Opzione Donna, il dietrofront del governo Meloni sui figli. Ma Roccella: «Così si riconosce il valore della maternità»

L’esecutivo aveva dato la possibilità di uscire dal lavoro uno o due anni prima in base al numero dei figli. Ora può saltare tutto

Nonostante gli annunci, potrebbe saltare la modifica pensata dal governo Meloni riguardo Opzione Donna, ovvero la norma che consente a chi è donna e ha fatto un lavoro usurante di andare in pensione anticipata. Il cambiamento inizialmente ventilato era impostato così: possibilità di andare in pensione con 35 anni di contributi ma con almeno 60 anni di età59 per chi ha un figlio, 58 per chi ne ha due. Ma sempre con il ricalcolo dell’assegno che arriva a tagliare il 30% del contributo finale. L’ipotesi era emersa durante il varo della manovra in consiglio dei ministri. Le modifiche avrebbero dovuto prendere il via nel 2023, ma avevano immediatamente sollevato accuse di incostituzionalità da parte di giuristi esperti in materia, in quanto potenzialmente discriminanti nei confronti delle coppie che non possono o non vogliono avere figli.


Il ritorno

Pericolo scampato, visto che a quanto pare si tornerà alla norma originaria, prorogata per un altro anno e dunque fino al 31 dicembre 2023. Che consiste in una pensione anticipata per le lavoratrici con 35 anni o più di contributi e almeno 58 anni d’età per le dipendenti, a 59 anni per le autonome. La proposta sarebbe all’attenzione del Ministero dell’economia, che ne sta valutando la sostenibilità economica. Intanto non si è ancora concluso il lavoro sul testo, non ancora arrivato in Parlamento nonostante abbia ricevuto l’approvazione lunedì scorso. A questo punto, la legge di bilancio dovrebbe raggiungere Montecitorio all’inizio della prossima settimana.


Le reazioni

Alcuni costituzionalisti hanno rilevato il rischio che la distinzione ipotizzata nella modifica inizialmente prevista avrebbe potuto portare a sollevare la violazione del principio di uguaglianza. A loro, si sono aggiunte le voci indignate dell’opposizione. Il passo indietro sulla modifica è stato infatti accolto con approvazione dal Pd, che ha parlato di norma «discriminatoria» e ha comunque rimarcato le «criticità di Opzione donna». Una misura dal «deciso sapore di Ventennio che si è infranta di fronte alla Costituzione», ha fatto eco il M5s, che ha promesso battaglia in Parlamento nel caso il governo dovesse cambiare ulteriormente idea. Nel frattempo anche la ministra alla Famiglia, alla Natalità e alle Pari Opportunità Eugenia Roccella ha espresso il suo punto di vista sulla questione. «Personalmente penso che Opzione donna andrebbe mantenuta così», ovvero tenendo conto del legame con i figli, ha commentato ai microfoni di Rai Radio 1. «Su Opzione donna – ha spiegato durante la trasmissione radiofonica Zapping – ci sono molte cose da dire sul legame con il numero dei figli. Si tratta semplicemente di un riconoscimento del valore sociale della maternità». A suo dire, i problemi di incostituzionalità non esistono. Anzi: «Nella nostra Costituzione questo è previsto – ha aggiunto -. Chi dice che non è legittimo dal punto di vista anche giuridico, secondo me, non ricorda bene quello che è anche scritto nella stessa Costituzione. Quando le donne hanno un figlio, non fanno solo una scelta personale svolgono un lavoro di cura, un lavoro domestico, di attenzione all’educazione dei figli».

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