un’altra domanda: «Ma io che devo fare?».

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