Letta: «Il 25 settembre sfida tra me e Meloni. Vorrei un asse da Speranza a Di Maio a Renzi, Calenda e Brunetta»

Un fronte amplissimo che va dai fuoriusciti dal M5s (con Conte invece la chiusura è totale) fino ai tre ministri usciti da Forza Italia, passando per gli ex Pd Speranza, Renzi e Calenda. Così Enrico Letta cercherà di battere Giorgia Meloni, che immagina candidata premier del centrodestra. Lo spiega a Stefano Cappellini di Repubblica, che lo incalza sulle alleanze:


Dica la verità, lei ha già le idee chiare su chi imbarcare e chi no.
«Martedì ne parlerà la direzione, sono abituato a decisioni collegiali, non a colpi di testa o personalismi. Sono tre i criteri che mi sento di proporre sulle alleanze: chi porta un valore aggiunto, chi si approccia con spirito costruttivo e chi non arriva con veti. In una vacanza di due settimane in camper non porti qualcuno che, appena salito, chiede a un altro di scendere. Ma voglio essere chiaro: la coalizione non è il cuore, contano le idee».


Le faccio dei nomi: Calenda?
«Calenda, di tutti i protagonisti possibili, è il più consistente dal punto di vista dei numeri e ha svolto in Europa un lavoro interessante e in parte condiviso. Discuteremo con lui con spirito costruttivo».
Speranza?
«È una delle personalità che spero possano candidarsi nella lista aperta del Pd. Glielo chiederò».
È il rientro degli scissionisti di Articolo 1?
«È il segno dell’apertura della nostra lista».
Di Maio?
«Tra le personalità che vengono dal M5S è la più influente e con lui sicuramente continuerà il dialogo già aperto».
Renzi?
«Parleremo con tutti»
Anche con i ministri ex Forza Italia?
«Certo. Lo dico anche a coloro che a casa mia storcono il naso. Non si tratta di far entrare Gelmini, Carfagna e Brunetta nel Pd, ma di tre persone che hanno dimostrato grande coraggio, lasciando il certo per l’incerto, e un seggio garantito, perché in dissenso con un centrodestra guidato dai nazionalisti e dagli antieuropeisti. Meritano apprezzamento».

Ma è davvero praticabile e auspicabile un cosiddetto fronte repubblicano, cioè una coalizione, per ipotesi, da Toti a Fratoianni? O il rischio è il bis della litigiosa Unione di Prodi?
«Non voglio tracciare confini, dico solo che, se non convinciamo a votare per noi elettori che stavano con il centrodestra, magari anche alle ultime amministrative, la partita non si gioca nemmeno. Abbiamo in vigore la peggiore legge elettorale possibile, che obbliga ad alleanze elettorali, e anche dall’altra parte le divisioni sono evidenti».

Nel finale Cappellini gli chiede:

Ma è davvero sicuro che quella del 25 settembre sia una sfida tra lei e Meloni?
«La situazione del Paese è grave ma per fortuna comincia a tornare il principio di realtà. La realtà è che io e lei guidiamo due partiti da tempo in crescita e che si stanno contendendo la leadership».
Quindi questa è una intervista al candidato premier del centrosinistra?
«A colui che sta cercando di costruire un’alternativa vincente alla destra. Per essere chiari, ho già avuto il privilegio di essere a Palazzo Chigi, non è la mia ossessione tornarci. Sul tema si deciderà nei modi e nei tempi opportuni. Questo è il momento di mettere anima e corpo ed è chiaro e che io me la gioco tutta, fino in fondo».

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