La proposta di Enrico Letta a favore dell’asilo obbligatorio, accolta dai fischi della platea del meeting di Rimini, ha acceso il dibattito nella politica a un mese dalle elezioni del 25 settembre. Duro il leader di Azione Carlo Calenda: «Letta ha detto una cosa che non sta né in cielo né in terra». La ministra per il Sud, Mara Carfagna, ha commentato: «Non solo è in perfetto stile sovietico ma anche fuori dalla realtà. L’offerta di nidi e asili in molti Comuni del Sud non arriva al 15 per cento dei bambini residenti». In realtà la proposta di Letta riguarda i bambini tra 3 e 5 anni, e non quelli di età inferiore ai 3 anni, che frequentano gli asili nido. Oggi gli iscritti in età regolare nelle scuole dell’infanzia statali e paritarie sono poco più di 1,2 milioni, l’89 per cento di tutti i bambini. Secondo fonti dem, l’obbligo porterebbe a un’ulteriore scolarizzazione di 150 mila bambini, 96 mila dei quali nelle istituzioni statali, e all’assunzione di 8.700 insegnanti. Il costo per lo Stato sarebbe di 279 milioni all’anno. La gratuità per le famiglie farebbe salire l’investimento a 3,6 miliardi all’anno. Come riporta la Repubblica, in Ue a prevedere l’inizio a 3 anni sono la Francia e l’Ungheria. In Irlanda del Nord, Lussemburgo e Grecia si comincia a 4 anni, in Inghilterra, Olanda, Austria, Bulgaria e Repubblica Ceca a 5. In Estonia e Finlandia la soglia di ingresso è fissata a 7 anni.
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