Alle elezioni del 25 settembre il centrodestra è favoritissimo nei collegi uninominali del Rosatellum. Anche se il traguardo dei due terzi dei seggi, con i quali si può riformare la Costituzione senza passare per il referendum abrogativo, è ancora molto lontano. Con il 45% dei voti e il centrosinistra sotto il 30% dopo la rottura con Calenda il vantaggio appare incolmabile. E il Partito Democratico potrebbe arrivare a conquistare soltanto 15 collegi sicuri nelle sue roccaforti. Rado Fonda, head of research di Swg, spiega oggi al Corriere della Sera che il centrodestra può conquistare il 90% dei collegi uninominali. Ovvero 132 alla Camera e 66 al Senato.
Il problema dell’astensione
Non solo. Per il centrosinistra potrebbe esserci anche il problema dell’astensione: «Gli elettori di centrodestra sono più motivati di quelli di centrosinistra». Mentre il fenomeno dell’erosione di voti dagli altri partiti della coalizione verso Fratelli d’Italia appare in esaurimento: «Sarebbe eclatante vedere la Lega sotto il 12%, mentre Forza Italia non sembra aver subito contraccolpi dalla caduta del governo Draghi e dagli addii, tanto da consolidarsi all’8%». Salvatore Vassallo dell’Istituto Cattaneo esclude a priori che il centrodestra possa conquistare i due terzi dei seggi. «È molto semplice», ragiona. «Il centrodestra vale circa il 46% dei consensi, che nel sistema proporzionale del Rosatellum si traduce in circa 120-121 seggi alla Camera. Per avere i due terzi dei 400 seggi il centrodestra deve conquistarne 268; e quindi vincere in tutti i 147 collegi, cosa che difficilmente può accadere: il centrosinistra dovrebbe perdere in tutte le sue roccaforti. È uno scenario surreale», conclude.
Gli indecisi
Alessandra Ghisleri di Euromedia Research invece punta il dito sugli indecisi: «Tutti sanno che in queste settimane abbiamo un 40% di indecisi e sono tanti. Ebbene, il dato “nascosto” che più mi ha sorpreso è che gli incerti sono indecisi tra leader diversissimi tra loro. Non oscillano, che so io, tra Salvini e Meloni o tra Letta e Speranza. No! Quel che attira di più è la novità in quanto tale dell’offerta e quindi ci sono casi di incertezza tra Meloni e Calenda, ma c’è interesse anche per Renzi. Magari in alternativa a Meloni. Passano da uno all’altro come se quei leader fossero compagni di stanza. E invece, se prendiamo Meloni e Calenda, è evidente che hanno programmi lontanissimi. Eppure…». Per la sondaggista l’ansia di “nuovismo” dell’elettorato si spiega con il fatto che «sono tre leader attrattivi perché in una parte di elettorato è tornata l’insofferenza per le minestre riscaldate. I tre, in qualche modo, propongono qualcosa di diverso. Certo, Renzi si è già presentato ma nella sua nuova veste è alla sua prima prova nazionale e comunque vengono vissuti come leader da mettere alla prova e come portatori di nuovi progetti politici».
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